Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 15 Lunedì calendario

Vivere a 50 gradi sotto zero per scoprire cosa ci aspetta. Succede alla Bicocca di Milano

A due passi dal teatro Arcimboldi a Milano, bastano pochi metri sotto terra per ritrovarsi fino a 50 gradi. È qui, nelle viscere dell’Università Bicocca che l’équipe di studenti in Scienze dell’Ambiente e della Terra, capitanati da Valter Maggi, ogni mattina indossa tuta, doposci, guanti, cappello e va a lezione. Arrivano anche dall’estero perché il laboratorio di glaciologia Eurocold è un unicum in Italia e, da poco più di due anni, porta avanti la ricerca su campioni di ghiaccio, neve e permafrost per leggervi la storia del clima e, possibilmente, comprendere quello che ci dobbiamo aspettare, inquinamento compreso.
In Europa ci sono altri cinque laboratori simili, ma nei depositi dell’Eurocold, oltre a «carote» di ghiaccio che arrivano dalla Groenlandia e dal ghiaccio del Lys sul Monterosa – il più simile per quota e condizioni ai giacimenti polari – c’è anche un altro tesoro. Il Lab è custode, per conto del Museo nazionale dell’Antartide «Felice Ippolito», dei prelievi effettuati al Polo Sud negli ultimi 30 anni, in collaborazione con la base Mario Zucchelli. «In un centimetro di ghiaccio antartico c’è un anno di vita – spiega Valter Maggi –. Il tempo si intrappola con più evidenza nei ghiacci, rispetto al fondo di un lago dove, solitamente, un centimetro equivale anche a 10 anni». Servirebbero 500mila euro all’anno. «Ci accontentiamo di ciò che arriva, siamo circa duemila al mondo a ricercare sui ghiacci», chiosa il professore. Niente fondi regionali, si guarda soprattutto all’Europa, in concorrenza con tutti gli altri.
Nel lab sono stoccate poco meno di quattro chilometri di «carote» con diametro di 10 centimetri. Se il mondo accademico vuole studiarle, bussa qui: la procedura è rigidissima, il trasporto super delicato: «Spesso ce ne occupiamo noi in prima persona: un errore e il ghiaccio è perso», spiega Maggi. Contro ogni black out le carote non sotto analisi sono conservate in un frigorifero commerciale in Brianza, a prova di black out. Maggi e i suoi hanno contribuito, in Antartide, all’estrazione del ghiaccio più vecchio al mondo, una carota vecchia di 820mila anni. Fra poche settimane si torna ad accamparsi sul Monte Rosa, ma soprattutto si spera, a breve, nell’esito del bando europeo per il Polo Sud: «Stimiamo che ci sia del ghiaccio vecchio di un milione e mezzo di anni». E poi? «Ci leggiamo sia il passato, sia il futuro». La storia del clima, imprigionata nel ghiaccio ci dice che aria tirasse prima dell’era industriale. L’obiettivo è capire con quale velocità le cose evolveranno ora, in tempi di polveri sottili. Misure chimiche, isotopiche, radiazioni riflesse: accanto ai glaciologi, lavorano anche biologi e fisici.Nelle camere fredde, così come in quelle completamente sterili, non si può stare più di due ore. In effetti dopo pochi secondi già a 30°C, le biro smettono di scrivere e le ciglia dei ricercatori si ghiacciano. Persino i computer e strumenti sono tutti coibentati.