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 2016  febbraio 06 Sabato calendario

Sei Nazioni, un bel business nella mischia

Sicuramente molto più blindata del solito, ma sarà una festa. È questa la determinazione dei 50mila che oggi saranno presenti al primo evento in programma allo Stade de France di Saint-Denis, nei pressi di Parigi, dopo gli attacchi terroristici del 13 novembre. Nell’unico impianto che ha ospitato sia la finale dei Mondiali di calcio sia quella della Coppa del mondo di rugby è la palla ovale a rientrare per prima con un appuntamento di grande prestigio: Francia-Italia, partita inaugurale dei Sei Nazioni.
Un torneo dalla storia ultrasecolare (prima edizione nel 1883) e dal fascino unico cui gli Azzurri sono stati ammessi nel 2000, dopo decenni in cui i confronti ad alto livello ci venivano concessi solo dai maestri transalpini. Modello ammirato e invidiato, con cui adesso c’è in comune anche lo sponsor tecnico: per Adidas – che tra materiale e cash sostiene la federazione italiana con 2 milioni di euro all’anno – si tratta di una specie di derby. D’altronde anche il main sponsor italiano (Cariparma, che investe circa un milione e mezzo di euro annui) fa parte di un gruppo bancario francese, Crédit Agricole, e il miglior giocatore italiano, il capitano Sergio Parisse, gioca nel club parigino dello Stade Francais.
A Saint-Denis l’Italrugby ha sempre perso. Questione di consistenze numeriche e culture diverse tra un movimento e l’altro, con i nostri rivali che si possono permettere di progettare un impianto futuristico votato al rugby: si prevede che sorga alla periferia sud della capitale, possa contenere 82mila spettatori, sia pronto nel 2021 e costi 600 milioni di euro. Grandeur allo stato puro partendo dal nome, tutto sommato poco fantasioso, di Grand Stade.
Al di là dei risultati del campo (di solito poco soddisfacenti, con i quarti posti del 2007 e del 2013 come picchi massimi per l’Italia) sul piano finanziario il Sei Nazioni è comunque il motore di un confortante benessere della Fir rispetto alla stragrande maggioranza delle federazioni sportive italiane. Dall’ultimo bilancio pubblicato, quello del 2014, risulta che su un giro d’affari complessivo di circa 44 milioni gli introiti diretti legati al torneo hanno raggiunto quota 16,6 milioni, 13 dei quali derivano dai diritti televisivi. Perché il 75% dei guadagni viene diviso alla pari tra le sei “Unions” anche se ovviamente le emittenti francesi e inglesi pagano cifre ben superiori a quelle sborsate da DMax, che ha l’esclusiva nel nostro Paese. Mentre sole il 15% è ripartito in base al piazzamento finale (e per il restante 10% si segue il criterio del numero di società e tesserati nelle varie nazioni).
Come dice John Feehan, chief executive di Six Nations Rugby Ltd, la suddivisione prevalentemente alla pari è dovuta anche alla necessità che nessuno resti troppo indietro sul piano della competitività, con il rischio che l’evento perda interesse. «Lo sport – sostiene – è un business tanto grande quanto strano. È l’unico settore di affari dove devi aiutare i tuoi avversari a mantenersi forti».
A parte altri contributi, che arrivano dalla federazione internazionale e dal Coni – e a parte l’indotto del Sei Nazioni, in termini di interesse per gli sponsor (uno dei più longevi è Edison) e di benefici per alberghi, ristoranti, bar e servizi della città di Roma – un’altra voce economica di rilievo è quella del ticketing: nel 2014, per i match disputati all’Olimpico contro Inghilterra e Scozia, l’incasso complessivo fu superiore ai 2,8 milioni. E quest’anno, in vista degli incontri contro le stesse avversarie, in programma rispettivamente domenica 14 e sabato 27 febbraio, i biglietti venduti a inizio febbraio sfioravano già quota 100mila. Cifre importanti, anche se non avvicinano il record per il singolo evento sul suolo italiano: il 14 novembre 2009 il “Giuseppe Meazza” di San Siro fece registrare il tutto esaurito per una partita con gli All Blacks neozelandesi che fruttò la bellezza di 2,5 milioni di euro. Peccato che per i classici test match autunnali non si sia più riusciti a mettere piede nello stadio italiano dotato del maggiore appeal oltrefrontiera.
Intanto, però, c’è da pensare a questo nuovo Rbs Six Nations: dove Rbs sta per Royal Bank of Scotland, che per essere lo sponsor unico della manifestazione versa 11 milioni di sterline all’anno. L’Irlanda campione uscente cercherà di confermarsi ma non sembra favorita. È comunque un torneo tra deluse, visto che per la prima volta ai Mondiali nessuna europea è arrivata tra le prime quattro, lasciando il campo libero – nell’ordine – a Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica e Argentina.
Ma su un altro versante la Rugby World Cup 2015 disputata in Inghilterra e Galles è stata indubbiamente un successo: basti dire che dall’estero sono arrivati quasi 500mila appassionati e che i biglietti venduti per i 48 match in programma sono stati in tutto 2,47 milioni, equivalenti a un colpo da oltre 250 milioni di sterline.