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 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

Deutsche Bank, una nuova Lehman?

Promemoria: l’ultima volta che una grossa banca ha dovuto difendere pubblicamente il suo livello di liquidità il risultato fu un disastro da migliaia di miliardi. Il sito zerohedge.com da anni coltiva dubbi sullo stato di salute di Deutsche Bank, primo gruppo bancario tedesco e tra i maggiori al mondo ed è proprio Deutsche che lunedì sera, con apposito comunicato, ha fatto sapere di avere i soldi per ripagare i bond in scadenza nel 2016 e 2017. Brutto segno, argomenta il sito Usa, chiedendosi: “Deutsche è la nuova Lehman?”. La risposta non esiste, ma la domanda non è malposta: la banca di Francoforte è letteralmente seduta su una montagna di derivati da 52mila miliardi, venti volte il Pil tedesco. Persino la paludata Frankfurter Allgemeine Zeitung s’è impaurita, finendo per mettere sotto processo l’inglese John Cryan, presidente di Deutsche Bank da luglio, dopo essere stato per un paio d’anni a capo dell’audit interno: “Il suo disastro mette a rischio la principale banca tedesca”. Motivo: “Ha parlato male dell’istituto”, “ha fatto luce sulle sue debolezze, dimenticando i punti di forza”.
 
Miliardi di perdite e un bagno in Borsa
La Faz è ingenerosa: Cryan è stato chiamato in estate proprio per mettere ordine nei conti e rimettere in sesto l’immagine di Deutsche Bank, più che appannata da una serie ininterrotta di scandali. Il mercato, per ora, ha reagito male: dopo aver fallito gli stress test della Bce a marzo, nell’ultimo trimestre la banca ha dichiarato perdite per 6,2 miliardi nel 2015 dovute all’esigenza di adeguare i requisiti patrimoniali per 5,8 miliardi, ad accantonamenti per i contenziosi legali per 1,2 miliardi (più 3,2 miliardi precedenti) e a una svalutazione da 600 milioni della partecipazione nella Hua Xia Bank.
Cryan ha anche presentato il suo piano industriale straordinario: Deutsche uscirà da 10 paesi, licenzierà 25mila dipendenti (su 100mila), venderà Postbank e le attività in Cina per tagli da 3,5 miliardi entro il 2018. Al momento, però, non pare aver convinto nessuno. Il titolo Deutsche Bank ha toccato ieri il suo minimo storico: cinque anni fa ogni azione valeva 46,10 euro, a fine 2015 22,6 euro, ieri 13,18 euro.
 
I mercati non si fidano: prezzi dei Cds alle stelle
I segnali che arrivano dalle Borse, però, se possibili sono anche peggiori del valore delle azioni. Il prezzo dei Credit default swap (Cds) – cioè l’assicurazione sul rischio di Deutsche Bank – da inizio anno è schizzato in alto. Per Bloomberg, i Cds sulla banca di Francorte viaggiano oltre i 440 punti base, a livelli da crisi dei subprime (2011) e quelli sui cocobond (subordinati particolarmente rischiosi) è raddoppiato in un mese. I segnali di sfiducia si vedono anche sul mercato secondario: un’obbligazione subordinata con scadenza al 2025 e rendimento al 5,5% – spiegano gli analisti di Consultique – ieri era quotata a 81 (era a 99 a dicembre e a 90 due settimane fa); un bond simile di Intesa (scadenza 2026 e rendimento al 4,25%) ieri valeva 97. Ora, rivela il Financial Times, Deutsche è pronta a un enorme piano di riacquisto del proprio debito, a partire dai cocobond.
I fondamentali, d’altronde, segnalano le difficoltà: l’indice Cet1, che misura la solidità di una banca, è sceso dall’11,7% di fine 2014 attorno all’11%. Un report di Citigroup, citato da zerohedge, lancia un allarme più specifico: Deutsche ha una leva finanziaria così bassa da essere sospetta, inferiore ai concorrenti e agli obiettivi dell’azienda; questo può indicare “un deficit di 15 miliardi” che “rischia di rendere necessario un aumento di capitale fino a 7 miliardi”.
 
Un mare di derivati che la Bce neanche vede
Disse Cryan pochi mesi fa: “Non possiamo più permetterci di dirottare la maggior parte delle nostre risorse nell’attività di banca d’affari e nei derivati”. Il presidente di Deutsche ha i suoi buoni motivi per preoccuparsi: nel bilancio 2014 l’esposizione in derivati ammontava a 52mila miliardi di euro, circa 20 volte il Pil della Germania, circa 5 quello dell’intera Eurozona. Se si analizzano i numeri si scopre che l’istituto ha più che raddoppiato la sua esposizione in questo settore dal 2004 (vedi tabella): il sottostante dei derivati, allora, erano 21.541 miliardi, nel 2008 47.223 miliardi, nel 2011 la cifra record di 59.195 miliardi. Nel frattempo è cambiata la natura dei derivati di Deutsche: sono aumentati molto quelli con scadenza inferiore a un anno, mentre diminuivano quelli con durata superiore a cinque anni. Infine il valore netto, cioè perdite o guadagni potenziali: a bilancio risulta negativo tra il 2004 e il 2007, per passare in positivo dal 2008 in poi stabilizzandosi attorno ai 20 miliardi negli ultimi 4 anni.
L’analista Alfonso Scarano spiega i suoi dubbi: “C’è qualcosa di troppo stabile in questa struttura di numeri negli ultimi anni: prima era più ballerina. E poi non è stata spiegata la dinamica del raddoppio dei derivati a cavallo della crisi del 2008”. C’è poi un’ultima cosa da notare: “La Bce si concentra molto sul rischio dei crediti deteriorati, mentre si è astenuta dal fare un’analisi analoga e approfondita sui derivati. Eppure il rischio sistemico forse è anche maggiore”. Basti ricordare cosa successe ad Aig dopo Lehman.
 
Nove miliardi di multe e seimila cause
John Cryan ha rivelato che Deutsche Bank ha pagato negli ultimi tre anni multe per 9 miliardi di euro. Quella più grossa è per lo scandalo Libor, in cui la banca tedesca è stata accusata di manipolare a suo vantaggio i tassi di cambio: 1,7 miliardi per chiudere la partita in Europa, 2,1 miliardi per tacitare Washington e Londra. Al netto delle cause ancora in corso, Francoforte ha già preso una multa nel 2011 anche sui mutui subprime (150 milioni); un’altra dalla Sec americana per aver nascosto perdite per oltre un miliardo (55 milioni) e un’altra ancora per aver operato con Paesi sotto embargo (258 milioni).
Ci sono poi le inchieste in casa per evasione e riciclaggio dopo aver manipolato il mercato delle emissioni di Co2; una in Svizzera per aver truccato il mercato dei metalli preziosi; indagini per riciclaggio nella sede di Mosca e una class action negli Stati Uniti per un software per truccare il mercato delle valute. Pure in Italia Deutsche è indagata per il derivato Santorini stipulato con Mps. Credit Suisse, per dire, pensa che nel 2016 arriveranno sanzioni per altri 4,7 miliardi. E pensare che l’Ue – via Troika – ha salvato Deutsche da ingenti perdite in Grecia, Irlanda, Portogallo, etc. Altrimenti parleremmo di tutta un’altra storia.