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 2016  aprile 27 Mercoledì calendario

È indagato il presidente del Pd in Campania: avrebbe agevolato gli affari dei Casalesi

Il sospetto di aver agevolato il clan dei Casalesi in cambio di voti ha costretto al passo indietro il dem Stefano Graziano, 45 anni, scatenando una bufera politica a un mese dalle elezioni. Indagato dalla Dda di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti truccati a Santa Maria Capua Vetere, il presidente regionale del Pd si è autosospeso «con grande sofferenza» dal partito e dall’incarico. Ai giudici l’ex deputato ha chiesto di poter chiarire al più presto la «totale estraneità a qualsiasi vicenda illecita». E agli amici, frastornato e sconvolto, ha confidato il suo stato d’animo: «Sono colpito, ma so di non essere mai venuto meno ai miei principi». La gravità dell’accusa di concorso esterno in associazione camorristica, la (gelida) reazione dei vertici del partito e la furia delle reazioni politiche non hanno lasciato al consigliere regionale altra via che le dimissioni. L’ipotesi degli inquirenti, che gli hanno perquisito l’ufficio e le case di Roma e Teverola, è che Graziano fosse «punto di riferimento» del clan dei Casalesi, «fazione Michele Zagaria». L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, ha portato all’arresto di nove persone, tra cui l’ex sindaco Biagio Di Muro: Graziano si sarebbe adoperato per sbloccare fondi per il restauro di Palazzo Teti, confiscato al padre del primo cittadino di Santa Maria Capua Vetere, Nicola Di Muro, condannato per tangenti. Dalle carte spunta il nome di Alessandro Picardi, compagno della ministra Lorenzin, ma entrambi risultano estranei all’inchiesta.
A Montecitorio, la prima reazione del Pd è di stupore per la pesantezza delle accuse e di solidarietà verso Graziano. Ma il clima, visti anche i toni delle opposizioni, cambia in fretta, cresce l’imbarazzo e cresce il sospetto di giustizia a orologeria. «Renzi è il segretario di Gomorra!», spara su Twitter Riccardo Fraccaro del M5S. «Che tristezza...», commenta Matteo Salvini. E Luigi Di Maio ricorda come Graziano sia stato consulente di Palazzo Chigi per il Programma di governo.
Il pressing del leader del Pd per le dimissioni scatta subito. A metà pomeriggio, per fugare ogni ombra, fonti dell’esecutivo si affrettano a sottolineare come «il governo Renzi non abbia rinnovato alcun ruolo a Graziano perché tale impegno, assunto sotto il governo Letta, aveva una durata di un solo anno, dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2014». Se il Pd campano apprezza l’autosospensione come «atto di responsabilità», la reazione del Nazareno è glaciale. Lorenzo Guerini, senza nominare Graziano, invoca «chiarezza al più presto» ed esprime «incondizionata fiducia nella magistratura». Rosaria Capacchione si dice certa che Graziano dimostrerà la distanza da quegli «affaristi privi di scrupoli e collusi» che avrebbero preso d’assalto il Pd campano. Ma per la senatrice dell’Antimafia il passo indietro è opportuno. «È orrendo – sospira in tv l’ex ministro Fabrizio Barca – Vorrei pure vedere che Graziano non si fosse autosospeso...». La campagna elettorale infuria e Luigi de Magistris attacca: «La rottamazione di Renzi non è mai iniziata, anzi». Ma Graziano si difende, giura di aver «sempre agito nel pieno rispetto dei principi di trasparenza e legalità». Entrato nel Pd dopo la militanza nei giovani Popolari e nell’Udc, fu eletto alla Camera nel 2008 grazie a Marco Follini, che spezza una lancia: «Lo conosco da una vita, sono certissimo della sua correttezza».

