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 2016  febbraio 06 Sabato calendario

La Cassazione dice stop alle telefonate mute dai call center

Stop alle telefonate «mute» provenienti da piattaforme automatiche dei call center delle aziende, e stop in ogni caso al telemarketing sui cellulari dei consumatori: sono i due principi di diritto – destinati a innovare profondamente il mercato della vendita di prodotti o contratti o abbonamenti tramite telefonate – che la I sezione civile della Cassazione mette a fuoco nella sentenza con la quale non si limita a respingere il ricorso di Enel Energia spa e Reitek spa contro un provvedimento del Garante della Privacy del 2013, ma va appunto oltre e amplia la franchigia di privacy telefonica riconosciuta agli utenti.
A tutti, infatti, capita spesso di ricevere a casa telefonate mute, che perciò mettono spesso in allarme. In realtà, in molti casi, non sono malintenzionati che tastano le presenze domestiche, ma è il trucco tecnologico con il quale le aziende ottimizzano il tempo-lavoro degli operatori dei propri call center. Per cercare di eliminare le chiamate non produttive (padrone di casa assente o già occupato alla cornetta), le aziende sfruttano piattaforme automatiche che effettuano un numero di telefonate superiore al numero degli operatori nei call center, in modo che essi trovino da lavorare in continuazione: la controindicazione è però che si crea statisticamente una quota di telefonate che raggiungono i consumatori in un momento nel quale non ci sono operatori liberi nei call center (telefonata muta). Le norme lo consentono, a condizione però – stabilì il Garante della privacy – che una persona raggiunta da una telefonata muta non ne ricevesse altre prima di 30 giorni.
È uno di questi casi – tra Enel Energia, Reitek (fornitore del software) e Garante – che arriva al vaglio dei giudici di Cassazione (presidente Aniello Nappi, estensore della sentenza Francesco Terrusi). I quali indicano che il trattamento dei dati personali, ovvero nome e numero, con sistemi automatici di chiamata è consentito da due articoli del Codice della privacy ma solo con il consenso dell’interessato. È vero, come obietta Enel, che esiste la deroga dell’«opt-0ut», cioè il consenso non è richiesto in chi, iscritto negli elenchi telefonici degli abbonati, non abbia esercitato il diritto di opposizione iscrivendo il proprio numero nell’apposito registro pubblico. Ma questa deroga, argomenta la Cassazione alla luce della direttiva comunitaria 2002/58, vale per le chiamate fatte dagli operatori, non per le chiamate automatizzate inviate da un software. «Anzi, a scopo di definitiva chiarificazione» – è l’altro punto cruciale della sentenza – anche nel marketing diretto, fatto da operatori fisici, «il trattamento del dato personale tratto da elenchi» telefonici «resta legittimo solo in quanto» questi elenchi (cartacei o elettronici) «siano pubblici, come non è invece per il caso della telefonia mobile»: il che significa che i call center non possono fare telemarketing sui cellulari.