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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Sempre meno tedeschi chiamano la propria figlia Angela

Dimmi come ti chiami e ti dirò quando sei nato. I nomi una volta venivano passati da nonno a nipote, perché la legge proibisce di chiamare i figli come i padri. Nel Sud, la tradizione ha costretto migliaia di bimbi innocenti a trascinarsi per la vita nomi impossibili. O si provocava confusione, cui si cercava di rimediare con i nomignoli.
Troppi Giuseppe in famiglia? Allora si parlava di Peppino, nipote di Peppuzzo, cugino di Beppe, e così via. Unica cosa in comune tra le dinastie di contadini e pescatori e quelle di sangue azzurro, dove tutti si chiamano Leopold, o Albert, o Vittorio e Vittoria. Ma i re possono aggiungere al nome i numeri per distinguersi.
Quando nacqui, contro la tradizione, a Palermo mi chiamarono Roberto, ero l’unico nella mia scuola elementare, e i compagni avevano difficoltà a pronunciare il mio nome. Robert Taylor sedusse le madri sicule e i Roberto si moltiplicarono.
Ora mi sorprendo a leggere i nomi di quanti, o meglio quante, vengono coinvolti nei fatti di cronaca. Le vittime o le assassine non si chiamano più Maria o Concetta, ma Sue Ellen o Harry. Totti campione della Roma è sposato con Ilary, e ha battezzato sua figlia Chanel. Ilary è incinta di una bambina che chiameranno Tiffany o Céline. Sui gusti e sui nomi non si discute.
I tedeschi, che sono precisi, ogni anno fanno la conta e registrano i nomi di moda o in disgrazia. Il compito è svolto dal babyclub.de Vornamen-Charts, che ha appena registrato il crollo in popolarità di Angela, già non molto in auge: dalla 499sima posizione è crollata alla 939sima. Al primo posto, per le bambine, troviamo Emma, seguita da Mia, Sophie, Emilia, Marie. Per i maschietti: Tom, Leon, Ben, Elias, Luca. Come vedete anche mamme e papa teutonici hanno il vizio dell’esotico: Emma non è tipicamente tedesco, e ignoro il perché della sua fortuna, come quello di Emilia. Tom, balzato in un anno dalla dodicesima posizione alla prima, deve le sue fortune a Tom Cruise? Non credo, l’attore fedele di Scientology, non ha molte fans. Leon e Ben, sono rispettivamente più francesi e inglesi, e Luca ovviamente italiano. Charlie, sempre poco teutonico, si trova in 242sima posizione. Horst, un nome veramente tedesco si piazza solo al 539simo posto, nel 2014 andava peggio, e arrivava solo alla 875simo. Un successo forse dovuto a Horst Seehofer, il falco dei cristianosociali bavaresi, che critica aspramente la Cancelliera. Ovvio che Adolf sia scomparso, ma Karl sopravvive nonostante Marx.
Mi sono sempre chiesto perché ai tempi del «muro», nella Ddr rossa molti bambini si chiamassero con nomi italiani: Marco, invece di Mark, Carlo invece di Karl, e Guido, pronunciato alla meno peggio, quasi sempre Ghido. I tedeschi hanno un’idiosincrasia per la «G» seguita da una «i» o da una «e», come avviene per il mio cognome. Sono tentati di pronunciarla dura, però sanno che è sbagliato, e si impappinano. Quando prenoto un tavolo al ristorante o chiamo un taxi, preferisco dare il cognome di mia moglie (Mancini), e mi evito lo spelling. Conoscono l’allenatore dell’Inter o Harry Mancini il musicista. Anche nei programmi d’opera, che dovrebbero essere redatti da esperti, a volte il povero Verdi diventa «Giuseppe». Suppongo che la passione per i nomi italiani fosse dovuta al desiderio di compiere un viaggio proibito, al tempo del «muro», a Venezia o a Firenze.
«Anche gli eventi drammatici influenzano la moda», commenta il responsabile del babyclub.de, Bernd Eberle, «Charlie era al posto 538 ed è passato al 242, dopo la strage a Charlie Hebdo, e l’ondata di «Je suis Charlie». Questi trend sono logicamente di breve durata». Ma per sempre a Rostock o Magdeburg, a Tubinga o a Bonn, tutti sapranno che il loro amico Charlie è nato poco dopo il gennaio 2015. Purtroppo da noi non si tengono queste statistiche: quanti Silvio sono nati nel ventennio berlusconiano, e quanti Matteo vedono la luce nell’era renziana? Amintore e Alcide non devono aver avuto molta fortuna. I padri avranno preferito essere pietosi, nonostante la passione politica.