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 2016  aprile 27 Mercoledì calendario

Attenti al generale Haftar, l’uomo che aspira a diventare il nuovo Gheddafi di Libia

Il governo di Tripoli si prepara a combattere l’Is a Sirte. Ma il suo vero nemico, quello più pericoloso e meglio organizzato, è la milizia di un generale libico rinnegato: l’ex ufficiale gheddafiano Khalifa Haftar, l’uomo che da Tobruk aspira a diventare il nuovo Gheddafi di Libia. Ieri senza aspettare gli aiuti dell’Onu, dei «paesi amici europei ed africani», il premier Serraj ha fatto partire una colonna di 150 tra jeep e mezzi blindati verso Est, in direzione de i pozzi di petrolio minacciati dall’Is.
Sono i rinforzi promessi all’alleato Ibrahim Jadran, giovane capo della Petroleum Facilities Guard che venerdì scorso è rimasto ferito mentre con i suoi uomini difendeva i pozzi petroliferi a sud di Agedabia, in Cirenaica. Jadran attende con ansia quei rinforzi, ma anche lui con Tripoli guarda con preoccupazione alle mosse di Haftar.
I capi politici di Tripoli, le milizie di Misurata e le “guardie” di Jadran devono impedire che il generale, dopo aver riconquistato Bengasi dalle mani degli integralisti islamici decida di spingersi ancora verso Ovest, con la scusa di avvicinarsi a Sirte per liberarla dall’Is. Ma con il vero obiettivo di allargare l’area che controlla in Cirenaica e soprattutto con lo scopo di mettere sotto il suo controllo i pozzi petroliferi della cirenaica. È un gioco ormai scoperto quello di Haftar: insieme ai suoi alleati egiziani non ha mai detto apertamente di essere contrario all’accordo negoziato dall’Onu che ha permesso ai mediatori libici di scegliere il nuovo premier Serraj. Ma da mesi Haftar ricatta e intimidisce i capi politici della Cirenaica che non sono allineati con lui. E quindi di fatto vieta che il parlamento di Tobruk, rispettando il piano di pace Onu, possa votare per il governo di Tripoli, permettendo a Serraj di essere legittimato anche da un punto di vista formale.
Ieri a Tripoli il presidente del “Consiglio di Stato”, la seconda camera libica creata dopo gli accordi Onu, ha invitato formalmente Serraj a organizzare una spedizione per liberare i pozzi di petrolio dalla minaccia dello Stato Islamico. Abdurrahman Sewehli, un importante politico di Misurata, è stato eletto presidente del Consiglio di Stato che sarà una camera consultiva nel Sistema libico, ma che comunque riveste un certo ruolo nell’assetto istituzionale che la Libia si sta dando.
Sewehli ha chiesto di organizzare questa missione militare per combattere il terrorismo, e ha anche invitato Serraj a chiedere all’Onu di revocare l’embargo con cui si blocca la vendita di armi alla Libia: visto che adesso abbiamo un governo legale – dice Sewehli – possiamo chiedere al mondo di venderci armi.
C’è un altro embargo che interessa la Libia, applicato dalle Nazioni Unite, ed è il divieto di vendere petrolio al di fuori dei canali legali della National Oil Company, canali riconosciuti come legali dalla comunità internazionale. Negli ultimi tre giorni il governo ribelle del generale Haftar a Tobruk ha provato a mettere a segno un colpo: nel porto della città è stata caricata una petroliera con 650 mila tonnellate di greggio. La petroliera, noleggiata da una società degli Emirati arabi uniti, è poi partita verso Malta, con la speranza di poter vendere il suo carico e versare l’equivalente in dollari del petrolio nelle casse del generale Haftar.
Ma non soltanto il governo di Malta, rispettando le indicazioni dell’Onu, ha bloccato la petroliera al difuori delle 12 miglia delle sue acque territoriali. Ieri sera, dopo molte ore di attesa e incertezza, gli Stati Uniti hanno schierato il loro peso in questa vicenda: per la Casa Bianca il petrolio libico può essere venduto solo attraverso i canali legali, ovvero quelli che oggi fanno capo al governo di Tripoli e al suo premier Serraj. Per Haftar e i suoi alleati francesi ed egiziani è un segnale serio.