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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

Manuel Foffo ha ammesso: «Ho ripreso il corpo di Luca Varani dopo la mattanza con il mio cellulare»

«Ho ripreso il corpo di Luca Varani dopo la mattanza con il mio cellulare». Manuel Foffo ha retto per più di un mese. Poi, nel corso di uno degli ultimi interrogatori nel carcere di Regina Coeli, ha deciso di vuotare il sacco davanti al suo avvocato e al sostituto procuratore Francesco Scavo. Dopo aver ucciso la preda invitata dall’altro assassino del Collatino, Marco Prato, lo studente ha afferrato lo smartphone e inquadrato per alcuni istanti il cadavere della vittima. «Era un video di pochi secondi – ha aggiunto Foffo – ma poi l’ho cancellato dalla memoria del telefonino». Nelle immagini che ora gli specialisti della polizia postale stanno cercando di recuperare, come ha spiegato il proprietario della casa dell’orrore al pm, si vedrebbe prima il salotto dell’abitazione al decimo piano di via Igino Giordani, poi il sangue a terra e infine un Varani esanime, coperto a fatica da una trapunta. «Volevo difendermi – ha continuato lo studente – per rispondere al video del rapporto che ho avuto con Prato a Capodanno e con cui lui mi ricattava». Un’idea dettata con tutta probabilità più dagli effetti del mix di alcol, cocaina e cristalli di metadone che dalla logica. La chiacchierata con il pm continua, e Foffo torna ad attaccare il pr della movida gay: «Ha dato lui il colpo di grazia e poi ha messo la mia mano sull’impugnatura del coltello».
Il resto sono dettagli, spunti in più su quelle ore di sangue e droghe. Emergono infatti nuovi particolari dalle prime deposizioni dei due killer. Le versioni si incrociano, si scontrano, fanno di tutto per non incastrarsi e lasciano più di un dubbio agli stessi carabinieri. Parte Prato: «Io mi volevo suicidare, ma Manuel voleva il mio aiuto. “Se non trovano il corpo, Luca non è morto per nessuno”, diceva». Risponde Foffo: «Marco era più affranto di me. Io volevo pulire perché faceva schifo. Sono andato a prendere i detersivi a casa di mia madre». Gli stracci finiscono anche nelle mani di Prato e torna il tema del suicidio: «Mentre pulivo mi è venuto un click e gli ho detto “non ce la faccio più, abbiamo giocato a fare Dio e non può continuare così. Non credo di meritarmi la vita dopo aver ucciso un ragazzo di 23 anni. Tu fai come ti pare, ma lasciami libero di morire”. Allora Manuel mi ha detto di uscire e prenderci qualcosa da bere per calmarci».
I due salgono sull’auto del pr e arrivano in un bar a San Giovanni. Prato ricorda di essersi disperato al punto di catturare l’occhio di uno dei dipendenti: «Piangevo come un maiale. Anche il barman ci ha visti. Manuel, invece, neanche una lacrima. Gli ho chiesto di comprarmi quattro boccette di sonnifero per suicidarmi e lui l’ha fatto». Foffo non smentisce, ma puntualizza: «Non credevo che facesse sul serio, ma lo assecondavo». Chiude Prato e la frase è l’ultima stoccata all’altro assassino: «I medicinali? Li ho presi un’ora dopo essere andato in hotel a piazza Bologna. Secondo me gli faceva comodo che mi suicidassi. Pensava di mettere il cadavere nella mia auto. Per questo non gliel’ho lasciata».
È proprio sulla vettura di Prato che si stanno concentrando i periti in queste ore. Il gps conferma gli spostamenti della coppia omicida dopo la mattanza, ma gli orari non combaciano di un’ora. Un problema tecnico o c’è altro da scoprire? In attesa di una risposta e dell’analisi dei filmati che oggi la postale consegnerà in procura, spunta anche una nuova lettera di Foffo. Il ragazzo, assistito dal legale Michele Andreano, ha scritto ai Varani per offrire un risarcimento. Quasi un milione di euro. Ma dalla famiglia della vittima sarebbe arrivato un netto rifiuto.