il Fatto Quotidiano, 14 febbraio 2016
Villari, l’uomo che ha cambiato 11 partiti in 22 anni
Vcome Denis Verdini, il Caronte delle anime azzurre smarrite e da traghettare verso Renzi. “V” come Riccardo Villari, il gaudente senatore napoletano che sta per unirsi alla combriccola. “V” come voltagabbana, e la definizione non può offendere il buon Riccardo.
Villari è uno che ha cambiato 11 casacche senza battere ciglio e senza porsi problema di coalizione: Dc, Ppi, Cdu (nel centrodestra), Udeur (nel centrosinistra), Margherita (quando l’Udeur non si scioglie nel partito di Rutelli), Pd, Radicali italiani, Movimento per le autonomie in Campania, Coesione nazionale, Pdl-Forza Italia e ora il gruppo Gal in Senato.
I suoi passaggi più famosi. Nel 2008 è eletto nel Pd e in pochi mesi già rimpolpa la maggioranza del governo Berlusconi che gli offre su un piatto d’argento la presidenza della commissione di Vigilanza Rai, a discapito del dipietrista Leoluca Orlando. Villari non si schioda dalla poltrona nemmeno dopo che Pd e Pdl trovano un accordo su Sergio Zavoli. Nel 2009 la commissione si scioglie, ma lui cade in piedi e nel 2011 diventa sottosegretario al Mibac.
Nel 2013 viene rieletto, stavolta nel Pdl, e il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi prova a nominarlo presidente dell’Autorità Portuale di Napoli, ma che c’azzecca un medico al porto? “Un medico può fare di tutto”, ironizza Villari. Provano a cucirgli addosso un paio di modifiche legislative per sbiadire la questione delle competenze, ma poi non se ne fa più niente: Lupi perde la voglia di sponsorizzare Villari dopo che questi non lo segue in Ncd, il medico epatologo vivacchia in Forza Italia ed ora è pronto a farsi abbracciare dai verdiniani, coi quali ha già votato le riforme costituzionali di Maria Elena Boschi.
A voler tirare una sintesi brutale, Villari è tutto in queste poche righe e nella storia delle nobili motivazioni dietro i cambi di partito: l’aspirazione a un incarico, la riconoscenza per averlo conquistato, la delusione per non averlo ottenuto. Infatti nella lettera di addio a Berlusconi “c’è stata la presa d’atto di non rientrare evidentemente nei progetti di Forza Italia e di non essere considerato utile né a livello istituzionale, né a livello di partito sia nazionale, che locale”. Ma forse la delusione più grande risale al 2006: Ciriaco De Mita lo voleva sindaco di Napoli. Antonio Bassolino pose il veto. La storia sarebbe stata diversa.
Clemente Mastella, che rivendica il merito di averlo cresciuto politicamente e lo volle al suo fianco come segretario campano dell’Udeur, forse lo ha capito meglio di altri: “Villari è un altoborghese proveniente da una famiglia facoltosa e quindi ha una concezione altoborghese della politica, ma è un po’ sfaticato: mentre nei weekend io giravo sagre e parrocchie del Sannio, lui andava a Capri”.
Meritata, meritatissima, la sua fama di bon viveur. Conquistata tra gli anni 80 e 90 tra le spaghettate e le cene di pesce tra Nerano e Capri e le puntate nelle discoteche napoletane Chez Moi e La Mela. Non porta orologi e così non si stressa. Disse un amico: “Ha sempre avuto belle donne, ma sempre una per volta. E questo gli fa onore”. Barbara D’Urso confessò: “Riccardo è stato il mio primo fidanzatino”. Lui la andò a corteggiare sotto al liceo classico Genovesi di piazza del Gesù, si scambiarono il primo bacio nella Villa Comunale. Erano piccoli, sognavano di fare carriera, ci sono riusciti.