Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 15 Lunedì calendario

Come si disegna una Ferrari. Intervista a Flavio Manzoni, il 51enne che ha creato la GTC4Lusso

Partiamo dal nome, GTC4Lusso. Ci aiuta a decifrarlo, Flavio Manzoni? 
«GT sta per Gran Turismo. C per coupé. Quattro sono i posti. Ma anche le ruote motrici e, novità, sterzanti». 
«Lusso», trattandosi di una Ferrari, non richiede tante spiegazioni. 
«Oltre a evocare la 250 GT Lusso, una delle più amate da Enzo Ferrari, la parola si riferisce all’interno: un lussuosissimo ambiente living». 
GTC fa pensare alla 330. 
«Giusto. È un riferimento storico importante, ma citato in chiave moderna solo nello sfogo d’aria del parafango». 
Da dove avete cominciato: un foglio bianco o la FF? 
«Della FF la GTC4Lusso mantiene lo chassis. Quindi siamo partiti da un’architettura in cui gli aspetti fondamentali sono l’imponenza del frontale, dovuta al motore V12, e l’importanza della cabina, comoda per quattro persone». 
Così avete ripreso il concetto di shooting brake. 
«All’inzio non era detto. L’abbiamo confermato per la fruibilità e la versatilità interna che consente, ma lavorando parecchio sul posteriore». 
Molto diverso, nelle proporzioni, da quello della FF. 
«Abbiamo abbassato il profilo del tetto, che tende a scendere più dinamicamente verso il posteriore e incorpora uno spoiler, e reso più campanato il padiglione, in modo da esaltare le “spalle”. Vista da dietro, la macchina ha una sagoma molto piazzata, larga e ben appoggiata sulle ruote». 
Passiamo alla fiancata, con quel motivo che a Maranello definite «a diapason». 
«Nasce dal muscolo del parafango anteriore e tende a snellirsi nella porta, creando un’ombra molto marcata nella parte inferiore, in cui si specchia il pavimento. Tutto ciò alleggerisce il corpo vettura». 
Altri dettagli della fiancata che tiene a far notare? 
«Il muscolo del parafango anteriore, lo ritrovi anche sul posteriore. Il montante C che spinge in avanti e produce un effetto un po’ fastback. Lo sfogo d’aria nel parafango, con i tre deflettori che sembrano sospesi...». 
Dietro, i fanali doppi rimandano alla tradizione. 
«Interpretata in chiave moderna: sono piccoli, tecnologici, incorniciati dallo spoiler inarcato, che dà quell’espressione tipica di tante Ferrari, per esempio la 308. Quando i sottili anelli rossi dei fanali s’illuminano sono bellissimi». 
Finiamo il giro: il frontale. 
«Abbiamo voluto tenerlo più puro possibile, accentuando soltanto i modellati in corrispondenza dei parafanghi. L’ampia “bocca” raccoglie tutte le funzioni della termica, per avere sia lo standing che merita una macchina di questa classe sia un’immagine di potenza. I fari riprendono il tema a “L” delle ultime Ferrari, ma si sviluppano più in orizzontale. Infine, sotto, ci sono due spoilerini, modellati sia per rispettare l’aerodinamica sia per appoggiare bene il frontale sulle ruote». 
Gli interni? La plancia, per una Ferrari, è originale. 
«Ci siamo posti subito obiettivi altissimi. Volevamo che l’auto facesse un salto di qualità e abbiamo cercato un linguaggio riconoscibile come Ferrari, ma molto moderno, avveniristico. Il risultato è un abitacolo quasi da concept car. Partendo dalla plancia, uno degli elementi fondamentali era il nuovo interfaccia, il display touch screen da 10,25 pollici. La questione era delicata perché non siamo abituati a vedere schermi così grandi sulle Ferrari. La soluzione è stata il dual cockpit : la plancia con due lati, uno per il pilota, l’altro per il passeggero. Abbiamo lavorato molto anche sui sedili, ispirati alle nostre sedute racing e con il tipico “disegno Goldrake”». 
C’è più spazio, dentro, rispetto alla FF? 
«Sì. Abbiamo riposizionato il punto H posteriore, in modo da dare più centimetri alle ginocchia. Per lo stesso motivo abbiamo rivisto il retroschienale dei sedili anteriori». 
La progettazione delle Ferrari parte sempre dal dato tecnico: performance, aerodinamica, funzionalità. Ma se a disegnare l’auto sono le esigenze tecniche, c’è spazio per la creatività? 
«Il design comincia dalla consapevolezza del prodotto. In Ferrari si parte da obiettivi di performance, che cambiano da modello a modello: un conto è la F12 Tour De France, dell’anno scorso, un bolide da pista, un altro conto è la GTC4Lusso, che pure dev’essere perfetta nell’aerodinamica. Una volta comprese le esigenze tecniche, la questione diventa come incorporarle in un disegno organico. Ed è questo “come” a fare la differenza: c’è sempre un largo margine di interpretazione, uno spazio per metterci l’invenzione». 
A proposito di abitacoli avveniristici: riesce a immaginare una Ferrari con la guida autonoma? 
«No. Se ti serve per spostarti dal punto A al punto B, l’auto che guida da sé è comoda. Ma le Ferrari non hanno questo scopo prioritario: il sodalizio uomo-macchina, il contatto fisico, la perfetta fusione tra un oggetto tecnico evolutissimo e l’uomo che ha la capacità di portarlo al limite non possono venire a mancare. La guida autonoma è come prendere il taxi. Una Ferrari è, e resterà, puro piacere di guidare».