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 2016  febbraio 14 Domenica calendario

In Senato iniziano i controlli contro i furbetti

Senatori controllati a vista per verificare che non ci siano furbetti pronti a lasciare il tesserino inserito per far scattare la diaria. Controlli a tappeto con qualche “osservato speciale” da seguire passo passo (anche se questo non si dovrebbe dire). È la stretta del presidente Pietro Grasso, una pagina buia della storia di Palazzo Madama che nessuno avrebbe voluto sfogliare specie alla vigilia delle dismissioni previste dalla riforma Boschi.
Il piano scatterà già martedì quando in Senato si tornerà a parlare di unioni civili. Senatori come scolaretti controllati dai 9 segretari d’aula che a turno vigileranno per verificare che gli assenti non abbiamo “distrattamente” lasciato incustodito il loro badge. Distrazione fatale: lasciarlo nel marchingegno che si usa per votare può evitare una decurtazione di 206,56 euro al giorno e fruttare complessivamente 3.503 euro al mese. Mica poco, insomma.
NIENTE RISSE
I questori Lucio Malan, Antonio De Poli e Laura Bottici ne hanno parlato a lungo giovedì sera dopo che il caso era stato sollevato dal Messaggero. La Bottici (MS5) spiega le contromisure: «C’è stato uno scambio di opinioni, a noi questori compete garantire che in Aula tutto sia regolare, che tutto avvenga senza caos e non ci siano risse. E i segretari intanto dovranno fare il loro lavoro». Ai fini amministrativi è sufficiente essere presente nell’arco della giornata al 30% delle votazioni per avere diritto alla diaria. Occhi aperti dunque.
Chiaro come il sole che martedì tutto filerà liscio. Con i riflettori puntati addosso soltanto un senatore kamikaze, votato al martirio, potrebbe farsi beccare. Il problema è come evitare che in futuro il trucchetto si ripeta. Tenendo conto che deve essere concessa la possibilità di essere presente anche senza partecipare in alcun modo al voto. Che non vuol dire astenersi visto che l’astensione a Palazzo Madama è considerata voto contrario. Ma essere presenti-non votanti. Una quarta tipologia.
I segretari d’aula sono avvisati: Silvana Amati, Rosa Maria Di Giorgi, Angelica Saggese, Hans Berger, Alessia Petraglia, Carlo Pegorer, Raffaele Volpi, Cosimo Sibilia e Francesco Scoma. Dovranno verificare che i loro colleghi siano presenti realmente, in carne e ossa, cioè.
In quanto alla possibilità di risalire a chi in passato ha utilizzato la furbata per intascare illecitamente la diaria, negli uffici del Senato si lascia intendere che la verifica difficilmente potrà arrivare a qualche conclusione, cioè a dare un nome e un cognome ai furbetti, perché «ci vorrebbero troppi controlli incrociati per confrontare i voti e presenze.
E i partiti? Solo il M5S fin qui ha voluto commentare la vicenda, forse per rivendicare una sorta di copyright sui controlli. «Da tre anni – dice Laura Bottici – chiediamo di controllare le tessere dei senatori assenti e di impedire il fenomeno dei “pianisti” cioè dei senatori che votano al posto dei colleghi assenti. Le nostre richieste sono sempre cadute nel vuoto». L’impressione è che nessuno possa però fare la morale agli altri. I furbetti sono ovunque, senza distinzione di partito o gruppo parlamentare. E alcuni privilegi restano patrimonio esclusivo dei parlamentari. Tutti, nessuno escluso.
LA MISSIONE
Un esempio? Gli effetti della legge Brunetta, la decurtazione dello stipendio di ogni indennità in caso di malattia per i primi 10 giorni di assenza (art.71 primo comma del decreto n°112/08). Non solo la legge firmata dall’attuale capogruppo alla Camera di Forza Italia non verrebbe applicata ma anche i certificati medici sarebbero molto rari. «È più semplice far risultare il senatore in missione», azzarda la Bottici, sempre più convinta che il malcostume sia dilagante. L’unica certezza è che nel trattamento delle presenze, delle assenze e nel calcolo delle diarie – concesse anche ai parlamentari residenti nella Capitale – non v’è traccia del rigore che colpisce il dipendente pubblico o privato, decurtato della retribuzione anche per un episodio di malattia di un solo giorno.
TOP SECRET
Intanto continua a sollevare polemiche il richiamo dell’ex Capo dello Stato Giorgio Napolitano. L’appello a lavorare di più «perché 30/40 ore a settimana non bastano». Alcuni lo hanno accolto. Altri non l’hanno presa bene. Il senatore dei Conservatori Riformisti Tito Di Maggio, il gruppo legato a Raffaele Fitto, invita il presidente emerito a dimettersi da senatore a vita e venire più spesso in Aula, «a vedere come viene mortificato il lavoro dei parlamentari». Napolitano ha osato chiedere di lavorare anche il lunedì e il venerdì utilizzando i due giorni che vengono spesi per tornare sul territorio di elezione per il lavoro delle commissioni.
Altro capitolo di un cahier de doléance pieno di annotazioni. Per i membri che si assentano dalle sedute delle commissioni bicamerali, permanenti e speciali è prevista una decurtazione di 500 euro al mese. Ma le presenze contano solo se ci sono votazioni e comunque le presenze non sono pubbliche. Il registro delle firme non si può consultare. È materiale top secret.