Monica Guerzoni

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È stato pedinato in campagna elettorale mentre incontra l’affiliato al clan che chiede favori e intercettato mentre lo ringrazia dopo le elezioni. Per questo Stefano Graziano, presidente del Pd in Campania, è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Accusato di aver favorito appalti in cambio dei voti garantiti dai Casalesi. Sono le registrazioni degli incontri e delle telefonate, ma soprattutto le verifiche svolte dai carabinieri e dalla Guardia di Finanza a delineare il «sistema». Del resto Alessandro Zagaria, l’uomo che teneva i rapporti con Graziano e si sarebbe speso proprio per favorirlo alle Regionali, lo dice in maniera esplicita in una conversazione captata attraverso una cimice: «Io tengo per il Pd».
Fotografie e video degli incontri Gli atti processuali e soprattutto il decreto di perquisizione firmato nei confronti di Graziano dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dal pool di pubblici ministeri – D’Alessio, Giordano, Landolfi e Sanseverino – ricostruiscono l’indagine svolta sull’attività del politico, gli incontri, lo scambio di favori. E soprattutto svelano che in cambio dei voti il leader del Pd in Campania si è attivato per far sbloccare i fondi «per la ristrutturazione di Palazzo Teti Maffuccini, così scongiurando la perdita del finanziamento in favore del comune di Santa Maria Capua Vetere».
Ma lasciano anche intendere che nel fascicolo ci sono numerosi documenti ancora coperti dal segreto, in particolare registrazioni di colloqui diretti tra Graziano e Zagaria che potrebbero delineare altri scenari investigativi. E infatti nel provvedimento i pm sottolineano: «Graziano ha chiesto e ottenuto appoggi elettorali con l’impegno di porsi come stabile punto di riferimento politico e amministrativo del clan dei Casalesi». Allegati al fascicolo ci sono i video e le fotografie scattate dagli inquirenti per documentare gli incontri.
I consensi per la Regione È il 15 novembre 2014, Zagaria parla in auto con l’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere Biagio Di Muro, anche lui finito in carcere nell’ambito della stessa inchiesta. «I due – evidenzia il giudice – parlano di «imprenditori favoriti da piazzare. Poi Zagaria mostra di attivarsi direttamente per sostenere la campagna elettorale di un candidato alle competizioni elettorali di quel periodo (tale Graziano, candidato per il consiglio regionale) e di questo fatto rimprovera Di Muro che, a suo dire, non si sta attivamente impegnando».
Zagaria : devo mettere a lavorare a questo! Ho perso già una... fatica e adesso già stanno lavorando!
Di Muro : Io dovevo fare la riunione e poi andare via
Zagaria : ma tu non ci stare troppo... rimaniamo sempre quelli che siamo. Quello Pasquale... ha detto: io ho fatto il passaggio! Pasquale sei capace di metterti addosso...addosso!
Annota il giudice: «Nel corso della conversazione Zagaria asserisce che il citato Pasquale gli ha proposto di passare con lui».
Zagaria : Hai capito...ti vuoi togliere...mi serve uno come te...ma che c... stai dicendo, io tengo per il Pd.
Aggiunge il giudice: «Nella circostanza riferisce a Di Muro anche la risposta negativa che ha fornito sempre a Pasquale».
Zagaria : Io ti voglio bene a te...tu sei sempre l’amico mio, cosa hai capito? No io ti ringrazio di questa cosa.. No non mi devi ringraziare mai! E già non sta bene...perché noi dobbiamo portare a Graziano e tu non ti fai vedere. Ti dovrei allontanare io a te! O no?
«Domani va a Roma» Lo stesso giorno c’è un’altra conversazione nella quale «si fa esplicito riferimento all’appalto relativo alla ristrutturazione del palazzo Teti Maffuccini e all’aiuto che Graziano dovrebbe fornire affinché il finanziamento possa essere trasferito da un capitolato di spesa a un altro consentendo margini di tempo meno ristretti rispetto al precedente e scongiurare la perdita del finanziamento.
Di Muro : io tengo un santo in paradiso che mi protegge.
Zagaria : come a me! Quando va bene...hai capito?...in grazia di Dio! Quello domani va a Roma e giovedì siamo qua.
Di Muro : giovedì dobbiamo andare da...
Scrivono i pubblici ministeri nell’ordine di perquisizione: «Da alcune conversazioni emerge chiaramente il rapporto sinallagmatico tra il ruolo di Graziano e l’appoggio elettorale che Zagaria si impegna a prestare, contando sulla disponibilità di Graziano quale importante pedina politico-amministrativa necessaria per l’esistenza e l’operatività del clan camorristico di cui Zagaria è certa espressione».
La «riconoscenza» di Graziano Scrivono i pm: «La polizia giudiziaria ha documentato plurimi incontri tra Graziano e Zagaria in un periodo preelettorale e che, ad elezione avvenuta, Graziano ha avuto contatti telefonici con Zagaria dai quali emergeva la riconoscenza dell’esponente politico nei confronti di Zagaria». I testi delle telefonate non sono allegati all’ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri, né al decreto di perquisizione ma fanno parte del fascicolo così come il resto del materiale che documenta gli appuntamenti.
Il giudice parla di un «sistema attraverso cui selezionare gli imprenditori aggiudicatari degli appalti solo perché in grado di pagare la tangente. Un sistema divenuto ormai così totalizzante da rispondere non alle necessità pubbliche e a quelle della collettività, ma teso solo a favorire le persone legate al comitato d’affari attraverso la pressante ingerenza di un imprenditore intraneo al clan come Alessandro Zagaria e del sindaco Biagio Maria Di Muro che si sono appropriati di una rilevante fetta nella gestione degli appalti pubblici per concludere i loro affari. Il tutto in una trama di rapporti intessuti tra persone provenienti da ambiti di criminalità organizzata e pubblici ufficiali, in palese violazioni di legge e con il precipuo scopo di ricavare tutti un vantaggio economico in dispregio della funzione pubblica rivestita e soprattut to a vantaggio dei clan».

Fiorenza Sarzanini