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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

Una nuova bufera soffia su Atene. L’Fmi vuole più austerità, l’Ue rifiuta il vertice straordinario e Tsipras potrebbe dimettersi scatenando il caos

Il barometro della crisi greca, dopo qualche mese di tempo quasi sereno, torna all’improvviso a segnare bufera. I negoziati tra Atene e creditori per lo sblocco di una nuova tranche di aiuti (necessari per pagare 3,5 miliardi di debiti a luglio ed evitare il default) si sono impantanati a un passo dal traguardo. L’Fmi ha alzato il prezzo per il salvataggio del paese, chiedendo ad Alexis Tsipras nuove misure d’austerità oltre a quelle già promesse all’ex-Troika. Il premier ellenico ha detto no, proponendo un vertice straordinario della Ue per risolvere l’impasse, ma la sua richiesta è stata rispedita al mittente. «Dobbiamo evitare di esacerbare la tensione» ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. C’è ancora del lavoro da fare e sono convinto che l’Eurogruppo potrà riunirsi tra pochi giorni per sciogliere gli ultimi nodi».
La tensione resta però altissima e la strada per trovare la quadra è in salita. Tsipras – come ha ribadito lui stesso a Tusk – è convinto di aver rispettato gli impegni presi con Ue, Fmi e Bce in cambio di 86 miliardi di prestiti. Il suo governo sta mettendo a punto, anche se in ritardo di quattro mesi, le due riforme più difficili e impopolari del mandato: quella sulle pensioni (saranno tagliate di quasi un miliardo) e quella fiscale, con nuove tasse per 1,8 miliardi. Bocconi difficilissimi da digerire per un paese fiaccato da sei anni d’austerità e per un Parlamento dove Syriza e Anel hanno una fragilissima maggioranza di 153 voti su 300. Al Fondo però non basta. «Questi interventi non sono sufficienti a rispettare l’obiettivo di un avanzo primario del 3,5% nel 2018», ha fatto sapere Washington. Atene deve approvare subito altre misure “preventive” per 3 miliardi da attivare automaticamente nel caso i target non fossero raggiunti».
La mossa di Washington ha messo Tsipras in una posizione difficilissima. La Grecia, questo è chiaro a tutti, è di nuovo a corto di liquidità. Il governo ha sequestrato i soldi in cassa agli enti pubblici – ospedali compresi – dirottandoli su un conto della Banca centrale per usarli, nel caso fosse necessario, per pagare stipendi e pensioni. Senza gli aiuti dei creditori, il paese può andare in default già a giugno.
Dire di sì alle richieste del Fondo significa però esporre l’esecutivo al fuoco amico della minoranza di Syriza che in un minaccioso comunicato ha scritto di essere pronta a «cadere da eroe resistendo alla Troika». Il presidente del Consiglio non vuol correre questo rischio e – come ha spiegato ad Angela Merkel e Francois Hollande – è pronto piuttosto a dimettersi e a portare il paese a elezioni, precipitando la Grecia e l’Europa nel caos.
I socialisti Ue – non sempre tenerissimi con Tsipras – questa volta si sono a schierati con lui. «Basta con i ricatti dei falchi, non possiamo chiedere ad Atene nuovi sacrifici», ha detto Gianni Pittella, presidente del gruppo all’Europarlamento. Sulla stessa linea, a sorpresa, ci sarebbero pure Jean Claude Juncker e la Cancelliera tedesca, preoccupati per la questione migranti (partita dove il ruolo della Grecia è cruciale) e per le conseguenze della bufera ellenica sul referendum per la Brexit. Il presidente della Commissione, ha scritto ieri Mri, avrebbe detto all’Fmi di considerare «irragionevole e incostituzionale» la richiesta di clausole di salvaguardia ad Atene.
Tutti, naturalmente, preferirebbero risolvere la questione senza uno scontro aperto ed evitando il redde rationem di un vertice tra capi di Stato che metterebbe in piazza le divisioni tra falchi e colombe. Nelle ultime ore, non a caso, si sono moltiplicati i tentativi di compromesso: il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem avrebbe proposto ad Atene di aumentare di un po’ i tagli da approvare subito per mantenersi le mani più libere in futuro. Tsipras sarebbe pronto a impegnare legalmente il suo governo (senza voti in Parlamento e senza misure predefinite) a tagli automatici in caso di sforamenti dal budget, proposta che però non basterebbe all’Fmi. Bruxelles e Washington potrebbero invece garantire alla Grecia una tabella di marcia per il taglio del debito. Lo zuccherino con cui il premier greco potrebbe convincere Parlamento e paese a mandar giù l’ennesima overdose di austerità.