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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

«I miei trentaquattro anni da banchiere». Giovanni Bazoli saluta

La responsabilità dei banchieri, l’assoluta indipendenza delle aziende di credito dalla politica, la preoccupazione per la persistenza di rischi sistemici, l’auspicio di un futuro più europeo per Intesa Sanpaolo. Per Giovanni Bazoli, che per 34 anni ha guidato l’istituto e oggi ne è presidente emerito, il commiato in assemblea è stata l’occasione per confermare i principi che hanno contrassegnato il suo lungo operato.
Iniziato, per lui avvocato di Brescia, quasi “per caso”. «È come avere davanti agli occhi un film che inizia il 3 agosto del 1982, quando fui designato a presiedere il Nuovo Banco, nato sulle ceneri del Banco Ambrosiano, indotto ad accettare la temeraria sfida da Carlo Azeglio Ciampi (allora Governatore della Banca d’Italia) e Nino Andreatta (ministro del Tesoro), che successivamente rappresentarono per me un fondamentale punto di riferimento in quegli anni difficilissimi, nei quali ho compreso come sia utile e non solo doveroso chiamare bene il bene e male il male, senza opportunistiche mistificazioni».
Un discorso «alto» (ripreso anche in una sua mail rivolta ai dipendenti dal titolo significativo: «Un momento di grande emozione») nel quale, ammette, non intende cedere alla «forte tentazione di rievocare la storia straordinaria» iniziata in quel weekend d’agosto che ha visto la messa in liquidazione dell’ex Banco di Roberto Calvi e la nascita del Nuovo con la riapertura di 107 filiali. «Mi limito a dire che se ripenso alla banca che mi fu affidata nel 1982 e guardo alla posizione acquisita oggi da Intesa Sanpaolo», con una capitalizzazione di oltre 40 miliardi «prima banca in Italia e terza nella zona euro, non mi sembrano veri il percorso compiuto e i traguardi raggiunti». Traguardi, sottolinea, conquistati «avendo da salvaguardare sia l’indipendenza della banca, più volte minacciata da varie forze esterne», sia la sua autonomia da qualsiasi ingerenza politica. Una autonomia che ha garantito alla banca il rispetto di natura e prerogative, e ha restituito al Paese la funzionalità e la moralità della distinzione dei ruoli istituzionali, pubblici e privati». Da qui deriva «una grande serenità» nella convinzione «di aver adempiuto al compito che mi era stato affidato e di aver prestato un servizio al Paese».
«Nanni», come lo chiamano gli amici, sottolinea che nel processo di trasformazione intervenuto in 30 anni nel sistema bancario l’istituto, che ha aggregato Cattolica del Veneto (1989), Cariplo (1998), Comit (1999) e si è unito al San Paolo-Imi (2007) ha avuto un «ruolo centrale». «Dalla “foresta pietrificata”, con la maggioranza delle banche a proprietà pubblica e assoggettate alla politica» si è passati «a un sistema privato, rimasto prevalentemente di proprietà italiana, che si colloca a pieno titolo nel sistema finanziario internazionale». Bankitalia «ha svolto un ruolo positivo. La sua guida, forse apparsa a tratti “paternalistica”, è stata ispirata da saggezza e prudenza».
Da sempre, dice Bazoli, «ho ritenuto la banca un’impresa sui generis, speciale, perché opera nel settore del credito e del risparmio, valori tutelati dalla Costituzione: deve perciò godere di piena indipendenza, non può tollerare nella maniera più assoluta interferenze del potere politico». E sottolinea: è stata proprio Banca di Italia a «sostenere in passato la necessità di totale indipendenza della politica monetaria e della vigilanza dal mondo politico». Lo stesso «deve valere per le autorità di controllo europeo. E possiamo oggi verificare l’importanza cruciale di questo tema vedendo quale ruolo decisivo, attraverso enormi difficoltà, sia svolto dalla Bce guidata da Mario Draghi».
Bazoli esprime però una preoccupazione «legata alle differenti soluzioni individuate dalle autorità di varie aree del mondo per condurre il sistema finanziario fuori dalla crisi e prevenirne il ripetersi. Questi processi hanno portato a un’asimmetria regolamentare. I sistemi europei sono oggi molto più controllati di quelli anglosassoni. La concentrazione di potere nelle mani del capo-azienda delle banche inglesi o americane è di gran lunga superiore: nel sistema mondiale ci sono ancora latenti rischi enormi».
Certo, le regole da sole non bastano. «Occorre recuperare l’idea che la professione bancaria è una vera e nobile missione, che può essere ben interpretata da persone di spessore tecnico ma anche dotate di senso civico e morale. La gestione di una banca dev’essere improntata al senso di responsabilità: non può essere un’isola felice in un sistema in crisi. Il mestiere di banchiere richiede si guardi anche a quanto avviene ai concorrenti: le forti interdipendenze possono creare situazioni di rischio sistemico» pericolose anche per le aziende sane. «Abbiamo la responsabilità dell’intero sistema e le iniziative che la nostra banca sta portando avanti in questi giorni rispondono con coerenza a questi principi», ha aggiunto con riferimento al fondo salva-banche Atlante, di cui Intesa Sanpaolo è fra i maggiori aderenti.
Infine uno sguardo al futuro: Bazoli auspica «possa essere rafforzata la presenza» dell’istituto in Europa. «Non immagino operazioni nel breve periodo: non c’è fretta e non ci sono minacce in vista. Guardare con attenzione al mercato europeo dev’essere però la prospettiva». «Possiamo permetterci di essere ambiziosi», conclude il banchiere, «pur senza mai dimenticare, questa è la mia raccomandazione ultima, le nostre origini e la nostra cultura». Raccomandazione che l’amministratore delegato Carlo Messina sottolinea così, ringraziandolo a nome di «tutte le persone dell’istituto»: «Il professor Bazoli rappresenta i valori della banca».