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 2016  marzo 04 Venerdì calendario

«È importante che in Libia prendiate la guida dell’azione internazionale. A bombardare provvedono altri». Parla l’ambasciatore Usa a Roma

«Questo tipo di tragedie, con criminali e terroristi che rapiscono persone per riscatti e le usano come scudi umani, sottolineano l’esigenza di indurre i libici a concordare un governo di unità nazionale per ristabilire la sicurezza e avere uno stato di diritto», dice l’ambasciatore degli Stati Uniti a Roma John R. Phillips rispondendo alla richiesta di una sua valutazione sulla morte di Fausto Piano e Salvatore Failla, data per possibile dalla Farnesina vicino Sabratha.
La sorte dei due italiani catturati nel luglio scorso da sequestratori si aggiunge inevitabilmente agli argomenti da trattare nell’intervista per il Corriere. In quasi un’ora, l’avvocato conosciuto per campagne anti-corruzione mandato nel 2013 da Barack Obama a guidare l’ambasciata di via Veneto riferirà che i militari italiani da impegnare in Libia potranno essere «fino a circa cinquemila». Nel respingere le accuse al suo Paese di spionaggio verso Silvio Berlusconi, Phillips aggiungerà che sulla raccolta di informazioni c’è «stretta collaborazione» con l’Italia e che «l’intelligence non è trasparente per definizione». L’ambasciatore spiegherà che a Washington non si aspettano impieghi in bombardamenti degli aerei Tornado italiani già attivi sull’Iraq, mentre ritengono di aver atteso «troppo» per vedere in funzione il sistema di comunicazione satellitare Muos in Sicilia e non desiderano ammorbidimenti nelle sanzioni alla Russia. Nel suo studio, simile per decorazioni dorate e ampiezza a vari uffici di istituzioni italiane, l’ambasciatore riserverà poi un appoggio senza incertezze al presidente del Consiglio Matteo Renzi: «Gli va dato credito. Il referendum sulla riforma costituzionale in ottobre sarà importante. È una riforma necessaria».
Sui due italiani che sono considerati uccisi stava dicendo?
«Mando le mie condoglianze sincere alle famiglie di Piano e Failla, ai loro cari e all’Italia».
Finora la scelta italiana è stata evitare che la Libia diventasse come la Siria, un Paese nel quale a una guerra civile se n’è sovrapposta una tra Stati. La considera giusta?
«Sì. Stiamo lavorando accuratamente con l’Italia. La mancanza di un governo stabile ha reso la Libia un posto attraente per i terroristi. Non possiamo forzare un accordo, però si va verso un governo di unità nazionale che, sulla base della risoluzione dell’Onu, potrà domandare al vostro Paese e ad altri di andare a Tripoli per creare isole di stabilità e progredire da queste. La Libia è la maggiore priorità per voi ed è molto importante anche per noi. È importante che prendiate la guida dell’azione internazionale».
A suo avviso che cosa dovrebbe mobilitare l’Italia per la «forza di sicurezza e stabilizzazione» da mandare in Libia che il ministro della Difesa Roberta Pinotti chiama Liam?
«L’Italia potrà fornire fino a circa cinquemila militari. Occorre rendere Tripoli un posto sicuro e far in modo che l’Isis non si più libero di colpire».
Il contributo statunitense in che cosa consisterà? Navi, aerei e niente truppe?
«Uno dei sostegni sarà l’ intelligence, non abbiamo discusso di nostre truppe».
Nell’utilizzare la base di Sigonella per missioni sulla Libia chiedete qualcosa di più all’Italia?
«Collaboriamo in numerose basi, Sigonella ne è una. Abbiamo da voi 16 mila militari, con i famigliari 32 mila persone. I militari l’anno scorso sono aumentati di un migliaio».
Secondo documenti pubblicati da Wikileaks il suo Paese ha spiato conversazioni di Silvio Berlusconi mentre guidava il governo, di suoi consiglieri e di un diplomatico. Lei è stato alla Farnesina per dare spiegazioni. Che cosa prova l’ambasciatore di una superpotenza a essere convocato nel ministero degli Esteri di un Paese alleato più piccolo? Nell’ufficio del segretario generale della Farnesina Michele Valensise che cosa pensava?
«Conversazione amichevole. Circa Wikileaks la politica di Obama dal 2014 rese chiaro che verso Paesi alleati non raccogliamo quelle informazioni su capi di Stato, di governo e altri».
È ancora attivo lo Special collection service? Secondo Wikileaks è l’ufficio che nelle vostre ambasciate raccoglie informazioni su governi per la National security agency. Funziona anche adesso in questo palazzo?
«Nulla da confermare. Non discutiamo di queste materie in pubblico. Ne parliamo con i nostri partner».
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi ha detto che dopo la sua convocazione lungo i «canali tecnici di collaborazione» continueranno sul caso «ulteriori approfondimenti» con gli Stati Uniti. Come?
«Non so di preciso a che si riferisse. Continua la stretta collaborazione con il governo italiano sulle informazioni di intelligence».
L’Italia manderà in Iraq soldati a difendere la diga di Mosul e ha già inviato Tornado e istruttori per la sicurezza. Vi basta?
«In Iraq l’Italia è uno dei migliori partner, questo mese o il prossimo risulterà il secondo Paese per contributo allo sforzo di 28 nazioni contro l’Isis. Non abbiamo altro che complimentarci per quanto fa».
Secondo alcuni vorreste che i Tornado bombardassero.
«Ci sono contributi diversi da ogni Paese. Sorvegliare dall’altro e rifornire aerei in volo è importante. A bombardare provvedono altri».
In Siria un «cessate il fuoco» è stato possibile dopo un’intesa tra Usa e Russia. Il governo italiano farebbe bene a chiedere di alleggerire le sanzioni imposte a Mosca in seguito all’annessione della Crimea?
«No. Non c’è alcuna connessione».
Renzi dichiara che con le sue riforme sta cambiando l’Italia. Secondo lei è vero?
«Certo. Da Obama e dal vicepresidente Joe Biden ho sempre sentito appoggiare la sua agenda di riforme: di istituzioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione».
A suo avviso perché?
«Negli ultimi 15 anni l’Italia non agito bene come avrebbe potuto: ha il Prodotto interno lordo che aveva nel 2000. Una causa? Serve flessibilità nel lavoro. I manager americani interessati a investire si dicono scoraggiati da come funziona il sistema giudiziario: troppo tempo per far entrare in vigore i contratti. Avevamo problemi simili negli Usa, abbiamo compiuto progressi. Per le aziende il processo decisionale è lento: Renzi lavora per liberare energie. Ma è opportuno tener presente una cosa».
Quale?
«Occorre tempo. Nuovi posti di lavoro non si hanno subito, anche se il Job act sembra vada bene. Sulla riforma costituzionale il referendum in ottobre sarà importante. È una riforma necessaria. Darà stabilità, elemento utile».
Quanto aspetterete per la realizzazione della stazione del programma di comunicazione satellitare Muos, voluta dal Pentagono in Sicilia e approvata nel 2011?
«Abbiamo aspettato troppo. Una corte locale ne ha ritardato ripetutamente la realizzazione. Non sarà a beneficio degli Usa, ma della sicurezza di Italia, Nato e Ue: il governo italiano faccia il possibile perché sia operativa».