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 2016  aprile 27 Mercoledì calendario

Fino a che età è giusto mantenere un figlio? Ogni anno ottomila casi in tribunale

Fino a quando un genitore deve mantenere la prole? Diciott’anni? Ventotto? Trentotto? A vita? Non scriviamo per assurdo, ma, semplicemente, osservando le ottomila vertenze l’anno di figli verso genitori. Negli ultimi dieci anni c’è stato un incremento del venti per cento. Ed è il motivo per cui l’Ami, l’associazione matrimonialisti italiani, da tempo sta promuovendo una campagna affinché la Suprema corte stabilisca una volta per tutte un limite di età.
L’ultimo caso lo ha raccontato la Gazzetta di Modena e riguarda un padre con caratteristiche precise: «Scrittore di discreto successo, con pubblicazioni presso alcune tra le maggiori case editrici nazionali». Divorziato, ha chiesto al Tribunale civile di Modena di eliminare, e in subordine, di ridurre l’assegno di mantenimento del figlio 28enne. Il rampollo, infatti, dopo aver conseguito con i suoi tempi (lenti) la laurea triennale in Lettere, anziché completare il titolo con la magistrale, si è iscritto a un corso di cinematografia sperimentale a Bologna. Da lì avrebbe avanzato nuove richieste di rimborso spese per trasferte e alloggio.
Secondo il padre, il giovanotto «non è meritevole di ulteriore sostegno economico, non avendo compiuto scelte lavorative volte all’autosostentamento o scelte di continuare studi confacenti alla sua formazione pregressa». E qui, però, a giocare contro lo «scrittore di discreto successo» è stato proprio il clima di creatività nel quale è cresciuto il figlio.
Il decreto firmato dal presidente Angelo Gin Tibaldi della Seconda sezione del Tribunale civile di Modena ha infatti messo in evidenza che i corsi di cinematografia sono previsti in diverse facoltà di Lettere e, comunque, sono «in linea con le aspirazioni personali del figlio (in questione, ndr), anche in ragione delle attitudini familiari e del clima culturale vissuto in famiglia, certamente non estraneo a tendenze artistiche e propensione alla creatività».
In definitiva non si possono mortificare «le aspirazioni personali» del ventottenne. E poiché le spese universitarie erano già previste nella precedente sentenza di divorzio, e poiché non è cambiato nulla da allora che giustifichi una variazione dell’assegno, il padre deve continuare a mantenere il figlio (salvo ricorso in Appello a Bologna o, eventualmente, in Cassazione).
«È molto difficile applicare schemi rigidi, il bello della giurisprudenza è proprio affrontare caso per caso», interviene l’avvocato Cesare Rimini. «Alcune professioni richiedono un cammino lungo e difficile che deve essere sostenuto. La valutazione, però, va fatta tenendo conto dello status della famiglia, ma anche della reale attitudine allo studio del figlio, perché non è giusto che un padre o una madre paghino per un fannullone».
Lo «scrittore di discreto successo» può consolarsi pensando a quei genitori ai quali è andata peggio. Nel 2011 la Suprema Corte confermò l’obbligo di un padre a mantenere la figlia 25enne che viveva ancora con la madre e che aveva un impiego a tempo indeterminato. Perché? L’occupazione trovata non rispettava le sue aspirazioni: faceva la commessa con diploma di ragioniera.