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 2016  aprile 28 Giovedì calendario

Salah Abdeslam è stato consegnato alla Francia

Parigi II «piccolo imbecille di Molenbeek», come lo ha definito il suo avvocato, ha rimesso piede sul territorio francese alle 9 e 05 del mattino di ieri. Salah Abdeslam aveva lasciato la Francia nella notte tra il 13 e il 14 novembre, dopo aver partecipato agli attentati terroristici di Parigi e Saint Denis e contribuito a uccidere 130 persone. Il 26enne di origine marocchina, nato e cresciuto a Bruxelles ma di nazionalità francese, è l’unico terrorista superstite del commando, ed è chiamato a chiarire i molti punti ancora oscuri di quella sera: perché l’operazione allo Stade de France è fallita (una sola vittima oltre ai terroristi kamikaze)? Perché all’ultimo momento lui non si è fatto esplodere come gli altri, compreso suo fratello Brahim (al Comptoir Voltaire)? La rivendicazione dello Stato Islamico parla di quattro obiettivi: lo stadio, i ristoranti, il Bataclan e il XVIII arrondissement, dove però non ci fu alcun attacco. Quale era il bersaglio? E chi avrebbe dovuto condurre l’assalto?
Soprattutto, la speranza è che il terrorista arrestato a Molenbeek il 18 marzo scorso, pochi giorni prima degli attentati all’aeroporto e alla metropolitana, possa dare informazioni sui mandanti, gli organizzatori e le fonti di finanziamento della cellula terroristica, incrociando le sue indicazioni con quelle del complice Mohammed Abrini, il «terzo uomo» dell’aereoporto di Bruxelles arrestato ad Anderlecht l’8 aprile.
La sera del Bataclan Salah Abdeslam aveva una cintura esplosiva, ma ha rinunciato ad attivarla, fuggendo a Bruxelles: se allora ha preferito la vita al martirio, adesso potrebbe anche scegliere di collaborare con la giustizia ottenendo qualcosa in cambio.
Le sue prime mosse mostrano che non sarà così facile. «È un jihadista con una logica ben nota tra i terroristi, cioè mascherare i fatti e denunciare compagni morti per proteggere quelli vivi pronti a passare di nuovo all’azione – dice Samia Maktouf, legale di 17 famiglie coinvolte dagli attentati di Parigi —. E infatti Salah Abdeslam non ha fatto niente per evitare le stragi del 22 marzo a Bruxelles, quando lui era già in prigione mentre il suo amico d’infanzia Abrini stava per colpire all’aeroporto».
La linea di difesa di Abdeslam è farsi passare per un pesce piccolo. Il suo avvocato belga, Sven Mary, in un’intervista a Libération ha detto che il terrorista «ha l’intelligenza di un portacenere vuoto, è di una vacuità abissale. L’esempio perfetto dalla generazione Grand Theft Auto che crede di vivere in un videogioco». Di fronte alle polemiche e alle accuse di avere umiliato il suo cliente, l’avvocato Mary è arrivato ad ammettere apertamente che quelle frasi erano state concordate con Abdeslam, per fare passare il messaggio che «il piccolo imbecille di Molenbeek» non poteva avere avuto una parte importante negli attacchi. Dopo il trasferimento dal Belgio a Parigi con un elicottero del Gign (il reparto di élite della gendarmeria francese), il terrorista è stato rinchiuso in isolamento a Fleury-Mérogis, a una trentina di chilometri da Parigi, nel carcere più grande d’Europa.
Il suo nuovo legale francese è il celebre principe del foro di Lille, Frank Berton, che ha parlato in tv di «un uomo molto abbattuto, pronto a collaborare, che non può portare il peso di atti che non ha commesso». La strategia, per la rabbia dei parenti delle vittime, sembra decisa: avvocati molto mediatici, che osano parlare dello stato d’animo di Abdeslam e sminuiscono il suo ruolo nei massacri del 13 novembre.