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 2016  febbraio 14 Domenica calendario

Ritratto di Bertolaso, uomo buono per tutte le emergenze

Se fosse un film di Fantozzi, il suo biglietto da visita direbbe Bertolaso Guido, Grand. Uff. Cav. di Gran Croc. – secondo le onorificenze del decoratissimo passato. E poi anche un po’ Lup. Mann. per un finale di carriera conseguente allo sputtanamento generale che ogni buon collaboratore di Silvio Berlusconi ha conosciuto, prima o poi. L’ex onnipossente capo della Protezione civile ha trascorso gli ultimi anni in un ospedale di Yirol, nel Sudan, e nelle rare interviste concesse non si negava la contabilità: ricoverati e salvati mille e dieci bambini dalla malaria cerebrale, ha detto a Malcom Pagani, quasi a confermare il giudizio sprezzante di Francesco Maria De Vito Piscitelli, l’imprenditore intercettato mentre rideva pensando al terremoto e ai successivi lavori dell’Aquila: «Un megalomane con il complesso di far del bene». Se davvero Bertolaso fosse megalomane, qualche attenuante gli andrebbe riconosciuta. C’è stato un momento in cui aveva ai suoi ordini 31.447 vigili del fuoco, 9.300 guardie forestali, 68.134 guardie di finanza, 120 mila carabinieri e 110 mila poliziotti; il suo hangar conteneva quindici canadair, sei elicotteri di varie dimensioni e due aerei; poteva mobilitare prefetti e generali per i poteri conferitigli dal presidente del Consiglio; la gente gli scriveva come una volta scriveva a Tonino Di Pietro per affidargli il cuore e l’anima; gli consegnavano premi dai nomi assiomatici, il Premio Bontà, il Premio Ippocrate per la vita, il Premio Marziano.
Se c’era un’emergenza, la risposta era «Bertolaso»: l’emergenza rifiuti, l’emergenza incendi boschivi, l’emergenza terremoto, l’emergenza delle aree marittime a Lampedusa, l’emergenza della bonifica di un relitto, e se le emergenze erano finite si cercava un risvolto emergenziale alla normalità, per cui Bertolaso si occupava anche di piscine olimpiche, mondiali di ciclismo, muri di Pompei («C’erano rischi di crolli ulteriori, erbacce e merde di cane. Dovevo fregarmene?»). Di fronte all’inazione, ha spiegato in seguito, «intervenimmo». E cioè, siccome la politica non faceva nulla, ci pensava lui, libero dalle resistenze burocratiche e per il tripudio di Berlusconi, che aveva finalmente trovato il modo di aggirare alleati e uffici, e di dare corrispondenza alle ambizioni di uomo del fare. Come sempre succede, di Bertolaso si volle sapere tutto, il padre generale e aviatore della Seconda guerra mondiale, la laurea in medicina e la predizione del relatore («lei è un idealista, avrà tante delusioni»), i sogni di ragazzo («curare gli ultimi del mondo»), i viaggi non di birreria in discoteca, ma in Burkina Faso, Mali, Algeria e fino alla direzione di un ospedale dentro una risaia fra Cambogia e Thailandia, da cui rimpatriò portandosi dietro un tricolore liso e sbiadito. Nemmeno un film, proprio un cartone animato, colori vivi e niente sfumature, come i soprannomi: Nembo Kid e Rocky, quest’ultimo guadagnato quando spiegò agli americani che i soccorsi dopo il terremoto di Haiti erano organizzati coi piedi: «Mi fossi comportato così all’Aquila, mi avrebbero dato fuoco». Hillary Clinton inoltrò protesta ufficiale e Dago ironizzò: «Prossima missione? Catturare Bin Laden».
È che a un certo punto Berlusconi ha smesso di essere Re Mida, dispensatore di fortune e successi. Proprio l’opposto: disgrazie e tremende ai migliori amici e agli stretti assistenti (Marcello Dell’Utri, Emilio Fede, Giancarlo Galan per un abbozzo d’elenco), e così è stato per Bertolaso, ricoperto di avvisi di garanzia e rinvii a giudizio, con l’abituale arricchimento di intercettazioni telefoniche a riempire le pagine dei giornali; nella più celebre si leggeva del capo della Protezione civile appena sbarcato a Fiumicino che telefona al Salaria Sport Village per sapere se c’è la ragazza prediletta, poiché gli serve una «ripassata» (la «ripassata» era parte della tangente). Mai detto «ripassata», ha precisato Bertolaso, semmai «rilassata». Comunque, fin qui soltanto proscioglimenti e assoluzioni e un paio di processi ancora aperti. E ora che Bertolaso ha deciso il ritorno, è bello ricordare la confessione di pochi anni fa: «Non ho mai votato per Berlusconi». E invece Berlusconi voterà per lui: più godurioso che catturare Bin Laden.