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 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

Il Movimento è ossessionato dai soldi

Il motivo è: «$$$$$$$$$». Almeno secondo l’interpretazione su Facebook dell’onorevole a cinque stelle Donatella Agostinelli, a proposito di una delle tante scissioni. Precisa, diretta, senza giri di parole. Pensiero invece già più articolato per il collega cittadino Cristian Iannuzzi: «Lasciano per non ridare i soldi, sono peggio della casta». Questa tendenza genovese del Movimento – la chiamiamo così non per dileggio, ma in ambizione sociologica – non può che discendere da Beppe Grillo. Un giorno, era il marzo del 2013, il Garante stava entrando al Quirinale per le consultazioni con Giorgio Napolitano e, ai giornalisti che lo invocavano, mimò il gesto dei quattrini; avrebbe potuto fare quello dell’ombrello, o il dito medio, e invece sfregò le tre dita sebbene non se ne sia mai capito il motivo. Una reazione spontanea, e ci sono cronisti che hanno telefonato a Grillo mentre era all’estero, e ricordano il suo rantolo di dolore: «Ma quanto mi costa?». Se non fosse così genuino, Grillo non avrebbe capito qual è l’unica cosa che interessa agli elettori: i soldi. Il resto, dai matrimoni gay al premio di maggioranza, è fumisteria da accademia. Il problema è che le buonissime intenzioni della rinuncia parziale ai contributi elettorali, del restitution day coi parlamentari in posa per la foto dietro al maxiassegno, e poi degli scontrini delle origini, con l’andar del tempo sono diventate diagnosticabili come disturbi ossessivo-compulsivi. Altrimenti come catalogare il seguente scambio di opinioni fra Ivan Catalano e Chiara Di Benedetto? «#tirendiconto?», «ma #renditicontote?», dove il gioco di parole è su “rendicontazione”. Poi il resto del dialogo girava su un più classico «restituisci il malloppo», «mostrami il bonifico» eccetera. Oppure, come catalogare la guerra scatenata un anno fa a Ragusa contro il concerto di Claudio Baglioni, con quel che costa, proprio mentre i cittadini dovevano raccogliere il necessario per la Tari?
Il progetto, giuridicamente stravagante, di far pagare 150 mila euro ai consiglieri comunali romani in caso di dissidenza (gli europarlamentari dovrebbero pagarne 250 mila) è l’approdo di una mania che ha portato Roberta Lombardi a chiedere on line che fare con gli scontrini del caffè perduti, che ha portato Adriano Zaccagnini (ora fuoriuscito) a promettere la restituzione del corrispettivo di un pranzo consumato al ristorante della Camera («pensavo di risparmiare»), che ha portato il deputato Carlo Sibilia a progettare il recupero dell’evasione fiscale dei narcotrafficanti. Vivere in due in un appartamento di 60 metri ed evitare i locali più costosi del centro è encomiabile, finché non lambisce la parodia. I duelli sul filo della lama per cinquanta centesimi, o il coro «restituite i soldi anche voi», intonato come passepartout ogni giorno, e su ogni argomento, compresi quelli che non c’entrano nulla, ha portato uno dei cinque stelle meno robotici, il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, a dare un prezioso suggerimento: «Meno scontrini, più contenuti».