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 2016  marzo 04 Venerdì calendario

In Sicilia c’è la prima scuola di mummie al mondo

È la prima scuola di mummie al mondo e non ha niente a che fare con corsi di stregoneria alla Harry Potter né con orrifiche descrizioni di fantasmi bendati pronti a uscire dai sarcofaghi. Una scuola seria, nel cuore della Sicilia, destinata a studenti americani dell’Università del Nebraska e prossimamente anche degli atenei italiani, con tanto di timbri accademici e con un catalogo da fare invidia a quello di Don Giovanni: mummie umide, secche, naturali, artificiali, intatte. Dario Piombino-Mascali, 38 anni, l’antropologo siciliano che da tre lustri frequenta corpi bendati, scheletriti, essiccati con lo stesso entusiasmo che i suoi coetanei riservano alle ragazze in (più) carne e (meno) ossa, aspetta a luglio i primi studenti nella sede della summer school appena allestita: aule e foresteria del convento di Santa Lucia del Mela, paese di nobili origini a una quarantina di chilometri da Messina, nella cui cripta – non a caso – si trova un piccolo tesoro di mummie.
Scienziati forensi
A coordinare i corsi con lui, che è paleoantropologo a Messina e nell’Università lituana di Vilnius oltre che conservatore delle Catacombe dei Cappuccini a Palermo, ci sarà Karl Reinhard, scienziato forense dell’Ateneo del Nebraska. Gli insegnanti sono sei docenti americani, brasiliani e finlandesi, esperti di Dna antico, parassiti, virus e batteri estrapolati da resti mummificati. Costo della scuola: circa tremila euro, coperto da borse di studio per buona parte dei ragazzi. Lezioni in lingua inglese, osservazioni al microscopio, storia, tecnica e teoria. Materie dai nomi esoterici come tafonomia, parassitologia, palinologia. E naturalmente anatomia, museografia, conservazione. Inorriditi? Adesso è difficile parlare di morte, vincere il tabù. Ma dagli antichi Egizi sino agli Anni Trenta del Novecento le cose sono andate diversamente, attraverso tecniche di pietrificazione, eviscerazione, disidratazione, bendaggi. «Un’arte millenaria – dice Piombino-Mascali – interrotta con le due guerre mondiali, quando le perdite umane all’ordine del giorno segnarono una caduta di interesse verso i costumi funebri, verso la dignità del defunto». Già, fino alla carneficina che portò dritto a rapidi funerali o a fosse comuni, la conservazione del corpo è stata una sfida alla morte. Con umanissimi strumenti, dalle antiche tecniche di essiccazione alle erbe, dalle iniezioni di sostanze chimiche alle formule più o meno segrete.
Culto dei morti
«Con questa scuola – dice Dario Piombino-Mascali – il nostro culto dei morti diventa un patrimonio culturale oggetto di studio internazionale». Una consacrazione per la Sicilia che è patria delle mummie, regione d’Italia con il maggior numero di reperti. La collezione più importante è quella delle Catacombe dei Cappuccini di Palermo, con 1.800 corpi custoditi dalla fine del Cinquecento agli inizi del secolo scorso: una Spoon River lunga quattro secoli. Tra gli ospiti ci sono frati, nobili, alto-borghesi, ma anche il cappellaio, il giardiniere, il pianista, l’artista. E Rosalia Lombardo, la mummia meglio conservata al mondo: la bambina morta a nemmeno due anni nel 1920, che ancora sembra dormire con le sue guance paffute e il fiocco sulla testa, capolavoro di Alfredo Salafia, l’imbalsamatore più celebre del tempo. E poi ci sono altri siti dislocati qua e là: Gangi, Piraino, Savoca, Novara di Sicilia, Modica, Burgio, Santo Stefano di Quisquina, Militello Rosmarino. E, appunto, Santa Lucia del Mela. «Sono tutti luoghi che i nostri studenti conosceranno – spiega l’antropologo – ragazzi che frequentano il corso triennale in Scienze forensi, molto orientato alla criminologia e quindi allo studio del corpo e dei suoi processi di alterazione e di conservazione, dalla scheletrizzazione alla presenza di parassiti, dai traumi al calcolo dell’ora della morte. Negli Stati Uniti c’è un modesto patrimonio di mummie conservato nei musei. In Sicilia è tutta un’altra storia». Già, la Sicilia. La Sicilia della festa dei Morti il 2 novembre, la Sicilia della luce e del lutto. La Sicilia del Gattopardo. Se, come diceva il principe Salina, i siciliani si credono dèi, si capisce perché da sempre cerchino di conquistare l’eternità. Almeno quella dei corpi.