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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

Intervista a Margrethe Vestager. Il commissario europeo alla Concorrenza parla di Atlante («Può essere un buon esempio»), di Luxleaks («Sono informazioni di mercarto, le possiamo utlizzare») e di Google («Non siamo anti-americani»)

Da quando è diventata commissario europeo alla Concorrenza, Margrethe Vestager non ha avuto timore di prendere posizioni controverse. Le autorità italiane si sono scontrate con la sua insistenza che venissero evitati aiuti di Stato nel salvataggio di 4 banche lo scorso anno. La settimana scorsa, Bruxelles ha messo sotto accusa Google per abuso di posizione dominante, generando allarmi di anti-americanismo. In un’intervista a Repubblica, Vestager difende il principio del bail in, che vuole siano gli investitori a pagare per i salvataggi bancari, ma appare più conciliante sui rimborsi ai risparmiatori che hanno perso i loro soldi e sul fondo salva-banche Atlante.
Vestager, la Banca d’Italia ritiene che le nuove regole sul bail in aumentino l’instabilità finanziaria. Lei è ancora convinta la posizione della Commissione sia quella giusta?
«Non è la posizione della Commissione, ma la legge approvata dal Consiglio Europeo alcuni anni fa. La ragione di queste regole è semplice: i contribuenti hanno pagato troppo a lungo, è il momento che le banche e chi guadagna nei momenti in cui le cose vanno bene si assumano dei rischi. La Commissione ha dovuto gestire situazioni di aiuto di Stato pari a quasi 5.000 miliardi durante la crisi finanziaria. Sono numeri enormi. Uno deve ricordarli per capire perché il Parlamento e il Consiglio abbiano ritenuto ci fosse la necessità di un diverso tipo di impegno del settore bancario».
Le regole europee prevedono un’eccezione al bail in per ragioni di stabilità finanziaria. Come la applicherete?
«Teniamo sempre in considerazione la stabilità finanziaria, proteggerla è uno dei nostri obblighi. Non ci sono eccezioni al bail in. A seconda delle circostanze, le autorità possono decidere di applicarlo su strumenti diversi, ma devono comunque coprire almeno l’8% degli attivi».
Avete raggiunto un accordo con le autorità italiane sul rimborso degli obbligazionisti delle 4 banche salvate. Sembra che alcuni rimborsi saranno automatici. Questo non contraddice il principio di responsabilità del bail in?
«Ha ragione. La vicenda è infatti centrata sulla questione della vendita indebita di titoli, che, chiaramente, non è permessa. Posto che sta alle banche evitare questa pratica, è importante creare dei meccanismi di rimborso per i quali non ci siano paure di aiuto di Stato. Questo può essere sotto forma di arbitrato o, per coloro i quali non abbiano i mezzi sufficienti per provare l’esistenza di una frode, attraverso meccanismi più automatici. Abbiamo ragionato sull’assunto che ci sia stata vendita indebita e abbiamo costruito uno schema che partisse da queste premesse».
Ci sono anche le good bank da vendere. Avevate dato una scadenza per la fine di aprile, ma l’Italia ha chiesto un’estensione. La concederete?
«Siamo nel mezzo di un dialogo costruttivo con le autorità italiane, una decisione non è ancora stata presa ma arriverà presto. Non vi dirò quale sarà la scadenza, preferiamo mantenerla confidenziale. Se il compratore non sa quando deve comprare, il prezzo che offre sarà più conforme alla realtà».
Parliamo del fondo salva-banche Atlante. Cosa avete deciso su possibili aiuti di Stato?
«Non prenderemo alcuna decisione definitiva se non saremo informati della questione. Se le autorità italiane ritenessero che c’è un aiuto di Stato, ci informerebbero. Noi possiamo porre domande, ma fino ad ora non abbiamo ragioni per farlo».
Non vi preoccupa la presenza della Cassa Depositi e Prestiti, un’entità controllata dallo Stato?
«Le nostre procedure non dipendono dal coinvolgimento o meno di un ente privato o pubblico. Dipende dai prezzi. Se sono di mercato, va bene».
Atlante potrebbe acquistare tranche di cartolarizzazioni di crediti deteriorati a prezzi sopra quelli di mercato… 
«È un’ipotesi poiché non conosciamo il prezzo di mercato per questo nuovo prodotto di crediti deteriorati. Parte della questione è creare un mercato».
Userete come riferimento il prezzo di 17,6 centesimi stabilito durante la risoluzione delle 4 banche?
Ma questo non c’entra nulla. Sono due argomenti completamente diversi».
Atlante prevede che molte banche convergano in un solo fondo. Non c’è un problema di concorrenza?
«Ci sarebbe se lo scopo fosse colludere sui prezzi o dividere il mercato, ma non è questo lo scopo in questo caso».
La Banca d’Italia vorrebbe che si rivedessero le regole sul bail in. Lei sarebbe a favore di più flessibilità?
«Io condivido la logica che le banche debbano riprendersi le loro responsabilità, e si può dire che il fondo Atlante sia un buon esempio di questo tipo. Le nuove regole sono pienamente in vigore da pochi mesi, è presto per dire come stanno funzionando».
Sotto la sua direzione la Commissione ha cominciato a usare le regole della concorrenza contro l’elusione fiscale. Cose è cambiato?
«Non posso attribuirmi questo merito. Questo è stato fatto già quando Mario Monti era responsabile per la Concorrenza e ha definito il nostro codice di condotta. Ed è stato il mio predecessore Joaquín Almunia ad aprire molti dei casi che io adesso ho portato a chiusura, come Fiat, Starbucks, Apple. Ora la questione ha guadagnato importanza. I cittadini hanno visto fare ai loro governi cose che sembravano impensabili. I salari sono calati, le tasse sono aumentate: tutto per controllare la spesa. Allo stesso tempo la gente vede che ci sono cittadini e imprese che non contribuiscono a questo sforzo. Ovvio che siano arrabbiati. E quando hai scandali come quello dei Luxleaks o dei Panama Papers, tutti se ne rendono conto».
Gli autori delle fughe dei Luxleaks sono sotto processo a Lussemburgo. Dovrebbe esserci una legislazione europea per proteggere chi fornisce queste informazioni?
«Penso di sì. Stiamo cercando di fare passare norme in questo senso. Qui c’è in gioco il bene comune. Ma nei casi concreti di cui si discute ora, vige la legislazione nazionale su cui noi non abbiamo influenza. Noi comunque consideriamo che le rivelazioni come quelle fornite dai Luxleaks siano informazioni di mercato, che dunque possiamo utilizzare».
Aprirete nuove procedure?
«Se nelle analisi approfondite che stiamo conducendo troveremo qualcosa che ci preoccupa, apriremo una procedura. Ai primi di giugno avremo un incontro con gli stati membri interessati in cui esporremo le nostre conclusioni».
Molte multinazionali americane, specie nel settore della e-economy, sono sotto procedura per abuso di posizione dominante. Vi accusano di avere nel mirino le società Usa. È una coincidenza?
«Se chiedi a qualcuno perché usa Google o perché compra un I-phone, ti risponderà che è perché funzionano bene, sono buoni prodotti. Nessuno ti dirà che li sceglie perché sono americani. Ma se tutti li scelgono, si crea una situazione di posizione dominante. Il successo va benissimo, la predominanza sui mercati anche. Ma le congratulazioni si fermano quando un’azienda cerca di bloccare le innovazioni che potrebbero minacciare la propria posizione dominante. Non ci occupiamo solo degli americani, abbiamo e abbiamo avuto sotto esame molti casi europei, da Airbus-Arianespace ad Alstom».