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 2016  febbraio 09 Martedì calendario

Quelli col segno + e quelli col segno -. I dati dei Paesi europei a confronto

Sapete qual è il Paese che negli ultimi tre anni ha avuto la più alta crescita del prodotto interno lordo non solo nell’eurozona ma tra tutti i 28 Paesi dell’Unione Europea? L’Irlanda: + 5,2% nel 2014; + 6,9% nel 2015; + 4,5% nel 2016, secondo il rapporto previsionale (Forecast winter) pubblicato la scorsa settimana dalla Commissione Ue. Il Paese che invece è andato peggio è l’Italia. Nel 2014 con un -0,4% (eccetto Cipro che ha chiuso a -2,5%). E nel 2015 e nel 2016, nonostante la ripresa (+0,8 e +1,4%), restiamo in fondo alla classifica, riuscendo a far meglio solo rispetto a Grecia e Finlandia. L’Irlanda, sottolinea il rapporto, grazie alla crescita record abbatterà sia il deficit sia il debito pubblico, che negli anni scorsi sembravano fuori controllo. Basti pensare che il debito era passato dal 65% del Pil in media d’anno nel periodo 2007-11 al 120% nel 2013 e scenderà al 94% quest’anno. La crescita irlandese del 4,5% nel 2016 sarà dovuta per 4,1 punti alla domanda interna e per 0,4 alle esportazioni nette. Tanto più che il governo di Dublino (una coalizione tra popolari e laburisti), annota la Commissione, ha varato a ottobre una manovra di spesa aggiuntiva pari allo 0,7% del Pil, principalmente a favore di «salute e protezione sociale». 
L’Irlanda è un caso molto particolare. Un piccolo Paese di 4,6 milioni di abitanti, che ha dovuto sottoporsi al programma di salvataggio di Bruxelles, e che beneficia soprattutto dell’ampio insediamento di multinazionali attratte, oltre che dalla lingua inglese, da un sistema di tassazione superagevolato. Ma, Irlanda a parte, se si confrontano le schede che il Winter Forecast riserva a ciascun membro dell’Unione, non si può non restare colpiti dal fatto che le regole di bilancio sono nei fatti ultra flessibili, nel senso che ciascun Paese le interpreta come vuole. E se la Commissione europea si dovesse giudicare dalla sua capacità di far rispettare i trattati, bisognerebbe concludere che si tratta di una istituzione pressoché inutile. Prendiamo i due vincoli che tolgono il sonno a tutti i ministri dell’Economia italiani: il deficit, cioè la differenza tra entrate e uscite, che non deve superare il 3% del prodotto interno lordo, e il debito pubblico che non dovrebbe oltrepassare il 60% dello stesso Pil. Che cosa ci dicono le tabelle del rapporto Ue? Che non è solo la piccola Irlanda ad aver fatto quello che voleva sul deficit (è stato del 13,1% in media d’anno nel periodo 2007-11) e sul debito, ma anche Paesi come Francia, Spagna e Regno Unito. 
Prendiamo la crescita spagnola di cui si parla tanto: 3,2% l’anno scorso, 2,8% quest’anno. La Spagna si è sottoposta al programma di assistenza finanziaria dell’Esm per salvare le banche. La vulgata comune è che la crescita sia dovuta alle drastiche riforme del governo Rajoy che hanno modernizzato il mercato del lavoro. Certamente hanno avuto un peso. Tanto che l’occupazione è aumentata del 3% nel 2015 e salirà ancora del 2,6% quest’anno (mentre in Italia la variazione è in entrambi gli anni dell’1,1%) ma la Spagna deve anche recuperare un crollo dei posti di lavoro del 4,9% e del 3,5% nel 2012 e 2013 e ha un tasso di disoccupazione ancora al 22,3%. A fronte di tutto ciò colpisce il sistematico sforamento del tetto del deficit: 10,4% nel 2012; 6,9% nel 2013; 5,9% nel 2014; 4,8% l’anno scorso e 3,6% quest’anno. La Spagna cioè spende sempre molto più di quanto incassa e di conseguenza il suo debito pubblico è passato dal 45% del Pil nel periodo precedente alla crisi del 2007 al 101,2% previsto nel 2016. E la forte crescita del Pil negli ultimi anni è stata interamente dovuta alla domanda interna, dice il rapporto. 
Anche Francia e Regno Unito hanno reiteratamente sfondato i tetti. In Francia il deficit è stato in media d’anno pari al 5% del Pil tra il 2007 e il 2011. Del 4,8% nel 2012; del 4,1% nel 2013; del 3,9% nel 2014 e resterà ben sopra il 3% fino al 2017. Nessuna sorpresa, quindi, se il debito è passato dal 64,3% medio del 2002-2006 al 97,1% del Pil atteso nel 2017. Andamento simile nel Regno Unito, con il deficit ben oltre il tetto da un decennio (-7,2% in media nel 2007-11) e che solo nel 2017 è previsto sotto il 3%. E l’Italia? Dal 2012 ha sempre tenuto il deficit entro il 3% e prima lo ha superato di poco: 3,4% in media d’anno nel periodo 2007-11. Ed è tra i Paesi dove il debito è cresciuto meno: del 30% dal 2008 a oggi, contro il 150% di aumento che c’è stato in Spagna, il 112% in Irlanda, il 70% nel Regno Unito, il 40% in Francia, il 45% nella media Ue. Per di più, il peggioramento del debito italiano è dovuto in modo decisivo alla pessima performance del Pil. E comunque è lo stesso rapporto Ue a mostrare che a fronte dell’alto debito pubblico in Italia c’è un basso livello di indebitamento privato, sia delle aziende (pari al 78% del Pil contro il 111% della Spagna e il 126 della Francia) sia delle famiglie (il 43% del Pil contro il 70% della Spagna e il 56% della Francia). 
È vero, c’è la Germania che batte tutti. E dovrebbe essere l’esempio da seguire. Ma anche Berlino, pur rispettando la regola del deficit e avendo un debito di appena il 70% del Pil, sfonda sistematicamente un altro parametro europeo, quello del surplus della bilancia commerciale, che non dovrebbe eccedere il 6% del Pil. E invece da, quando c’è l’euro, i numeri dicono altro: +6,5% in media d’anno nel 2002-6; +6,7% nel 2007-11 e valori ancora superiori negli ultimi 5 anni, fino ad arrivare al + 8,9% del 2016. La Germania esporta troppo, secondo le regole comunitarie, creando uno squilibrio nell’intera Ue. Ma forse sono arrivate anche da qui le risorse che Berlino ha potuto spendere per salvare le banche tedesche, prima che ciò fosse ritenuto dalla commissione europea un aiuto di Stato. Si tratta di ben 240 miliardi di euro fino al 2014. Nessuno ha speso tanto. Al secondo posto c’è il Regno Unito con 162,5 miliardi, poi la Spagna con 52,5; l’Irlanda con 41,8 e così via. All’ultimo posto indovinate chi c’è? L’Italia, con appena un miliardo. 
Insomma, i numeri della stessa Ue dicono che il nostro Paese è stato tra quelli che meno ha fatto politiche in deficit. Ma questo non è servito. Ha penalizzato la crescita (record negativo in Europa) e di conseguenza non ha neppure aiutato a ridurre il debito pubblico.