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 2016  marzo 04 Venerdì calendario

StampubblicafogliunitàXIX

Come scrivono Repubblica, Stampa e Secolo XIX, la fusione fra Repubblica, Stampa e Secolo XIX decisa dai tre rispettivi padroni De Benedetti, Elkann e Perrone è una splendida notizia per il pluralismo dell’informazione. Infatti prima c’erano tre giornali con un solo padrone per ciascuno, mentre ora ciascuno dei tre giornali ha tre padroni. La cosa non influenzerà minimamente la libertà dei giornalisti, come hanno assicurato i tre padroni ai giornalisti. Repubblica, Stampa e Secolo XIX hanno dedicato alle parole dei tre padroni tre articoli per ciascuno: non un articolo per padrone, ma tre articoli per tutti e tre i padroni. Che, moltiplicati per tre giornali, fa nove articoli per tre padroni. Il contenuto dei nove articoli è piuttosto simile, anche perché riportano tutti le parole dei tre padroni, un po’ tra virgolette e un po’ no. Le più diffuse sono “svolta storica”, “nuovo polo editoriale”, anzi “super polo”, pardon “nuovo colosso”, ma pure “campione perlomeno nazionale”, “gruppo leader” in Italia ma anche un po’ in Europa, “nuova avventura”, “grandi prospettive”, “nuovo percorso di sviluppo”, “scommessa sul futuro”, “impegno più forte”, “necessario processo di aggregazione”, “multimedialità”, “integrazione”, “mercato complesso”, “coraggio imprenditoriale”, “segno di ottimismo”, “nuova generazione”, “Silicon Valley” (si porta su tutto) e naturalmente sacro “rispetto dei valori d’integrità, indipendenza e autorevolezza” garantito dai padroni ai cari inferiori. Paraponziponzipò.
Non mancano i richiami alla “cultura liberale di sinistra che nasce dall’azionismo” degli incolpevoli “Casalegno, Bobbio, Galante Garrone, Mila, Jemolo” (Galante Garrone raccontava di una cena a casa Agnelli: quando accennò ai suoi trascorsi azionisti con l’Avvocato, la signora Marella lo interruppe: “Anche lei azionista? E di quale società?”). Poi un fuoco di fila di buone notizie. La migliore è che Fiat, anzi Fca “esce dalla stampa” (il fatto che ci resti la famiglia Agnelli che controlla Fca è un dettaglio), così potrà trovare finalmente quel “partner internazionale dell’auto” che ancora non s’è fatto avanti. Poi c’è la somma dei lettori della carta (“quasi sei milioni”: ma sì, facciamo buon peso) e sul web (“oltre due milioni e mezzo”: che faccio, signo’, lascio?), pari al 22-23% del mercato, persino oltre i nostri pur laschi tetti antitrust. In un altro paese si allarmerebbero le authority, la politica, le associazioni della stampa. Da noi si fa il carnevale di Rio. Perepèèèèè.
Ed è proprio la sobrietà delle cronache dei tre giornali coinvolti, mai scevre da spunti critici e dall’esercizio del dubbio, che fa ben sperare nella loro rinnovata, anzi rafforzata indipendenza. Vien quasi da rammaricarsi che la fusione si fermi a soli tre gruppi. Perché, già che ci siamo, escludere gli altri a priori? In tempi di Partito Unico della Nazione, perché non pensare a un Editore Unico della Nazione? In fondo, per dire che il governo ha sempre ragione, che siamo in pieno boom economico e che gli elettori devono guardarsi dal populismo e dall’antipolitica, o per sbattere in prima pagina per due settimane l’ex consigliere M5S indagato per camorra a Quarto (Napoli) e relegare a pagina 98 il capogruppo Pd a Casavatore (Napoli) inquisito per camorra, o il ministro Alfano indagato per abuso, o lo scandalo della norma del governo dell’Abi sui mutui-casa, non occorrono tante testate. Ne basta una e si risparmia, sul personale e soprattutto sulle trombette. Sotto con le nuove fusioni.
Il Foglio, per esempio: perché lasciarlo fuori? Cerasa scrive che pretendere a ogni costo la verità sul delitto Regeni da quel bocciuolo di rosa di Al-Sisi, come fanno colpevolmente Il Fatto e il Corriere, ma non il nostro bel governo, è “speculare su un dramma”. E l’altro barzellettiere – Ferrara, quello molto intelligente – sostiene restando serio che “la fusione elimina i poteri forti”. Slapslap. Si proceda dunque immantinente all’operazione StampubblicafoglioXIX.
E l’Unità, vogliamo forse tagliarla fuori? Il direttore Orgasmo D’Angelis garantisce che va a gonfie vele, con buona pace dei gufi che parlano di “presunte perdite finanziarie” e riferiscono della rabbia di Renzi perché neppure i circoli del Pd vogliono saperne di comprare un giornale che pare il bar di Guerre Stellari, dove scrivono Cicchitto, Rondolingua, Testa di Chicco, Andrea Romano, la fidanzata di Bondi, l’ex portavoce della Fiat e Confindustria e il Gran Maestro della massoneria. Un quotidiano progressista che, per commentare la legge vergogna sui mutui, ne intervista direttamente l’autore: il presidente dell’Abi Patuelli (“Non sono regole per togliere la casa a chi non riesce a pagare il mutuo”, anzi, te ne regalano pure un’altra, di casa, quei samaritani dei banchieri). Giunta al “giro di boa” – assicura D’Angelis, noto erede di Gramsci – l’Unità è pronta ad “accettare e vincere” nuove “sfide”, sempre “per spingere e sostenere il nostro governo” s’intende. Spingitori di governo, raccogliete dunque il suo grido di dolore per reggere insieme “l’urto di chi semina populismi e antipolitica”. In fondo una fusione non si nega a nessuno, tantomeno all’Unità che tanto s’offre (“La Repubblica rimarrà una sorta di nave ammiraglia del sistema mentre alla Stampa sarà assegnato il compito di guardare oltre frontiera, ai paesi confinanti dell’Europa”: tipo Cuneo, per dire). Quindi siamo d’accordo: via all’operazione StampubblicafogliunitàXIX, per il pluralismo e contro i poteri forti. Poi tutti al cinema a vedere Spotlight, per non cadere in tentazione.