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 2016  febbraio 15 Lunedì calendario

A che punto sono le indagini sull’omicidio Regeni

A metà dicembre l’università di Cambridge chiese a Giulio Regeni di intensificare le ricerche all’interno del sindacato. Il ricercatore italiano fu sollecitato ad ottenere maggiori notizie su quanto stava accadendo in quel settore dove forte è l’opposizione al regime del presidente Abdel Fattah Al Sisi. E in questo modo finì in una partita che evidentemente non era in grado di controllare. Vittima di interessi che andavano oltre i semplici approfondimenti sulla realtà egiziana. Per questo bisogna adesso scoprire chi ha ricevuto i suoi «report», soprattutto l’uso che ne è stato fatto a sua insaputa. Gli investigatori appaiono convinti che la sua cattura si inserisca proprio nella volontà degli apparati di sicurezza locali di conoscere l’origine delle informazioni che aveva ottenuto, l’elenco delle persone con cui era in contatto. Carabinieri del Ros e poliziotti dello Sco stanno analizzando i dettagli sulle indagini che filtrano dal Cairo ma valutano con estrema cautela i racconti dei testimoni che si sono affacciati recentemente sulla scena. L’incrocio dei dati ricavati esaminando gli ultimi sms inviati da Giulio ai suoi amici anche attraverso una chat di Facebook, smentisce il racconto del ragazzo che aveva sostenuto di aver visto Giulio portato via da due poliziotti: lui parla delle 17,30 ma due ore dopo scrive alla fidanzata e al professore. Un nuovo depistaggio per impedire che si arrivi alla verità sulla sua fine, all’identità di quegli uomini dell’apparato statale egiziano che l’hanno torturato fino ad ucciderlo.
Le relazioni per l’università
Il pubblico ministero Sergio Colaiocco ha ascoltato a lungo la professoressa dell’università di Cambridge Maha Abdelrahman, punto di riferimento per l’attività svolta da Regeni visto che lei stessa è molto impegnata nello studio delle opposizioni politiche in Medio Oriente. Nei giorni scorsi era stato interrogato anche il professor Gennaro Gervasio, che insegna Scienze Politiche al Cairo e con lui aveva frequentazione assidua, tanto da averlo aspettato anche la sera del 25 gennaio scorso, giorno della scomparsa, e aver dato l’allarme due ore dopo non essere riuscito a contattarlo. Emerge un quadro che riporta a pochi giorni dopo l’11 dicembre, quando il giovane partecipò ad un’assemblea sindacale e si accorse di esser stato fotografato. Proprio in quel periodo gli fu infatti chiesto un impegno ancora più approfondito sulle tematiche che stava seguendo. Perché? A che cosa dovevano servire quelle notizie? E da chi furono usate? L’analisi del computer di Regeni – consegnato dai familiari ai magistrati – potrà svelare a chi furono inviate le sue relazioni, ma il sospetto è che alcune informazioni non siano rimaste in ambito universitario. Qualcuno del suo stesso entourage potrebbe averle «vendute» e ciò ha esposto il ricercatore trasformandolo in un bersaglio per gli uomini della sicurezza egiziana che lo hanno rapito per estorcergli informazioni. La convinzione è che Giulio sia stato torturato a lungo da mani esperte.
L’incrocio degli sms
Da giorni il New York Times si occupa della vicenda, dopo la dichiarazione di un portavoce del Dipartimento di Stato americano che l’8 febbraio scorso, cinque giorni dopo il ritrovamento del corpo, aveva dichiarato: «Osserviamo che le indagini ufficiali sull’omicidio di Regeni sono in corso con la partecipazione degli investigatori italiani». L’American University frequentata dal giovane ha la sede principale a New York. Ma questo non sembra giustificare tanto interesse, anche tenendo conto che i testimoni rintracciati dal quotidiano statunitense non appaiono pienamente credibili. Alle 19,41 del 25 gennaio Regeni scrive un messaggio via Facebook alla fidanzata: «Sto andando dal dottor Hassanein», l’anziano intellettuale esperto di sindacato. Poi scrive anche a Gervasio: «Sto arrivando».
Testi e orari sono stati acquisiti grazie all’esame dei cellulari della ragazza e del docente. Il giovane egiziano sostiene di aver visto Giulio mentre veniva portato via «da due agenti della polizia in borghese» di fronte alla stazione della metropolitana di Bohooth alle 17,30 cioè due ore prima della chat con la ragazza. L’ultimo anello di una catena infinita di misteri.