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 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

Il virus dell’Hiv sa replicarsi anche quando non si vede

Il virus dell’Hiv ha capacità insospettate. Sa replicarsi e infettare cellule nuove anche durante la terapia antiretrovirale. E lo fa riuscendo a rendendersi invisibile, tanto da non lasciare traccia negli esami dal sangue. Conseguenza: illude i pazienti di essere liberi dall’infezione o, almeno, di averne bloccato la diffusione, anche se non è così. Non è quindi possibile eradicare completamente l’Hiv dall’organismo: non per colpa di cellule infette «dormienti», ma perché il virus continua a diffondersi incessantemente, attaccando una serie di piccole nicchie.

A smascherare l’esistenza di questi «serbatoi virali», che vengono alimentati via via da nuove cellule infette, è uno studio della Northwestern University (Usa). I ricercatori – spiegano in un articolo su «Nature» – hanno analizzato l’Hiv presente nei linfociti del sangue e dei tessuti linfonodali di tre pazienti, infetti all’inizio e dopo sei mesi di terapia, quando i livelli del virus erano al di sotto del limite di misurazione, vale a dire uno dei criteri che indicano che la terapia antiretrovirale ha raggiunto la massima efficacia.
Grazie all’analisi i ricercatori hanno dimostrato che il virus, anche in presenza di terapia, continua a riprodursi a bassissimi livelli nei linfonodi, un tessuto in cui i farmaci fanno fatica a penetrare. E non solo. Sequenziando il genoma virale, è stata anche ricostruita l’evoluzione dell’Hiv nel tempo.
«I risultati dello studio – commenta Giovanni Maga, virologo dell’Istituto di genetica molecolare del Cnr, autore del libro “Aids: la verità negata” (Il Pensiero Scientifico Editore) – hanno dimostrato che l’assenza del virus nel sangue non significa che l’Hiv non continui a riprodursi. La replicazione, infatti, consente al virus di generare nuovi “serbatoi” di latenza per tutta la vita del paziente».
Un altro paradigma dominante scardinato dallo studio riguarda il contenuto degli stessi «serbatoi virali». Finora si era convinti che contenessero solo cellule infette, «messe a riposo», e non cellule infette nuove, perché nessuno è mai riuscito a osservare il virus con nuove mutazioni genetiche. Ora, invece, il team americano ha capito che la replicazione nei linfonodi non porta alla comparsa di mutanti resistenti solo perché la concentrazione dei farmaci che penetra in quelle aree è talmente bassa che il virus non ha bisogno di mutare per combatterne l’azione.
«Le implicazioni sono molto importanti – sottolinea Maga -. Infatti, se non si riuscirà a migliorare la penetrazione dei farmaci, non sarà mai possibile eliminare tutti i serbatoi di latenza. Inoltre, lo studio – continua – ha chiaramente dimostrato che l’Hiv è in grado di proliferare in particolari organi, anche in presenza di terapia, senza bisogno di accumulare mutazioni di resistenza. La speranza di curare i pazienti, vale a dire di eradicare completamente il virus, passa adesso attraverso la nostra capacità di colpirlo nei “santuari” in cui è così abile a nascondersi».
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