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 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

Palazzi di vetro, boschi verticali e social housing. Parigi cambia faccia

Palazzi di vetro e cemento ricoperti di piante, come il bosco verticale del nostro architetto Boeri. Palazzi avveniristici con gli archi di acciaio che scavalcano la pèripherique, la tangenziale parigina sempre «bouchée», intasata, in qualsiasi ora del giorno. Torri di legno e acciaio che svettano come nuove Torri Eiffel sul panorama delle banlieues, le periferie.

Un enorme condominio di 18 mila metri quadrati completamente trasparente, completamente ecologico, completamente autosufficiente dal punto di vista energetico.
E ancora: un grande museo della moda, parchi, giardini, scuole, appartamenti destinati al social housing, la vecchia stazione ferroviaria di Paris-Massèna trasformata in una struttura verticale dedicata all’agricoltura biologica mentre la sottostazione Paris-Voltaire si riempirà di sale cinematografiche, ristoranti, palestre, luoghi del relax metropolitano.
È la «Parigi sorprendente del futuro prossimo» come ha twittato e ritwittato una raggiante Anne Hidalgo, il sindaco, felice di aver portato a termine il progetto «Réinventer Paris», reinventare Parigi, un concorso internazionale molto innovativo che, in poco più di un anno (è stato lanciato a novembre 2014) ha mobilitato 650 équipe d’architetti di tutto il mondo e, quel che conta di più, decine di grandi gruppi finanziari, da Bnp Paribas al fondo sovrano norvegese, che si sono impegnati a investire 1,3 miliardi di euro per realizzare i 23 progetti selezionati (su 75 presentati) da una giuria di esperti presieduta dall’assessore all’urbanistica Jean-Louis Missika, in cambio della cessione (in affitto o in proprietà: è ancora da decidere) dei 23 «siti» di proprietà comunale dove sorgeranno tutte quelle meraviglie urbanistiche firmate dagli archistar e ora esposte (fino all’8 maggio) all’Arsenal nel IV arrondissement, nel cuore del Marais.
Insomma, una gigantesca operazione di project financing che, secondo i calcoli dell’assessore alle finanze, Julien Bargeton, membro importante e temutissimo (dalle imprese) della commissione esaminatrice, uno che non ha mai mollato la presa continuando a chiedere ai privati di alzare le proprie offerte, dovrebbe portare nelle casse della Marie 565 milioni di euro sotto forma di oneri di urbanizzazione («recettes») a cui si aggiungeranno, a lavori conclusi, i canoni d’affitto o il prezzo delle cessioni.
Una una nuova vita per stazioni abbandonate, pezzi di banlieue, terreni demaniali senza valore, fabbriche dismesse, resa possibile (se tutto andrà secondo i piani e i gruppi finanziari privati onoreranno gli impegni) grazie anche all’indubbia abilità politica con cui la Hidalgo ha condotto l’operazione, mixando social housing e edilizia di lusso, parchi&giardini e palazzi per uffici.

E così anche l’opposizione in consiglio comunale non ha potuto fare altro che sostenere il progetto «Rèinventer Paris» nonostante le critiche iniziali: i comunisti hanno apprezzato il gran numero di appartamenti destinati alla gente comune, socialmente svantaggiata; gli ecologisti la bioedilizia, i repubblicani l’innovazione urbanistica e il campo libero lasciato ai grandi gruppi immobiliari e finanziari.
I quali, da parte loro, non si sono lasciati scappare l’occasione.

Bnp Paribas, per esempio, associata al fondo sovrano norvegese (il più ricco del mondo, 800 miliardi di attivi), finanzierà con 44 milioni di euro la costruzione di una serie di città multistrati, palazzi eco-compatibili nella zona di Ternes-Villers (17° arrondissement, quartiere alto-borghese), cui si aggiungerà, sempre nella stessa zona, un palazzo davvero avveniristico, un palazzo-ponte sulla «péripherique» disegnato dallo studio tedesco di architettura, Sauerbruch Hutton. «Les Arches Maillots», questo il nome del progetto (perché si trova a ridosso di Port Maillot) costerà 39 milioni di euro (finanziatore: il fondo immobiliare Fonçière des Régions, tra i più grandi di Francia) e sarà, parola del suo progettista, il primo «ponte abitato» al mondo.
Altri 30 milioni di euro li investirà in un paio di progetti la Compagnie de Phalsbourg fondata e guidata da Philippe Journo: «La nuova scena», un grandioso spazio pubblico, teatri-ristoranti-residence-hotel. Ci sarà anche un grande edificio ecologico con il tetto trasformato in un sistema di orti e giardini, la «foresta abitata» progettata dall’architetto giapponese Sou Fujimoto. Hertel Investissement finanzierà con 47 mln il progetto di Riken Yamamoto «Equilibre».
E ci sarà, infine, una nuova università della moda nei locali del vecchio Hôtel de Coulange nel IV arrondissement, cuore storico di Parigi, 1.800 mq destinati ai giovani creatori della moda e del design. Chi lo finanzierà? Provate a indovinare. Sarà Julie Gayet, sì lei la «fiamma» di Hollande che ha un sua piccola pregiatissima holding di partecipazioni nel settore moda-cinema-entertainment, associata in questo caso con Xavier Niel, il tycoon delle telecom, gran patron di Free e concorrente di Bollorè nel riassetto della nostra Telecom. Le vie degli affari, in effetti, sono infinite.