la Repubblica, 28 aprile 2016
Fabrizio Corona forse ha capito che deve mettere a fuoco anche gli altri
Fabrizio Corona si è preso un lusso che – a mia memoria – fu solo di Enrico Cuccia. Braccato per la strada da un intervistatore con telecamera (uno di quei pedinamenti mediatici che sono ormai un risaputissimo format televisivo) non gli ha risposto sillaba, camminando per parecchi minuti come se non esistessero microfono e telecamera. Unico neo di una performance che personalmente ho molto gradito (a meno che il braccato non sia un criminale nazista, mi viene sempre spontaneo stare dalla sua parte), Corona impugnava un telefonino con il quale probabilmente riprendeva la scena.
Da un ex fotografo finito nei guai anche per l’uso cinico delle immagini altrui non si poteva pretendere la perfezione, ovvero la non mediaticità assoluta, l’assenza totale, muta, alla Cuccia. Viene però da sperare, forse con qualche ingenuità, che le vicissitudini giudiziarie abbiano indotto Corona a una riflessione che prima, per via della vita intensa e nervosetta, non gli era consentita. Per esempio capire quanto delicata e vulnerabile sia la sfera personale; e proprio per questo da custodire e da rispettare; perfino se si tratta degli altri, concetto (“gli altri”) che prima o dopo tocca mettere a fuoco a tutti gli esseri umani.