Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 15 Lunedì calendario

Gli assenteisti cronici di Modica che non verranno mai licenziati

«Con le nuove norme avrei dovuto licenziarli tutti e svuotare la sede centrale del Comune, invece oggi sono tutti al lavoro». Ignazio Abbate è il sindaco di Modica da due anni e mezzo. Non c’era lui, nel maggio del 2010, quando la Guardia di finanza e la Polizia si presentarono in tutti gli uffici di palazzo San Domenico, sede centrale del municipio, e consegnarono a 106 dei 126 dipendenti un avviso di garanzia per truffa aggravata ai danni dello Stato: tutti assenteisti. Ma ne ha dovuto gestire gli effetti: «Fu un fatto clamoroso – ricorda il sindaco – anche se le posizioni non erano tutte le stesse e per molti si trattava di assenze dal lavoro di pochi minuti. Ma nessuno ha perso il posto o ha subìto una punizione». Gli indagati hanno continuato a lavorare, alcuni hanno pure avuto normali avanzamenti di carriera per l’anzianità di servizio, e questo perché il Comune non può attivare alcun procedimento disciplinare se prima non arriva una sentenza di condanna. E finora non c’è stata alcuna sentenza. Nel frattempo gli imputati sono diventati 81 visto che per alcuni degli indagati il gip ha ritenuto che le assenze fossero talmente esigue da non considerarle reato e qualcun altro è morto. Da poco è ricominciato il processo di primo grado quando ormai manca circa un anno e mezzo alla prescrizione: «Colpa della chiusura del tribunale di Modica per i tagli – ammette uno degli avvocati difensori dei dipendenti sotto processo, Fabio Borrometi – il processo è stato spostato a Ragusa ed è cominciato daccapo, la possibiltà che si arrivi alla prescrizione è alta». Il giudice, Enzo Manenti, è alle prese con una enorme mole di atti e con una lunga sfilza di testimoni di accusa e difesa. Ce la sta mettendo tutta per arrivare a una sentenza, ma non è così semplice: l’altro giorno ha dovuto nominare un perito che esamini 52 dvd pieni zeppi di registrazioni video nelle quali si vedono i furbetti, o presunti tali, del cartellino e si contano, cronometro alla mano, i minuti di assenza dal posto di lavoro. Tempo per consegnare la consulenza, novanta giorni; prossima udienza, il 21 maggio. I testimoni dell’accusa sono poliziotti e finanzieri che sei anni fa condussero l’indagine: «Le condotte fraudolente erano concentrate nei giorni del rientro pomeridiano, il giorno del blitz risultavano presenti in 42 ma 19 non c’erano», ha raccontato il capitano della finanza Vincenzo Bovi.
«C’erano molti che timbravano più cartellini, altri entravano e uscivano senza timbrare», ha precisato l’ispettore di polizia Giuseppe Lorefice. Insomma, pochi dubbi che, almeno nel palazzo centrale del municipio, l’orario di lavoro era un inutile fastidio. «Ma nessuno ci aveva mai detto che per andare da un ufficio all’altro, in una delle dieci sedi sparse del comune, ci voleva un’autorizzazione scritta», racconta uno degli imputati, dipendente del comune da 32 anni. E un’altra, che lavora all’ufficio personale: «Ero dal tabaccaio sotto il municipio per comprare le caramelle, ogni tanto lo facevo, ma non sapevo che non si potesse fare, pensavo bastasse informare a voce il capo». Un terzo: «Il caffè lo prendiamo tutti, il bar è accanto, ma sono solo pochi minuti». Queste sono le posizioni «più leggere», nei due mesi in cui è durata l’indagine hanno accumulato ciascuno quattro o cinque ore di assenza. Discorso diverso per gli assenteisti «seriali»: «Saranno il dieci per cento – dice il sindaco Abbate – ma sono quelli per cui l’indagine è partita, l’andazzo evidentemente era ormai sotto gli occhi di tutti».
In attesa della sentenza, o della quasi certa prescrizione, gli 81 ora sono tutti ligi al cartellino. Solo uno ha preferito patteggiare e però ha raggiunto il limite per la pensione ed è andato via. Un altro voleva trasferirsi in un’altra amministrazione pubblica, a Ragusa, ma lì appena hanno saputo della «pendenza» hanno preferito soprassedere.