Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

Bloomberg vuole correre come indipendente

C’era un convitato di pietra, ieri nei seggi del New Hampshire, non proprio benvenuto. Si chiama Michael Bloomberg, che ha confermato al «Financial Times» la tentazione di candidarsi alle presidenziali. Preoccupa non tanto per il risultato che potrebbe ottenere, quanto per quello che la sua pazza idea dice sulla stato della campagna.
Nei diners di Manchester, dove il giorno del voto gli elettori delle primarie aspettano i candidati che vengono a corteggiarli, l’attenzione era tutta puntata sulla corsa di ieri.
L’«antipasto»
Nonostante la nevicata del giorno prima, gli analisti si aspettavano un’affluenza record, che era cominciata col tradizionale antipasto di Dixville Notch. In questo villaggio di 32 abitanti al confine col Canada si va alle urne a mezzanotte, come fosse la messa di Natale: Sanders ha battuto Clinton 4 a 0, mentre Kasich ha superato Trump 3 a 2. I sondaggi della vigilia erano abbastanza chiari. Fra i democratici Sanders, che viene dallo Stato confinante del Vermont e punta sull’elettorato bianco, aveva un netto vantaggio. L’unico dato da chiarire sembrava se Hillary avrebbe perso con una percentuale in doppia o singola cifra, e nel primo caso c’era già chi prevedeva una rivoluzione nel suo staff, se fosse stata una disfatta. Tra i repubblicani Trump era favorito, e l’attenzione era tutta centrata sul secondo posto, che Rubio, Bush, Kasich e Christie volevano sfilare al vincitore dell’Iowa Cruz, per rilanciare le proprie campagne.
L’effetto sorpresa
L’elemento comune a entrambi i campi è l’insoddisfazione dei loro elettori, che comunque hanno manifestato un forte sostegno per i candidati insurrezionali Donald e Bernie. Questo motivo, ma soprattutto l’inadeguatezza dei loro programmi e la superficialità del dibattito, hanno spinto Bloomberg a considerare una sua candidatura autofinanziata, come democratico o più probabilmente come indipendente. L’ex sindaco di New York prenderà una decisione all’inizio di marzo, e se si presenterà, tutto quello che abbiamo detto e scritto finora sulle primarie perderebbe significato.
Il miliardario liberal
Gli analisti prevedono che la campagna sarebbe molto difficile per lui, viste le posizioni liberal sui temi sociali, e conservatrici su quelli economici. Gli elettori vicini ai repubblicani non lo voterebbero, perché è favorevole all’aborto, alla limitazione delle armi, alle iniziative ambientali per contrastare il riscaldamento globale. Quelli vicini ai democratici, il fenomeno è la crociata anti Wall Street di Sanders, non potranno abbracciare un miliardario. Lui invece pensa di avere una possibilità, proprio perché i termini del dibattito avvenuto finora gli aprono la porta per attirare gli elettori indipendenti e cambiare l’intera dinamica della corsa. L’altra analisi da fare, se si candidasse e non vincesse, è chi danneggerebbe di più. Qui prevale l’idea che porterebbe via voti soprattutto a Hillary, condannandola alla sconfitta come aveva fatto Ross Perot con Bush padre nel 1992.
Comunque vada, il solo fatto che durante il voto di apertura nella corsa alla Casa Bianca si facciano simili ragionamenti, è indicativo dello stato dell’arte. Il fantasma di Bloomberg aleggia, per i limiti mostrati da tutti gli altri candidati.