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 2016  febbraio 09 Martedì calendario

Il ruolo decisivo dei carcerati nella nascita di un nuovo partito (della nazione)

Quando si costruisce un partito nuovo, il carcere gioca spesso un ruolo decisivo. A seconda delle epoche. I famosi Quaderni furono compilati da Antonio Gramsci durante la prigionia fascista e diedero basi originali e ancora attuali all’analisi del Pci allora clandestino. A più di ottanta anni dalla loro stesura, i Quaderni dal carcere hanno ceduto il posto alle Tessere dal carcere, odoroso frutto della mutazione genetica imposta da Matteo Renzi al Pd, erede nominale della grande Partito comunista. Non bisogna essere “schifiltosi” ha detto il premier domenica scorsa alla scuola di formazione dem. Ecco allora un’utile dispensa scolastica per orientarsi nella costruzione del Partito della Nazione, opera degli attivi renziani insieme con ex berlusconiani carcerati di varia estrazione.
Gli amici di Cosentino, detenuto a Terni
“Sto carcerato e mamma more”, cantava un tempo Mario Merola buonanima, re della sceneggiata napoletana. Il Pdn, invece, ribalta lo schema e al posto della morte c’è la vita: “Sto carcerato e ’o partito nasce”. Questa strofa rimodulata nell’era del Nazareno ci introduce al primo di tipo di carcerazione valida per l’adesione al programma renziano. Quella preventiva. Nicola Cosentino è infatti detenuto nel penitenziario umbro di Terni. Le ordinanze di custodia cautelare per lui riguardano inchieste e processi in corso. Riassumendo: per i magistrati dell’accusa, Cosentino alias Nick ’o mericano (Nicola l’americano) sarebbe stato il referente politico a livello nazionale della camorra di Casal di Principe, in provincia di Caserta.
Sono i clan raccontati da Roberto Saviano in Gomorra. Cosentino è stato il ras berlusconiano della Campania nonché potente sottosegretario all’Economia. Dopo la caduta, ha mollato Forza Italia e parecchi suoi fedelissimi si sono radunati all’ombra di Denis Verdini, grande amico di Nick ma anche del premier. Ed è dal carcere che il Casalese della politica ha assistito con soddisfazione al successo di Vincenzo De Luca alle regionali campane, grazie al contributo determinante della lista dei verdinian-cosentiniani collocata nel centrosinistra.
Da Cuffaro a Rebibbia per il via libera
Dalla Campania alla Sicilia, cambia il tipo di carcerazione per chiedere la tessera al Pd di Renzi e Carrai, Lotti e Boschi. È il caso della recente invasione cuffariana nei circoli siculi dei dem. Cuffariana deriva da Totò Cuffaro, già governatore di destra e poi condannato a sette anni per favoreggiamento aggravato alla mafia. Cuffato ha scontato meno di cinque anni ed è uscito da poco da Rebibbia, carcere romano. Ma si è sempre tenuto informato, anche grazie alle numerose visite di sottosegretari e politici vari suoi amici (e indagati per questo dalla procura di Roma), e ha dato la sua decisiva benedizione all’adesione di tantissimi virgulti cuffariani, da lui allevati, al Partito della Nazione.
Memorabile, in merito, la frase consegnata dallo stesso “Totò” ad Alessandro De Angelis dell’Huffington Post: “Più che rottamare direi che hanno riciclato. Anzi, il termine riciclo è poco elegante. Hanno restaurato i miei tempi. La politica è sempre la stessa, non è cambiata. È solo diventata più disumana, per il resto non ha cambiato sistema ma nascondiglio”. Da notare l’accurata scelta del termine “nascondiglio” a proposito del Pd. Per un carcerato non è poco.
Speranze e paure di Verdini, un seggio per evitare la cella
Nella costruzione del Partito della Nazione il carcere non è solo un elemento fisico del presente, ma può rappresentare anche la proiezione del futuro, in chiave però di terrore e paura. Siamo alfine giunti al terzo e ultimo tipo di sbarre propedeutiche al Pdn. La galera di domani. Certezze non ce ne sono ma qui il caso è quello di Denis Verdini, imputato in cinque processi e inquisito anche in altre inchieste.
Al Senato, i quasi venti verdiniani sono un pilastro della maggioranza e hanno già annunciato che saranno schierati con Renzi ora e sempre, sia al referendum sulle riforme, sia alle elezioni politiche (facendo votare per lui al ballottaggio). Il motivo? Questo, sintetizzato da Silvio Berlusconi in varie conversazioni tra Arcore e Palazzo Grazioli, a Roma, nella scorsa estate: “Denis va con Renzi perché pensa così di risolvere i suoi guai giudiziari e di non finire in carcere”. Detto dal Condannato, uno che se ne intende, c’è da credergli. L’immunità è il principale problema di Verdini nella prossima legislatura. E il Partito della Nazione, che schifiltoso non è, qualcosa farà.