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 2016  febbraio 15 Lunedì calendario

«Permettere alle banche cooperative di scorporare l’attività bancaria creando una nuova S.p.A.». Ecco la soluzione di Nicola Rossi per tutelare le Bcc

«Sul decreto di riforma delle banche di credito cooperativo stanno circolando in queste ore molte interpretazioni inesatte che a loro volta hanno generato un allarme che mi pare francamente ingiustificato». L’economista Nicola Rossi, come suo costume, è abituato a dire le cose chiaramente e senza tante perifrasi. Se tira un sasso non nasconde la mano. Per conto di alcune banche già esterne al sistema Federcasse – la Bcc di Cambiano e la Cassa Padana – ha studiato accuratamente l’argomento e ha elaborato anche uno schema di lavoro che in questi mesi ha avuto modo di illustrare preventivamente alle autorità e ai ministri competenti. Uno schema che darebbe a quelle Bcc la possibilità di «way out» rispetto alla riforma governativa che prevede la creazione di una holding unica e che è stata concordata con il presidente di Federcasse, Alessandro Azzi. 
Il lavoro di Rossi è stato accolto nella forma e nella sostanza da palazzo Chigi ed è diventato la norma aggiuntiva che Matteo Renzi ha introdotto nel vecchio testo appena prima della presentazione in Consiglio dei ministri. Un’operazione di restyling in zona Cesarini che ha fatto parlare di un blitz a favore delle banche toscane e che ha generato le reazioni di alcuni ministri e di una parte consistente del mondo cooperativo. «La soluzione che avevo in mente e che ho messo nero su bianco è molto semplice – spiega Rossi – permettere alle banche cooperative di scorporare l’attività bancaria creando una nuova S.p.A. Il patrimonio resterebbe in capo alla Bcc-madre e quindi non si violerebbe il vincolo costituzionale che ne prevede l’indivisibilità in nome della continuità intergenerazionale. E la nuova banca, controllata al 100% dalla Bcc-madre, potrebbe operare a valle proprio in virtù dei mezzi propri rappresentati dal patrimonio a monte». È la riproposizione mutatis mutandis del modello adottato da tempo dalle assicurazioni Unipol o ancora dall’immobiliare Igd, posseduta dalle Coop della grande distribuzione e quotata in Borsa. 
E proprio in virtù di questi precedenti, quello che abbiamo sinteticamente definito lo «schema Rossi» ha convinto il presidente del Consiglio Renzi a integrare il testo della riforma concordata con Federcasse. «Non c’è nessuna violazione dello spirito e della cultura cooperativa» aggiunge l’economista. Quanto al 20% di prelievo sul patrimonio che la riforma varata dal Consiglio dei ministri di venerdì scorso – senza però che se ne conosca ancora il testo definitivo – prevede per autorizzare l’operazione di «way out» delle singole banche interessate, l’economista sostiene che non si tratta di una «tassa» ma della restituzione all’erario delle risorse risparmiate nel tempo in virtù della legislazione (vigente) di favore per le cooperative. «Pagando il 20% per poter scorporare l’attività bancaria verrebbe nient’altro che ripristinata ex post una condizione di concorrenza leale all’interno del settore, niente di più». Per l’insieme di questi motivi, secondo Rossi, è sbagliato parlare di «trasformazione in Spa mentre si tratta di uno mero scorporo dell’attività bancaria».