Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 15 Lunedì calendario

Tamberi, il ragazzo che ha imparato a volare. Il campione di salto in alto è pronto a giocarsi Rio

Spostarsi di cinque centimetri in nove giorni, per noi bipedi abituati a guidare l’auto, è poca roba. «Ma lassù, per aria, cambia tutto. Le percezioni non sono paragonabili a quelle che abbiamo sulla terra. E allora un dito, cioè un centimetro, diventa un Himalaya da scalare. Oppure nulla. Dipende solo da te: il salto in alto, più che uno sport, è una dimensione della mente». 
Gianmarco Tamberi, 24 anni il primo giugno, marchigiano di Civitanova trapiantato ad Ancona, non è mai stato un tipo banale. Figlio d’arte (papà Marco, che lo allena, è un ex saltatore), ex giocatore di basket, ama decollare dalla pedana con metà barba fatta e metà no («halfshave» è diventato un hashtag frequentatissimo sui social): perché porta fortuna, perché fa «tipo», perché al pubblico piace, perché «la mezza barba bisogna saperla portare e meritarsela», ed è verissimo. In nove giorni, volando due metri sopra il cielo, Tamberi junior ha riscritto le regole del salto in alto italiano, mandando un segnale forte agli aironi di tutto il mondo, che ora lo guardano dal basso in alto delle liste stagionali. 
Banska Bystrica, 4 febbraio: 2,35 come Marco Fassinotti, record nostrano indoor; Trinec, 7 febbraio: 2,33 saltando ben 15 volte; Hustopece, 13 febbraio: 2,38, record italiano assoluto migliorando se stesso di un centimetro rispetto al primato all’aperto (2,37, Eberstadt 2 agosto 2015). 
In tempi di whereabouts non compilati o compilati male e processi sportivi che hanno lasciato a bagnomaria 26 azzurri deferiti dalla Procura antidoping del Coni (la richiesta è di 2 anni di squalifica e nella palta è finito anche il fratello di Gianmarco, Gianluca, giavellottista), poter raccontare di salti e misure di valore mondiale dà ossigeno a un ambiente che si avvicina a Rio (meno 172 giorni) con l’ansia di chi sa che i Giochi saranno una resa dei conti, a tutti i livelli. «Non voglio sembrare sbruffone – spiega Tamberi da Ancona, dove ieri ha assistito ai Tricolori Allievi —, ma la mia stagione indoor è puntata sui 2,40: li ho attaccati a Hustopece e non ce l’ho fatta, però sono sicuro di valerli. Quindi, alla fine, in Repubblica Ceca sono rimasto sotto le aspettative...». Non è arroganza, è consapevolezza dei propri mezzi. «Ho lavorato sui dettagli, mi sono allenato bene fisicamente e mentalmente, come se ogni giorno avessi da disputare l’Olimpiade. A Rio ci tengo, eccome». Ma prima ci sono gli Assoluti di Ancona (5-6 marzo) e i Mondiali indoor di Portland (17-20 marzo), «dove vado da numero uno del ranking e voglio fare gara da protagonista». 
Cosa è cambiato nei salti di Gianmarco? «Nulla. La rincorsa, 11 passi, lo stacco, il salto sono rimasti gli stessi. Sono cambiato io, dentro: mi sento più tranquillo quando si alza l’asticella, più solido nell’esecuzione, correggo i piccoli errori in corsa e so sempre cosa fare». Un esempio: a Hustopece ha saltato 2,30 in calzamaglia e canotta da basket. Sintomo di sicurezza assoluta. «L’esperienza, anche quella sfortunata del Mondiale di Pechino l’anno scorso, sta dando i suoi frutti». La nazionale azzurra – Tamberi, Fassinotti, Chesani («È tornato più forte di prima») e la Trost, vincente a Gent (1,90) al rientro – è uno squadrone che a Rio calerà i suoi assi: «Ci spingiamo e stimoliamo a vicenda». E poi c’è il resto del mondo: Baker a 2,36, Barshim a 2,34, Zhang che deve ancora esordire. «Prima erano di un altro mondo, ora so di valere le loro misure. A parte Barshim, che vale 2,50, con gli altri ci equivaliamo: vince chi azzecca la gara. Un limite è difficile darselo. Cominciamo a portare a casa il quarantello ad Ancona, poi vediamo...». Buon volo, Gimbo.