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 2016  febbraio 14 Domenica calendario

Due interviste a Guido Bertolaso

Giovanna Vitale per la Repubblica

Guido Bertolaso nell’arco di una settimana ha cambiato tre volte idea sulla sua candidatura a Roma: prima sì, poi no, di nuovo sì. Come mai?
«Perchè i tre leader di centrodestra hanno accettato la mia idea di allargare alla società civile, andando oltre ai partiti, così che tutti gli scontenti possano dare una mano».
Quindi lei correrà con una sua lista civica?
«In queste ultime 24 ore diverse persone mi hanno dato la loro disponibilità. Credo che si possa coagulare un buon consenso. La sfida è chiara: io non sono un uomo di partito, né a caccia di poltrone. Ci misuriamo non sulle chiacchiere ma sui piani d’azione e di intervento per la città, su modalità e tempi per raggiungere gli obiettivi, non sugli equilibri della politica».
Anche Marchini, il suo competitor interno, si presenta come indipendente.
«Non credo che sappia distinguere tra un Dpr e una delibera comunale. Ci vuole qualcuno che conosca la burocrazia. Un curriculum adeguato. Io non ho mai costruito palazzine a scopo di lucro. Lui è persona di straordinaria capacità, ma forse a Roma, che è in emergenza, serve qualcos’altro».
Cosa ha pensato quando, dopo il suo iniziale rifiuto, la Meloni voleva sostituirla con Rita Dalla Chiesa?
«Che avevano una grande considerazione di me perché lei è una donna in gamba, anche se non so quanto in grado di gestire Roma».
Fra i partiti che la sostengono, i più votati fanno riferimento alla destra dura e pura. Pensa di essere in grado di rappresentarli?
«Io non devo interpretare certe ideologie, ma i desideri dei romani affinché possano tornare a vivere nella città più bella del mondo. Se questo significa andare incontro ai programmi della destra, bene. Altrimenti se ne faranno una ragione».
Lei fu il vicecommissario di Rutelli per il Giubileo del 2000, poi folgorato sulla via del berlusconismo. Alle comunali 2008, fra lui e Alemanno per chi votò?
«Per Rutelli. Io sono un uomo libero. Sabato prossimo mi ha invitato a una sua iniziativa e credo proprio che ci andrò. Ma le dirò di più».
Prego.
«Elezioni politiche 2001, sfida Rutelli- Berlusconi. Chi ha fatto la campagna elettorale di Rutelli? Telefoni a Gentiloni o a Tocci, glielo chieda».
Oggi però corre per il centrodestra, nessun imbarazzo?
«E che problema c’é? La mia storia la conoscono tutti, anche i sassi. Mi rendo conto che in un Paese dove regnano gossip, pettegolezzi, invidie e gelosie uno che ragiona come me può essere vissuto male».
Meno di una settimana fa disse: “Salvini odia Roma”. Ci ha ripensato?
«Era una battuta. Intendevo solo dire che, a chi ha a cuore gli interessi del Nord, può dar fastidio se Roma diventa la locomotrice d’Italia. Esattamente quel che voglio fare io».
Lei parte con l’handicap: imputato in due processi con accuse gravi.
«Io vorrei essere giudicato per ciò che so fare, non per le calunnie. Sarò ricoperto di fango, ma non ho scheletri nell’armadio: sono uno che ha sempre cercato di far funzionare il Paese e perciò ha dato fastidio. Da sei anni, dall’avviso di garanzia per il G8, mi sono affidato alla magistratura. A fine anno quel processo si concluderà. La prescrizione scatterà prima, ma io rinuncerò perché voglio ci sia una sentenza».
Sarà pure fango, ma al Salaria Sport Village con le massaggiatrici c’era lei, no?
«Più che dimostrare che è falso, costruito ad arte, che posso fare? Perciò metterò online tutti gli atti processuali. Credo che i romani siano più interessati a sapere come risolveremo il problema del traffico, delle buche, dei rifiuti: decideranno loro se sono più importanti le risposte che uno come me è in grado di dare o quelle accuse ridicole».

*****

Paolo Guzzanti per il Giornale
Esce di casa sotto la pioggia a Londra per questa intervista telefonica. La nipotina sta meglio e Guido Bertolaso tornerà a Roma fra poco. Poiché ci conosciamo da una vita risparmierò al lettore lo stucchevole uso del lei.Bene, il dato è tratto, e sei in ballo.

«Sì, ci ho pensato bene ma è ora e va fatto. Qui, ragazzi, si tratta di Roma, mica di una cittadina di provincia».

Questo lo sappiamo, ma che intendi?

«Intendo che a Roma gli amministratori non sanno neanche dove stanno le fogne. Nel 2008 quando la piena del Tevere portò il barcone a incagliarsi, chiesi di avere la mappa dettagliata delle fogne. Non c’era. A chi lo chiedo dove stanno le fogne? Ai sorci?».

Tu pensi che una città cosmopolita come Roma, antica e universale possa avere anche un sindaco non romano?

«Neanche per sogno. Roma la deve governare chi l’ha vissuta ai giardinetti durante le elementari, chi l’ha vissuta per la vita, chi ce l’ha negli occhi... Ora Roma è commissariata da persone cresciute a Milano o dintorni. Anche il city manager. Per carità, va benissimo. Ma invece no! Non va benissimo per niente perché Tronca e Gabrielli sono milanesi generosi che danno quel che possono, ma non sono di questa città e no la potranno mai capire, entrare in una sintonia intima, quasi indecente. È possibile che fra tre milioni di romani non si possano trovare le persone adatte? Hanno fatto il nuovo direttore generale dell’Atac e pure lui è milanese».

