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 2016  febbraio 10 Mercoledì calendario

Grillo, dal Vaffa day alle adozioni

Grillo ha lasciato libertà di voto sulle adozioni non solo per assecondare le perplessità emerse dai sondaggi, o per mettere in difficoltà il Pd. Grillo tiene conto del proprio elettorato, che in buona parte non è un elettorato di sinistra. E tiene conto della propria coscienza, che sui grandi temi della modernità ha sempre espresso preoccupazioni, rigetti, rifiuti.  Undici anni fa, quando ancora il Movimento 5 Stelle non esisteva, Grillo criticò il referendum per abolire la legge restrittiva sulla fecondazione assistita, perché «della fecondazione abbiamo fatto un mercato. È una trasformazione epocale: la vita che un tempo apparteneva alla religione, alla patria, alla rivoluzione, ora appartiene al mercato.
Ne parliamo come un allenatore parla della sua squadra, come qualcosa di cui si può disporre. Abbiamo manipolato la vita, l’abbiamo clonata, riprodotta in provetta, comprata e venduta. L’abbiamo privatizzata.
E si sa dove finiscono le cose privatizzate: non a una persona con nome cognome e odore, ma a una società anonima con fermoposta alle isole Cayman». E concludeva: «Mi fa orrore la sinistra che si occupa solo di crescita economica,  di Pil. Se io vado contro un muro e sfascio la macchina, il Pil sale. Nei Paesi devastati dallo tsunami, il Pil salirà. Se avessero messo in rete la notizia qualche ora prima, in centomila sarebbero ancora vivi». 

Fin dal suo esordio in politica, con il Vaffa Day convocato non a caso a Bologna, la sinistra è sempre stata il suo bersaglio grosso. Nel comizio di San Giovanni, con cui concluse la trionfale campagna dell’inverno 2013, disse che Bersani – che chiamava Gargamella – era «peggio di Berlusconi. Quello si vede che mente. La sinistra finge di opporsi e invece ha governato con lui. Si sono passati la borraccia come Coppi e Bartali. Bersani è un parassita che deve finire sotto processo insieme con tutti i capi della sinistra dal ‘95 a oggi per lo scandalo Montepaschi, il più grave della storia della Repubblica: ventun miliardi di buco!». Non a caso il Pd non aveva bloccato lo scudo fiscale; «per far rientrare le tangenti pagando solo il 5%». 
Siccome il Paese è a destra, ma la cultura politica è a sinistra, Grillo viene spesso confuso con il nuovo Bertinotti, capo della sinistra radicale, o con un emulo di Nanni Moretti, l’uomo di spettacolo che attaccava la classe dirigente gauchista, ma sempre restando nel recinto tradizionale («avremmo dovuto parlare meno dell’Unione Sovietica e più dell’Emilia Romagna» disse all’apice della stagione dei girotondi, sempre in piazza San Giovanni). Ma Grillo è un’altra cosa. È la versione italiana di un fenomeno mondiale: la rivolta contro le élite, l’establishment, le forme tradizionali di rappresentanza; «noi» contro «loro», popolo contro partiti, sindacati, banche, burocrati. Un fenomeno che altrove può essere deviato a destra – Trump, Farage, Marine Le Pen – o a sinistra: Sanders, Corbyn, Iglesias. Grillo invece sfugge alle categorie politiche tradizionali. Al suo fianco chiama Dario Fo, ma anche Celentano. In Parlamento porta «ragazzi che sembrano usciti dai centri sociali», come dice Berlusconi; ma poi interviene per frenarli, ad esempio sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina. 
Questa nuova frenata sulle unioni civili non deve sorprendere. Può deludere. Può essere considerata opportunista e calcolatrice, oltre che debole sul profilo logico: come possono avere libertà di coscienza parlamentari cui Grillo vorrebbe imporre il vincolo di mandato, per ridurli a portavoce degli elettori? Ma è una frenata conseguente sia alla posizione critica del fondatore – e di Casaleggio – sulla modernità, sia all’insediamento elettorale dei Cinque Stelle. 
È vero che alle politiche del 2013 il Movimento sottrasse negli ultimi giorni almeno il 5% al Pd di Bersani, anche sull’onda emotiva di San Giovanni. Ma furono molti di più i voti intercettati a Berlusconi e alla Lega. Allo stesso modo, se oggi un transfuga antirenziano del Pd si riconosce più facilmente in Grillo e Di Maio che in D’Attorre e Fassina, sono comunque molti di più i voti che Grillo raccoglie tra i commercianti schiacciati da Amazon e dalla globalizzazione, tra le vittime del fisco e della malagiustizia, tra i «piccoli» diffidenti dello Stato, nel Sud che allo Stato non ha mai creduto; in un’Italia che un tempo si sarebbe definita di centrodestra, e oggi è all’opposizione di un sistema economico e sociale da cui si sente sorvolata e tagliata fuori. Un’Italia cui le unioni civili e le adozioni dei figli biologici possono non apparire, come sono, il riconoscimento inevitabile della realtà, ma una perdita di tempo, o peggio l’ennesimo segnale di resa a un mondo ostile e alieno.