Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 07 Domenica calendario

Intervista al ministro degli Esteri egiziano che parla della morte di Giulio Regeni e dei rapporti con l’Italia

Ministro, se emerge che i servizi di sicurezza sono coinvolti nella morte di Giulio, i responsabili saranno portati davanti alla giustizia?
«Non parlerò di questo direttamente né farò congetture, ma faremo di tutto per arrivare alla verità. Chiunque sia responsabile per questa tragica morte riceverà la punizione appropriata».
Il ministro degli Esteri Sameh Shoukry ci riceve nel suo ufficio per un colloquio di quasi un’ora che inizia con le «condoglianze personali e ufficiali più profonde alla famiglia e agli amici» di Regeni e con l’assicurazione che l’Egitto «coopererà in pieno con le autorità italiane». Ma il ministro respinge – definendoli «giudizi, accuse e insinuazioni ingiustificati e senza prove» – le convinzioni degli investigatori italiani che qualcuno nei servizi di sicurezza locali abbia interrogato e torturato a morte il ricercatore. «Sta saltando alla conclusione che è stato interrogato – dice al Corriere – ma non è stato provato. Non conosco le statistiche ma sono sicuro che ci sia più di una vittima quotidiana di crimini violenti non solo in Egitto ma anche in Italia…». In un momento in cui «serve il più ampio coordinamento» contro le sfide del terrorismo, inoltre, Shoukry osserva che «se i rapporti vengono scossi dalle più piccole, percepite, mancanze di comprensione, penso che ci troveremo in una situazione molto difficile come comunità internazionale».
La polizia ha parlato di incidente, il procuratore di torture. L’impressione è che si volesse nascondere la verità.
«Per via del luogo dove è stato trovato il corpo, vicino all’autostrada, la polizia di Giza ha pensato a un investimento. Ma c’è stata subito la rettifica del procuratore generale. Forse è stato inappropriato che la polizia abbia detto qualunque cosa, ma erano in buona fede benché non particolarmente esperti di scienze forensi».
La morte di Giulio sta mettendo alla prova i rapporti tra l’Egitto e l’Italia?
«Spero che i media non esagerino. La morte di ogni individuo è di importanza enorme, che sia italiano, egiziano o di qualunque nazionalità, ma i rapporti tra i nostri Paesi hanno un impatto su milioni di italiani ed egiziani. Il caso individuale è importante, ma crediamo che il rapporto con l’Italia sia solido e basato su interessi e rispetto reciproci. Il nostro governo ha dimostrato di voler far luce su questa deplorevole morte con indagini congiunte, abbiamo facilitato una rapida autopsia per restituire la salma alla famiglia. Questo indica una relazione speciale: sono procedure eccezionali, che non avremmo necessariamente svolto se si fosse trattato di un altro Paese».
Gli incontri economici sono stati sospesi. Un errore?
«È una decisione ministeriale e dunque sovrana, ma personalmente non vedo il rapporto tra le responsabilità e gli obiettivi di quella delegazione e le circostanze di natura individuale di un tragico evento. Non so, forse è una decisione emotiva presa in risposta al caso, e posso capire da un punto di vista umano, ma avrei preferito che le cose rimanessero distinte».
Chi sono i «nemici» che il suo portavoce ha accusato di tentare di rovinare i rapporti Italia-Egitto?
«Si riferiva alle congetture pubblicate sui giornali italiani e egiziani, insinuazioni senza fondamento. Chi le fa per infiammare le emozioni di egiziani e italiani non può che avere motivi sinistri».
Ma è vero o no che nei servizi egiziani c’è la tendenza a usare metodi violenti?
«Qualunque metodo usato contro la legge è totalmente condannato dal governo e sarà portato davanti alla giustizia. Se ci sono eccessi individuali a volte? Certo che ci sono, e bisogna migliorare la cultura contro questi eccessi e avere un monitoraggio che assicuri che non avvengano. Ma gli eccessi saranno tollerati a livello ufficiale? No. Se un caso viene portato davanti al procuratore, in presenza di prove, ci sarà un processo e la punizione, perché così dicono la Costituzione e la legge».
Non crede che sia responsabile chi ha diffuso l’idea che gli stranieri siano spie?
«Ci sono indicazioni che alcuni stranieri potrebbero essere stati implicati in ciò che accadeva durante la rivoluzione. Le autorità gestiscono le cose a livello politico, non facciamo accuse. Se c’è un caso di spionaggio viene monitorato dai servizi di sicurezza e se ci sono prove la persona viene riferita alle autorità giudiziarie. Ma non nego che su Facebook e in alcuni media si è diffusa l’impressione che talvolta gli stranieri sono stati implicati in affari interni e si è parlato delle loro interferenze».