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 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

Salvarsi della leucemia grazie a una campagna virale. È successo a Lara

«Anche se a farmelo non è stato il mio ragazzo, è il più bel regalo che potessi ricevere per San Valentino». Così Lara Casalotti, la ragazza italo-thailandese di 24 anni affetta da leucemia, racconta a Repubblica l’emozione di aver trovato la sua metà genetica. Grazie alla campagna virale “#Match4Lara”, che ha raggiunto milioni di persone nel mondo e ha ricevuto anche il sostegno di personaggi come il primo ministro britannico e la scrittrice J.K. Rowling, Lara ha trovato un donatore compatibile prima di aprile, il termine ultimo fissato dai medici per salvarle la vita. Lo ha annunciato lei stessa, sorridente, in un video: se tutto andrà bene, il trapianto si farà il 10 marzo prossimo.
Repubblica l’ha raggiunta a Londra, all’University College Hospital dove sta facendo un secondo ciclo di chemioterapia, per farsi raccontare le emozioni di queste ore.
A due mesi dalla diagnosi di leucemia, come si è sentita quando il medico le ha comunicato di aver trovato un donatore compatibile?
«La prima cosa che ho fatto è stata lanciarmi addosso a mia madre e lasciarmi stringere come quando ero piccola. Ho sempre cercato di essere forte, ma quando mi hanno dato la notizia mi sono lasciata andare. Ho provato una gioia immensa, sollievo e anche eccitazione quando l’ho condiviso con chi mi è stato vicino in questi mesi, sostenendomi e lavorando con entusiasmo e impegno per la campagna #Match4Lara».
Nel mondo, sono pochissimi i donatori di midollo con genitori di origini sia asiatiche sia europee. Si aspettava di riuscire a trovarne uno?
«Io e la mia famiglia non avevamo idea che la campagna online si sarebbe diffusa così tanto. Ed è stato proprio grazie ai tanti messaggi ricevuti che sono riuscita restare ottimista e positiva. Ma sono rimasta sempre con i piedi per terra: sapevo bene che le statistiche giocavano a mio sfavore. Sono rimasta scioccata quando ho saputo che nei registri delle donazioni c’è solo il 3% di donatori di razza mista. Non avevo davvero chance, era come cercare un ago in un pagliaio. Ed è per questo che sono profondamente grata di aver trovato un donatore: è incredibile pensare che, tra 25 milioni di persone, questa è proprio quella giusta per me».
Tenterà di contattarla in qualche modo?
«Naturalmente non so nulla del donatore, né lui di me. I medici mi hanno spiegato che c’è una compatibilità di 9/10 sugli Hla, cioè gli antigeni leucocitari che servono proprio a individuare un donatore idoneo. So che potrò mettermi in contatto con questa persona, ma sempre attraverso un’associazione no profit, perché la sua identità deve restare segreta per almeno due anni».
Dove farà il trapianto e cosa la aspetta dopo?
«All’inizio di marzo all’University College Hospital di Londra, dove sono in cura. Circa dieci giorni prima, farò un ciclo di chemio e radioterapia. Dopo il trapianto, dovrò restare almeno sei settimane in ospedale. E anche quando potrò tornare a casa, per altri tre mesi dovrò stare molto attenta a evitare infezioni, il che vuol dire niente luoghi affollati, come cinema e ristoranti. Dopo sei mesi, potrò tornare ai miei studi e alla mia vita. Nel frattempo, cercherò di mantenermi Zen con lo yoga, che continuo a praticare anche in ospedale e che mi è stato di grande aiuto a livello sia fisico che mentale».
Sui social, in tv e sui giornali, molte persone stanno seguendo la sua storia. A loro cosa vuol dire?
«Anche se io ho trovato il mio donatore, ci sono ancora moltissime persone in attesa e bisogna continuare a sensibilizzare. In Italia, per esempio, alcuni miei amici stanno organizzando un evento alla Bocconi di Milano. Perciò, invito tutti ad iscriversi al registro dei donatori, per salvare la vita di qualcun altro che ha un tumore del sangue. Proprio come è successo a me».