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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

È iniziata la nuova era di Intesa Sanpaolo. Senza più Bazoli

Paolo Bricco e Marco Ferrando per Il Sole 24 Ore
«Non c’è fretta, non ci sono minacce. Ma la prospettiva di Intesa Sanpaolo deve essere l’Europa, dove mi auguro che possa rafforzare la sua presenza: possiamo permetterci di essere ambiziosi». Nel passo indietro di Giovanni Bazoli, ieri alla sua ultima assemblea da presidente di Intesa Sanpaolo, c’è quello che potrebbe diventare il passo in avanti della banca: consolidato il posizionamento domestico, crescere oltreconfine.
Questo l’auspicio di Bazoli. Il Professore resterà presidente emerito dell a banca, che «continuerà ad avvalersi della sua saggezza», come ha detto il suo successore, Gian Maria Gros-Pietro. Ma il passaggio di consegne era storico, visto che ieri si sono chiusi i 34 anni di guida operativa di Bazoli. Un periodo in cui si sono raggiunti «traguardi che non mi sembrano veri», come ha detto in un intervento di apertura più rivolto al presente (e al futuro) che al passato: «Abbiamo posto le basi per poter costruire un futuro ancora ricco di traguardi, potendo contare su una forte leadership e un’invidiabile reputazione», aveva scritto Bazoli ieri mattina a tutti i dipendenti. E i risultati, nei fatti, erano sul tavolo ieri. Il dividendo 2015 raddoppiato a 14 centesimi, il programma di incentivazione per i dipendenti e la remunerazione del vertice, approvati quasi all’unanimità, un rinnovo degli organi che ha visto un’ampia, e non scontata, benedizione dei fondi, che oggi sono il primo azionista di Intesa Sanpaolo.
In una fase in cui l’appoggio di BlackRock e affini non è scontato (vedi Snam), ieri alla presenza del 60% del capitale, in maggioranza rappresentato proprio dagli istituzionali esteri, il 61,05% dei voti è andato alla lista presentata dalle Fondazioni: complice la presenza tra i nomi del ceo Carlo Messina, l’aspirante maggioranza ha catalizzato anche un 14-15% dai fondi e in totale ha ottenuto 15 consiglieri; la lista Assogestioni ha raccolto il 37,5% delle preferenze e cinque consiglieri. E anche quando c’è stato da eleggere presidente e vice, il risultato è stato inequivocabile: la candidatura di Gian Maria Gros-Pietro è stata appoggiata dal 98,1% dei votanti, percentuale analoga a quella ottenuta dal vice presidente Paolo Andrea Colombo. Insieme a loro, nel nuovo board unico della banca siederanno così Carlo Messina, Bruno Picca, Rossella Locatelli, Giovanni Costa, Livia Pomodoro, Giovanni Gorno Tempini, Giorgina Gallo, Franco Ceruti, Gianfranco Carbonato (lista Fondazioni) più Francesca Cornelli, Daniele Zamboni, Maria Mazzarella (lista Assogestioni). Novità di rilievo della nuova governance è la presenza del comitato interno per il controllo gestione, che sarà composto da Marco Mangiagalli (presidente) e Alberto Pisani per la lista di minoranza e Maria Cristina Zoppo, Edoardo Gaffeo, Milena Motta.
«Per ora l’obiettivo è la conferma del piano industriale che stiamo seguendo», ha commentato subito dopo i lavori Gian Maria Gros-Pietro: «Siamo in vantaggio sugli obiettivi che c’eravamo dati, quindi non ci resta che confermare quegli obiettivi, rafforzare la nostra posizione e mettere mano ad alcuni problemi che sono tipici dell’ambiente italiano e noi pensiamo di poter essere parte e guida nella soluzione di questi problemi».
Il piano targato Messina, che ora potrebbe essere oggetto di un qualche ritocco, prevedeva un miliardo di dividendi nel 2014, due nel 2015 e ora 3 nell’esercizio appena avviato: «Confermo il target, e anche i 4 miliardi del 2017», ha anticipato il ceo rispondedo alla domanda di un socio e sconfessando alcuni report usciti ieri. «La nostra priorità - ha detto il manager illustrando i risultati - resta quella di distribuire dividendi significativi pur mantenendo un buffer di qualità elevato».

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Marco Ferrando per Il Sole 24 Ore
È cominciata anche meglio del previsto la fase post-Bazoliana di Intesa Sanpaolo. Presenze e votazioni di ieri in assemblea dimostrano che il mercato continua a guardare con interesse e soprattutto con fiducia alla banca: non era scontato, se consideriamo le pesanti correzioni di borsa da inizio anno (rispetto alle quali Intesa non è stata indenne) e al rinnovato scetticismo con cui gli istituzionali sembrano monitorare l’Italia, che spesso trova plastica rappresentazione quando c’è da votare in assemblea. Ieri, invece, a Torino è andata liscia: anzi, il 98% di preferenze incassato da Gian Maria Gros-Pietro e Paolo Andrea Colombo sarà un benchmark impegnativo per chi verrà dopo di loro.
Sta di fatto che l’azionariato, per ora, è compatto a sostegno del vertice: piace il ceo, piacciono i target di profittabilità (confermati ieri), piace il modello di business portato avanti da una squadra di manager altrettanto compatta; al punto che l’organigramma non necessiterà di ritocchi ulteriori a quelli già programmati da tempo. Tra soci e manager, in mezzo, ci sarà il nuovo consiglio, che al suo interno - fatto nuovo e rilevante - avrà i controllori. È al board che toccherà prendere alcune scelte strategiche fondamentali, di cui ieri si è avuta prima contezza: la crescita all’estero e la ricerca di nuove strade che possano offrire gli stessi ritorni forniti dal business commissionale in questi anni. Opzioni che passano inevitabilmente per il piano presentato due anni fa da Carlo Messina, all’epoca appena salito al comando del gruppo. Verrà confermato? Subirà un semplice tagliando o verrà addirittura sostituito con una nuova road map? La proposta spetterà naturalmente al ceo, ma il consiglio dovrà dar prova di efficienza e intelligenza. Non sarà facile, considerato che più della metà dei consiglieri è nuova e che - soprattutto - è nuovo il sistema monistico, con la presidenza emerita di Giovanni Bazoli che andrà declinata nella pratica.
Dopo aver affrontato a viso aperto la riforma della governance, con una scelta senza precedenti in Italia, la banca - in particolare il nuovo consiglio - dovrà dimostrare di esserne all’altezza anche nella sua applicazione pratica. È qui che si vedrà se veramente la banca è proiettata in avanti oppure se interessi locali e vecchie dinamiche hanno ancora un peso tra Ca’ de Sass e il grattacielo di Renzo Piano. Al di là di appartenenze e riferimenti, i consiglieri dovranno dimostrare di perseguire la creazione di valore e non l’interesse di parte. In una fase decisiva per il credito italiano, e per Intesa in modo particolare, il board dovrà riuscire nel delicato compito di mediare tra stabilità e mercato, dando continuità a una storia di successo ma anche mostrando quella capacità di innovare e di aprirsi che il mercato pretende. Reinterpretando, in fondo, il ruolo che in questi anni è stato di Giovanni Bazoli.