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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

Storie di ergastolani che si sono laureati dietro le sbarre

Che il carcere non sia un luogo di redenzione è un fatto accertato. Eppure Claudio Conte, killer spietato della Sacra corona unita condannato all’ergastolo dal Tribunale di Lecce, non è l’unico detenuto che dietro le sbarre ha scoperto gli studi fino alla laurea, ritrovando quasi una ragione di vita. È considerato così pericoloso che non ha mai potuto uscire dal penitenziario di Catanzaro nemmeno per dare gli esami. Persino a discutere la tesi, i suoi professori hanno dovuto venire nella cella con le brande e il tavolino che lui divide con un altro detenuto: dopo un’ora, gli hanno consegnato la laurea in giurisprudenza, 110 lode e menzione accademica. Qualche anno fa, un altro temibile carcerato, Marcello Dell’Anna, da Nardò, Lecce, era diventato dottore in legge dentro le mura della casa di pena. La cosa strana è che non è un fatto raro. La percentuale degli ergastolani che si buttano negli studi è abbastanza alta. E fra i detenuti che hanno riscoperto una vita diversa, grazie ai libri e all’arte, ci sono pure molti nomi famosi.
Si potrebbe cominciare con Luciano Lutring. Sulla sua biografia c’è scritto «rapinatore, scrittore e pittore». Lo chiamavano il solista del mitra, perché quando andava a fare i colpi nascondeva la sua arma nella custodia di un violino. Salutava le sue vittime con frasi in dialetto milanese. I suoi genitori volevano fare di lui un musicista. Ma alla prima pistola finta che gli regalarono scelse il suo futuro: da allora non smise più di far rapine, un centinaio per un bottino di svariati miliardi. In carcere imparò a dipingere e scrisse la sua biografia. Ricevette un mucchio di premi, come pittore. Invece, Chester Himes, un altro rapinatore, è diventato dietro le sbarre il primo grande scrittore nero di noir. Dopo un’infanzia difficile fu arrestato a 19 anni e condannato a 20. Ma nei lunghi giorni senza senso della prigione coltivò il suo talento e grazie all’aiuto di Richard Wright cominciò a scrivere. I suoi racconti sono degli autentici capolavori, con intrecci ingarbugliati che mettono al centro i ghetti neri con tutto il loro disordine e le loro follie. Ed Bunker, che diceva che «chi non legge resta uno stupido», lesse così tanti libri nelle sue celle da cominciare a scrivere di tutto. A 17 anni era già il più giovane recluso di ogni tempo a San Quintino, la più terribile prigione degli States. Fu arrestato come falsario, per rapine di banche, traffico di droga e estorsione. Louise Fazenda, una ex star del cinema muto, riuscì a fargli avere una macchina da scrivere in cella e gli cambiò la vita: è diventato un grande autore di romanzi crudi e violenti, e anche uno sceneggiatore. Niente a che vedere con Domenico Zarrelli: lui in carcere si è laureato in legge. Era stato arrestato per una strage avvenuta a Napoli: moglie, marito, figlia e cagnolino uccisi nel 1975 a Fuorigrotta. Un testimone aveva raccontato di averlo visto uscire dalla sua casa. Le vittime erano suoi parenti. Secondo l’accusa era andato a chieder loro dei soldi. Si difese così bene grazie ai suoi studi che fu assolto. Ora è un avvocato penalista abbastanza affermato. Ma due anni fa, grazie al dna, trovarono nuove prove contro di lui. Solo che non si può far più niente. Per la legge, ormai è innocente.
Massimo Carlotto, uno dei più grandi scrittori di noir non solo italiani, ha dovuto aspettare quasi 30 anni per riavere i suoi diritti. Il 20 giugno 1976, quando aveva 20 anni, passando sotto casa di sua sorella sentì delle grida provenire da un appartamento: si precipitò dentro e trovò una ragazza seminuda e sanguinante. Cercò di soccorrerla poi scappò spaventato. Due giorni si presentò ai carabinieri, che non l’avrebbero mai chiamato, a testimoniare. Lo arrestarono. Si diplomò in carcere e si iscrisse a Scienze Politiche. Fu condannato in appello, scappò, fu arrestato, fu giudicato da 17 giudici con 11 sentenze, mentre lo scrittore Jorge Amado lanciò una petizione su «Le Monde» a suo favore che raccolse 15 mila firme comprese quelle di Nilde Iotti, Norberto Bobbio e Pisapia. Ebbe la grazia, ma solo il 19 gennaio del 2004 è stato riabilitato dal tribunale di Cagliari.
La storia più terribile è quella del serial killer Jack Unterweger, detto Jack the Writer. Nel 1974 fu arrestato per aver ucciso una ragazza, strangolata con il reggiseno. In carcere studiò, scrisse poesie e articoli. Divenne famoso con il soprannome de «Il prigioniero poeta». Un gruppo di intellettuali austriaci, fra cui il Nobel Elfriede Jenilek, firmarono una petizione per il suo rilascio. Nel 1990 gli diedero la grazia, e venne assunto come giornalista e inviato a Los Angeles. Dopo il suo arrivo in America tre prostitute vennero seviziate e strangolate con il reggiseno. È il nodo che lo inchioda: un tipo di stretta che faceva solo lui. Scappò, ma venne preso a Miami. Prima di essere condannato si impiccò in cella con una corda fatta coi lacci delle sue scarpe. Il nodo del suo cappio era lo stesso che usava per la sue vittime. Quello che l’aveva tradito.