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 2016  febbraio 14 Domenica calendario

Nel nome della madre, della morte e della coca. Le religioni dei narcos

Nel nome della madre, della morte e della coca, la chiesa della narcoreligione si espande fra il Messico, il Caribe e gli Stati della “Frontera” del Sud America ogni giorno più forte, più sanguinaria e più seguita. Mentre Papa Francesco chiede di combattere «contro la metastasi del narcotraffico che divora il Paese» e s’inginocchia davanti alla mite Vergine di Guadalupe e prega per quella che è, o sembra essere, la forza ancora immensa della Chiesa di Roma in Messico, il culto delle divinità dell’ombra che i vescovi cattolici non esitano a definire “sataniche” conquistano gli spiriti disperati e le braccia violente del narcotraffico. E diventano “Narcoculto”, una nuova mistica della morte che sposa la criminalità spietata dei “boss” della coca alla notte profonda e antica e appassionata della “Santeria” e del “Voodoo”.
Nelle celle delle prigioni messicane, dove sono rinchiusi, almeno fino a quando evadono, i soldati e i generali dell’esercito della droga che ha già fatto almeno 40 mila morti negli ultimi cinque anni in Messico, le guardie carcerarie trovano invariabilmente il santino della massima divinità del Narcoculto, l’immaginetta della “Santa Muerte”, lo scheletro della divinità suprema che protegge e benedice, con il sorriso sdentato del teschio ingioiellato e la falce classica. Se non è lei, è un altro dei grandi santi del culto, Jesús Malverde, un messicano immaginario tratto dalla figura reale di Josè Mazo, un uomo che fra l’800 e il ‘900, rimasto orfano e diseredato, si dedicò a furti e rapine per distribuire ricchezze ai poveri.
Fu catturato e giustiziato naturalmente dopo il tradimento di un Giuda. Nelle città, processioni con la sua immagine si snodano per chiedere la protezione di questo “Angelo dei Poveri”, il Robin Hood dipinto con immancabili baffoni neri sotto occhi febbrili, il “Narcosantòn” che aveva tra i suoi massimi devoti Joaquin Guzman, “El Chapo”. A lui, a Jesús Malverde, il superboss chiedeva protezione dagli arresti, protezione che ora, dopo l’ennesima incarcerzione, sembra essere mancata.
Ma le morti, gli ammazzamenti nelle guerre di gang, le stragi di innocenti e il sangue di poliziotti e militari sparso negli Stati messicani per controllare i flussi della cocaina non dissuadono nè raffreddanno i “fedeli”, dai capi ai loro soldati. Gli agenti della DEA, l’agenzia statunitese per la guerra al traffico degli stupefacenti, raccontano le testimonianze degli arrestati e dei pentiti che ricordano la liturgia dell’affiliazione a bande nel nome dei santi e santoni spesso ripresi da quel culto de “Los Santos” che il sincretismo fra paganesimo e cristianesimo ha diffuso da New Orleans al Brasile, con l’interazione fra gli schiavi africani e le religioni indigene. E arrivano fino a New York dove i tempietti, e i negozi di articoli religiosi dedicati alla “Santa Muerte”, alla regina del Narcoculto, non mancano.
Come tutte le religioni, anche il “Narcoculto” conosce scismi e dissensi al proprio interno. I cartelli del Golfo e la violentissima Gang Zeta venerano la Vergine dello Scheletro, la “Santa Muerte”, mentre i cartelli di Sinaloa e di Sonora preferiscono Jesús Malverde, considerato più abile nel prevenire arresti, vista la sua storia di Robin Hood messicano sfuggito per 40 anni alla caccia dei “Federales”. Membri di culti rivali attaccano e devastano simboli religiosi altrui, come a Houston, dove una grande statua della “Santa Muerte” in un cimitero è stata demolita in una notte.
Una profanazione che ha provocato l’immediata rappresaglia dei suoi fedeli che hanno denunciato una famiglie devota a Jesús Malverde, provocando l’irruzione della polizia. In casa, davanti all’altarino del baffuto Angelo dei Diseredati, gli agenti hanno trovato ossa umane. Il padrone di casa ha spiegato di averle comperate in Rete. Pochi dubbi invece sulla causa di morte di una donna di 60 anni e di due bambini, decapitati da Silvia Meraz Moreno, devotissima della “Santa dello Scheletro”. Un’offerta alla dea, per assicurare la protezione sulla gang della quale Silvia faceva parte.
Come nelle liturgie parareligiose delle mafie italiane ormai ben conosciute e descritte, così il misticismo dei narcotrafficanti messicani è una miscela di superstizione, di autogiustificazione, di fidelizzazione che serve non soltanto a dare identità ai fedeli, ma a rispondere al sospetto di colpa, sublimandolo nell’adorazione di divinità superiori. «Non lo faccio per me, ma per Jesús» disse una “mula”, un trasportatore di coca e di anfetamine fermato in Arizona mentre guidava un minivan ornato da statue e immagini del “Narcosantòn”, come fosse il missionario di una nuova crociata.
Neppure il confinè fra religiosità autentica e alibi mistici per killer è netto, perchè il culto della “Santa Muerte” conta milioni di rispettabilissimi fedeli senza rapporti nè legami con le organizzioni criminali, il più conosciuto dei quali è l’attore Gregory Beasly, che sostiene di avere ottenuto, dopo anni duri, un ruolo nella magnifica serie tv di “Breaking Bad” e nel film “Linewatch” dopo aver chiesto la grazia al teschio con il diadema, presentato a lui da un santone messicano.