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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Il papà della Boschi è già stato indagato dieci volte

Dieci fascicoli. Dal 2000 al 2015. Tutti legati a reati fiscali. E, tranne l’ultimo – ancora in corso – finiti con l’archiviazione. Arrivata solo dopo il pagamento delle relative sanzioni dell’Agenzia delle Entrate. È questo il curriculum di Pier Luigi Boschi presso la Procura di Arezzo. Il papà del ministro è stato indagato o coindagato per turbativa d’asta, estorsione, dichiarazione infedele, omesso versamento dei contributi.
Di quattro dei dieci fascicoli titolare era il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi. Gli altri sei sono stati assegnati ad altri magistrati. L’ultimo, avviato nel dicembre 2014 e ancora in corso, è stato aperto dal pm Ersilia Spena poi andata in pensione.
Per quest’ultimo, che ipotizza a carico di Boschi l’omissione dei versamenti dei contributi per alcuni dipendenti di un’azienda agricola, è stata richiesta l’archiviazione ma il giudice per le indagini preliminari non si è ancora pronunciato. Questo, in sintesi, il materiale trasmesso ieri dalla Procura generale di Firenze alla Prima commissione del Csm che ne aveva fatto richiesta per valutare l’esistenza o meno di incompatibilità tra il ruolo di procuratore capo di Rossi e l’incarico di consulenza che lo ha visto impegnato con il governo sino allo scorso dicembre. Un incarico avviato con l’esecutivo guidato da Enrico Letta nel 2013 e poi rinnovato due volte, nel 2014 e nel 2015, quando a Palazzo Chigi era arrivato Matteo Renzi e, con lui, Maria Elena Boschi. L’eventuale incompatibilità sarà valutata anche in base alla gestione e all’archiviazione di quei vecchi fascicoli.
La Prima commissione inizialmente aveva proposto al plenum l’archiviazione del caso Rossi, ma quando due settimane fa è emersa l’esistenza di un’indagine da lui condotta sull’ex vicepresidente di Banca Etruria, poi archiviata e terminata con l’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate per evasione fiscale e una multa dall’erario, i consiglieri hanno riapertola procedura e ne riparleranno l’11 febbraio. Il magistrato, infatti, nell’audizione del 28 dicembre non aveva fatto menzione di conoscere e di aver avuto rapporti con Boschi a eccezione di quelli relativi alla sua posizione in Banca Etruria.
Posizione, va detto, a carico della quale ancora non è stata avviata alcuna indagine. L’ex numero due della popolare, infatti, non è tra gli indagati dei tre fascicoli aperti sulle recenti vicende dell’istituto. La Procura attende la pronuncia del tribunale fallimentare che lunedì valuterà se accogliere o meno la richiesta di dichiarazione di insolvenza per la banca, avanzata dal commissario liquidatore Giuseppe Santoni.
Lunedì è stato convocato per essere sentito, oltre a Santoni e agli amministratori di Etruria e Nuova Etruria, anche Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia.
Se, come prevedibile, il tribunale dichiarerà lo stato di insolvenza, per il papà di Maria Elena Boschi e gli altri ex amministratori potrebbe prospettarsi l’iscrizione nel registro degli indagati per bancarotta fraudolenta e altri reati a cascata, tra cui la truffa ai correntisti a cui sono state vendute obbligazioni subordinate poi azzerate con il decreto governativo che ha anticipato di un mese il cosiddetto bail-in.
A questo, per Boschi e l’ultimo Cda, si aggiunge un nuovo rischio d’indagine da parte della Procura di Milano, competente per i reati finanziari legati a società quotate a Piazza Affari: 200 azionisti hanno firmato un esposto ipotizzando i reati di insider trading, aggiotaggio e associazione a delinquere a carico dell’ultimo consiglio di amministrazione. L’esposto, molto tecnico, ricostruisce nei dettagli le movimentazioni sul titolo Etruria a ridosso di specifici periodi, in particolare nelle settimane precedenti al decreto del governo che ha trasformato le popolari in Spa nel gennaio 2015. Secondo quanto ricostruito nel testo si sono registrate movimentazioni particolari e tutte da verificare, sulle quali fra l’altro è già impegnata la verifica della Consob.
Il periodo complessivo preso in considerazione è tra metà 2014 a fine 2015. E in questi 18 mesi il titolo ha avuto un andamento decisamente inspiegabile. Altalenante. E registrando, inoltre, segnali che contraddistinguono possibili speculazioni. Uno su tutti: innesti di ordini per quantitativi superiori alle 200 mila azioni in apertura e poi passaggi di mano forti durante la giornata. Innesti finalizzati a mantenere il valore alto in maniera artificiale. E altri tecnicismi che ora passeranno al vaglio delle Procure di Roma, Arezzo e Milano per poi approdare a quest’ultima, come detto, se gli inquirenti dovessero ravvisare gli estremi di reato ipotizzati.
La posizione di Boschi potrebbe dunque aggravarsi. E, nel caso in cui venisse dimostrato che si sono verificati passaggi di informazioni riservate (insider trading) riguardo alla banca, è evidente che, per quanto riguarda il decreto licenziato dal governo nel gennaio 2015, anche la figlia ministra potrebbe essere chiamata a rispondere a qualche domanda sul suo conflitto di interessi. Ai magistrati.