Corriere della Sera, 26 aprile 2016
2016, l’anno dei grandi addii. Valentina Vezzali lascia la scherma
«Una delle qualità chiave nella scherma è la scelta del tempo. Ecco, è il momento giusto per appendere la maschera al chiodo e iniziare una nuova vita». Valentina Vezzali avrebbe dovuto chiudere in giugno all’Europeo. Ma lo farà oggi – in Italia sarà la tarda serata – a Rio de Janeiro, si spera con un altro oro assieme al Dream Team delle lame nel Mondiale del fioretto femminile a squadre, la manifestazione che sostituisce (ma non compensa) la mancanza della prova collettiva nel programma olimpico. L’anno dei grandi addii. Scomodiamo Kobe Bryant? Be’, no: il suo è stato un saluto planetario. Però anche Valentina, in fondo, s’è presa una stagione-passerella. Al Mondiale 2015 aveva infatti annunciato che avrebbe continuato per inseguire, a 42 anni di età, un’ultima chance tra i cinque cerchi e che se l’avesse mancata (così è avvenuto: ai Giochi andranno la Di Francisca e la Errigo, oro e argento nel 2012) si sarebbe congedata in estate. La novità-notizia è l’anticipo dell’addio: «In realtà – spiega regalando un retroscena – la decisione di ritirarmi l’avevo presa nel 2012. Ma l’ho tenuta per me. L’idea di imitare la Idem, che ha proseguito fino a 48 anni? Mai avuta. Ognuno ha le proprie sensazioni: finché le hai, vai avanti. Ma quando si chiude un capitolo…». Per questo ha scelto un beau geste : lasciare spazio a chi verrà dopo, anzi a chi c’è già perché «la scherma italiana ha un ottimo ricambio e un futuro che va oltre i nomi di chi l’ha rappresentata nel corso degli anni».
Lei per venti è stata la più grande, un mito alla Edo Mangiarotti; lei, l’azzurra più medagliata dello sport, è stata la fiorettista delle 11 Coppe del mondo con 79 vittorie, delle (per ora) 65 medaglie (42 d’oro) tra Giochi, Mondiali, Europei, Universiadi e Giochi del Mediterraneo. Lei, beniamina di due presidenti del Cio, Rogge e Bach, ha incarnato l’idea dell’imbattibilità. Oggi, giorno del commiato, salirà sulle future pedane olimpiche che avrebbe sperato di calcare («Arrivare ai Giochi sarebbe stato il massimo, ma essere a Rio è comunque importante») e sperimenterà una situazione inedita: l’ultima lezione gliela farà Giovanna Trillini, l’altra campionessa jesina che ora è maestra e che a lungo ha battagliato con la Vezzali per il primato.
Poi arriverà la lacrimuccia. Si immagina quel momento, le abbiamo chiesto al raduno di Norcia? «Sì, ma non temo di affrontare il futuro: non mi guardo indietro e sono abituata ad affrontare le difficoltà». Come si cambia pelle, allora? La Vezzali risponde di getto: «In fondo non la cambio. Sto vivendo un’esperienza parlamentare e la proseguo: amo lo sport e dello sport c’è tanto bisogno nella società; lavorerò per farlo crescere, voglio restituire quanto ho ricevuto». Provocazione: Scelta Civica, della quale oggi è vicepresidente, non vive i suoi giorni migliori. C’è forse il Pd di Renzi dietro l’angolo, visto che al Mondiale di Mosca era circolata la voce che avrebbe potuto diventare ministro? Vale si rintana come nelle sue proverbiali difese. Inutile strapparle più di diplomatici giri di parole: «Per ora bado a completare il mandato. Mi ricandiderò? Un passo alla volta, non posso dire che tra tot anni sarò ministro o chissà che cosa: per vincere la prima Olimpiade ho impiegato anni di sacrifici».
Sono parole che abbracciano pure una possibile dimensione dirigenziale («Diana Bianchedi l’ha già raggiunta, nel Coni»), anche se la Vezzali II, quella che nasce oggi, prevede ampio spazio per la famiglia. «Sogno un figlio campione? Da mamma voglio solo vedere felici i miei figli. Però, mentre Pietro vuole fare il portiere di calcio, Andrea, 3 anni, il minore, è già un corridore scatenato. Una sera aspettavamo la pizza nel locale di papà. Mi ha sfidato: un chilometro a perdifiato nel centro di Jesi, urlando ‘Vincio io’. Sì, vincio, con la ‘i’». Dalla madre al figlio, certo. Ma il «vincio io» d’ora in poi riguarderà, più che mai, pure la Di Francisca e la Errigo («Sono le più forti: spero in un’altra finale olimpica tutta italiana») e, ovviamente, lei, Valentina Vezzali. Cambierà solo il contesto, giocoforza: «Ma la vita non mi spaventa».