Che effetto ti fa parlare di Roma stando a Londra?

«Londra è bellissima, ma che cosa ha di suo, di antico di perenne? I musei, gli edifici bellissimi, è la città straordinaria che conosciamo e amiamo. Ma vogliamo fare un paragone con Roma?»

Roma è buche, disservizi, indisciplina, rassegnazione...

«E invece è ora che i romani tirino su la testa. Il primo obiettivo che voglio raggiungere è quello di restituire Roma ai romani. I romani sono stati cacciati via, espulsi da processi governati da incompetenti...».

Di destra e di sinistra?

«Sì, di destra e di sinistra. Non è una questione soltanto politica, è proprio l’amore e la competenza che vanno dedicati a Roma per poterle dare avere che merita. E ai suoi cittadini».

Che cosa temi di più?

«Il fuoco amico. Bisogna stare con gli occhi bene aperti e chiudere la stagione del settarismo politico».

Fine della politica?

«Ma no, fine della politica idiota. La politica è amministrare, cercare le soluzioni, trovarle e applicarle. È di destra o di sinistra? Non lo so, dimmi tu».

Come dice il proverbio, ognuno è di estrema destra nel campo delle cose in cui è competente. Andiamo sul pratico: le buche di Roma su cui tutti ci rompiamo l’osso del collo?

«Lì il problema è capire perché ci sono le buche. Le buche ci sono a causa della mancanza di una cabina di regia dei sotto servizi. Arriva Vodafone e scava una buca, arriva l’Acea e fa un’altra buca, arrivano Italgas o Telecom, idem. Nessuno ha pensato a coordinare, ma soltanto a mettere toppe su toppe. È di destra o di sinistra coordinare e fare le cose in modo razionale?».

Tu hai avuto tutti i tuoi guai giudiziari in via di risoluzione, ma che ti hanno trasformato in un bersaglio. Quando hai accettato l’hai messo nel conto?

«Certo. E giro con l’elmetto in testa. Vedrai che tutto sarà perfettamente chiaro e limpido».

 (Poi annuncia che rinuncerà alla prescrizione, ndr).

E la cultura? Questa parola che ai politici fa portare la mano alla fondina, come diceva Himmler: che farai con la cultura del più vasto bacino culturale del mondo?

«La cultura è stata buttata a mare, anzi a fiume. Scusa: ti ricordi quando è stato l’ultimo concerto di importanza internazionale? L’ultima grande orchestra? Il maestro Muti l’hanno costretto a scappare e si è persa la memoria di qualsiasi evento veramente importante, quegli eventi che si vedono a Londra e a New York e che fanno venire gente dalla Cina. Chi viene dalla Cina per vedere uno spettacolo romano?»

E quindi? Che farai?

«C’è da promuovere tutta la cultura che consiste nei beni culturali che si trovano a Roma e c’è da inventare, creare e svolgere programmi che dettino l’agenda culturale mondiale. Quando a Londra hanno fatto una mostra con un piccolo frammento di Pompei, hanno venduto milioni di biglietti col tutto esaurito».

Be’, Pompei non è a Roma.

«Ma lo spirito è quello. Per esempio, ecco una cosa che mi ha fatto inc...are: tutti se la sono presa per le statue chiuse nelle casse per non turbare l’ospite islamico. Ma nessuno ha notato che il primo ministro Renzi ha usato come cosa sua i Musei Capitolini che appartengono alla città e non al governo. Non è una meschineria: è che ognuno deve governare e usare ciò che gli compete. E questo si ottiene con il rispetto reciproco, Roma non può essere una sorta di luna-park in cui si invitano le celebrità».

E da che cosa dipende questo atteggiamento, se capisco bene, un po’ colonialista dello Stato?

«Dal fatto che ci sono in giro troppe mezze tacche, gente di second’ordine che occupa posti di responsabilità molto più grandi di loro. Ci vuole modestia e competenza. E un amore per Roma, come una vocazione: non puoi venire a fare i sindaco di Roma partendo, che so, da Catanzaro, con tutto il rispetto per i catanzaresi. E tutto finisce in sciatteria, piccole vanità, incompetenza e danni che pagano i romani».

E le immondizie? O meglio: l’immonnezza. Differenziata dura e vera o di pura finzione?

«Sulla differenziata mi trovi preparato. A Napoli sono stato io ad avere risolto la situazione e i risultati sono lì. A Roma faremo anche meglio».

Formerai una squadra importante?

«Gli anni alla Protezione civile mi hanno insegnato sia l’importanza del lavoro collettivo, che delle responsabilità personali. È lì che la buona amministrazione batte le piccole faide politiche: con il lavoro continuo, organizzato, moderno, con le idee e pieno di dedizione per una città di qualità uniche nell’universo, malata e che chiede di essere curata. Se riusciamo. Saranno prima di tutto i romani a vivere meglio. E a testa alta. Ma anche i cittadini italiani saranno fieri della loro capitale. Adesso scappo che ho la nipotina da coccolare. A presto».

In bocca al lupo. Anzi alla lupa.