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 2016  aprile 27 Mercoledì calendario

Allora è fatta per Clinton e Trump? Conversazione tra Ruggeri e Codevilla sulle primarie americane

Caro Angelo,
allora è fatta? Per Clinton e Trump l’ingresso nell’Ok Corral di novembre è certo? È ancora possibile che Fbi possa sostituire Clinton con Sanders? Quando ho visto la zazzera bianca di Bill dietro di lei, te lo confesso, un brivido mi ha percorso la schiena. Per Trump parrebbe fatta, anche se si legge che Cruz stia lavorando per sfilargli delegati con certe interpretazioni del regolamento, è così? Perché Trump ha cambiato il team di supporto affidandosi ai burocrati del Partito? È una mossa estemporanea tipica del personaggio o frutto di un accordo segreto con il Partito Repubblicano? A questo punto, il Partito dovrà trovare una strategia comune e condivisa con Trump, pensi sia fattibile?
Se fossero Clinton e Trump i candidati, sarebbe possibile che il popolo si divida con modalità diverse dal classico riformisti/conservatori? Per esempio, l’Establishment configurato come Partito della Nazione e tutto l’arcipelago dei contrari, sia di destra che sinistra, in prevalenza giovani? O altra modalità, se sì, quale? In una elezione così innovativa rispetto al passato, i sondaggi sapranno cogliere il mondo nuovo che sta nascendo nella società americana? Oppure le nostre analisi dovremo farle saccheggiando tutte le nostre doti di fantasia?

Caro Riccardo,
per i democrat il successo relativo della Clinton riflette il baratro del loro Establishment, ormai fatto di anziani e di neri, mentre la nuova generazione del partito è ormai composta da bianchi figli di papà, simil agli indignados della nuova sinistra europea.
Questo successo ha doppie letture. Primo, per conseguirlo, e non perdere voti a sinistra, Clinton ha dovuto rinnegare i «compromessi storici» con la realtà sociopolitica degli Stati Uniti che avevano fatto il successo dell’ amministrazione di Bill. Questi, chinando il capo davanti alle vittorie elettorali repubblicane, aveva bilanciato i conti finanziari del governo federale, smorzato una vampata di criminalità, accrescendo le condanne per reati di violenza e di droga, riformato il sistema di welfare federale, esigendo che gli usufruenti lavorassero, conferendo l’amministrazione ai rispettivi Stati. Per gli attivisti neri ciò fu considerato razzismo perché ridusse il denaro che affluiva alla popolazione nera passando per le loro mani. Inoltre, si prese atto che la riduzione della criminalità avvenne incarcerando un giovane nero su cinque. Per tener saldo l’establishment nero, lei e quello bianco hanno cavalcato queste rivendicazioni, disinteressandosi di quel che il resto degli americani potesse pensare.
Secondo, per tenere saldo l’ establishment Democratico bianco (cioè l’apparato governativo, Wall Street, quelli che tu chiami le «felpe californiane») e per evitare l’ etichetta mortale di «socialist», in concreto, per differenziarsi da Sanders, Hillary si è allontanata dalla nuova generazione del suo partito. al punto che alcuni potrebbero votare per un nuovo partito, o stare a casa.
Poi, c’è la storia del Fbi. Non sappiamo come possa finire per lei. Se la incolpa, Hillary è spacciata. Dopo sei mesi d’indagini semi pubbliche, se invece Fbi tace o dichiara il non luogo a procedere, finisce con l’incolpare se stesso, associandosi, de facto, con la Clinton. Come la prenderebbe l’opinione pubblica? Questo, aggiunto alla percezione/certezza dei due terzi degli americani, «Hillary Clinton è disonesta», indebolisce di molto la sua candidatura.
Da parte Repubblicana non si tratta affatto di sfilamenti di delegati. Fino alle primarie in California del 7 giugno, la nomination rimane nelle mani degli elettori, secondo i regolamenti dei partiti dei 50 stati, stabiliti molti anni fa. Se Trump riceve 1.237 delegati tramite questi, tutto finisce quella notte. Se no, comincia un’altra storia, di cui nessuno conosce il finale.
Il quadro ormai si fa chiaro. Nel mese di aprile, Trump si è reso conto che ai 1.237 delegati non ci arrivava, perché aveva conseguito solo il 36% del voto nelle primarie. Tale percentuale non sarebbe bastata per battere, non solo Cruz, ma forse neanche Kasich, anche ammesso alla vittoria alle primarie di New York e degli stati del nordest. I sondaggi auspicavano la vittoria di Cruz in Indiana, Nebraska, Washington e, specialmente, in California, nella quale il blog autorevole fivethirtyeight lo dava vincente. Infatti, la campagna di Cruz è organizzata in modo capillare in tutti gli Stati, così lui si è assicurato ogni delegato libero. Nel frattempo, l’ establishment Repubblicano si sta convincendo che Cruz potrebbe essere il minore dei mali. Dopo la sua sconfitta in Wisconsin il 5 aprile, Trump prese decisioni importanti.
Comprendendo il fatto politico principale del 2016, cioè lo sdegno del popolo per l’ establishment, e tramite un ju jitsu politico, tramutò la forza di Cruz in debolezza. Ripeté all’infinito, «Cruz mentitore, paladino, cocco dell’ establishment, in lega col quale esautora i voti del popolo» Temendo di non arrivare alla convention con la maggioranza assicurata nella prima votazione e quasi sicuro di non poterci arrivare nelle susseguenti, tentò di sostituire «maggioranza» con «pluralità». Urlò: «A chi la vittoria se non a quello che ha più voti degli altri»? Il successo di tutto questo si vide nel calo dei sondaggi di Cruz sia verso Trump che verso Kasich, specialmente in California. Li c’è ancora tempo, in Indiana, poco
Paul Manafort, nuovo direttore della campagna di Trump, è un esemplare della bassa cucina politica repubblicana, come del resto i suoi ex soci della ditta di «Political Consulting Black, Manafort & Stone». Certo è un buon organizzatore, bravo ad annodare accordi con l’ establishment Repubblicano. Ma che ci riesca o no dipende non da lui ma da quel che succederà in Indiana e in California.
Pare che i personaggi chiave del partito non puntino più tanto alla presidenza nel 2016, quanto a salvaguardare le maggioranze Repubblicane alla Camera e al Senato per poi tentare di nuovo alla Casa Bianca con uno dei loro nel 2020. Secondo me, questa è follia pura. Non si rendono conto che la loro impopolarità ormai è segnata per sempre. Se fossero Clinton e Trump i candidati, per me è quasi sicuro che il popolo si divida, con modalità diverse dal classico riformisti/conservatori, certo questa distinzione persiste, come quella tra bianchi e neri, ma la vera spaccatura è strategica, è tra i due Establishment ed il resto del paese. Essendoci diversi modi di manifestarla, è impossibile per ora fare un pronostico. Sondaggi? Certo i classici sondaggi politici valgono sempre meno, perché gli specialisti non sanno più che domande fare. L’unico credibile è Pat Caddell, il cui Istituto ha un approccio diverso.

Grazie caro Angelo,
le elezioni in Austria hanno confermato l’analisi che stiamo facendo insieme da mesi. L’Establishment al potere, formato dai due partiti storici (destra/sinistra, popolari e socialisti), è fuori dal ballottaggio, ci andranno la Destra radicale e la Sinistra verde. Un segnale debole ma potente di un mondo che cambia, all’insaputa delle élite.