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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

I giornali italiani sono in fase di rivoluzione. Segnali di fusione Elkann-De Benedetti

Questione di un anno al massimo e si capirà cosa c’è di vero nelle voci sui grandi piani di riassetto della carta stampata, ai quali i mondi renziani guardano con crescente interesse. Gli azionisti della Rcs Corriere della Sera hanno autorizzato il cda a lanciare entro il 30 giugno del prossimo anno un aumento di capitale fino a 200 milioni di euro, se sarà necessario al nuovo piano strategico (le perdite sono elevate, 126 milioni di euro nei primi nove mesi del 2015). Ma nessuno ha voglia di bruciare altri milioni.
Il primo azionista del Corriere, cioè John Elkann, meno di tutti: in via Solferino non conta più, ha dovuto subire il licenziamento del suo ad, Pietro Scott Jovane, non è riuscito a imporsi nella scelta del successore di Ferruccio de Bortoli alla direzione (ha prevalso il candidato di compromesso Luciano Fontana). E di una Rcs che non ha più neanche i libri, ceduti alla Mondadori, non sa bene che farsene. Per questo da giorni si moltiplicano i retroscena – l’ultimo ieri sul Foglio – su un divorzio tra Elkann e Corriere della Sera, premessa per un’alleanza con Carlo De Benedetti, presidente del Gruppo Espresso.
L’indizio più macroscopico sembra il passaggio di Mario Calabresi, il direttore preferito di Elkann da La Stampa a Repubblica, seguito da una transumanza di giornalisti che si stanno scambiando le scrivanie tra Torino e Roma. Sta nascendo un mega-polo dell’informazione sotto l’egida di un direttore molto apprezzato dal premier come Calabresi, del più renziano dei finanzieri, Elkann, e di uno dei pochi vecchi saggi di cui Renzi ascolta i consigli, De Benedetti?
Sicuramente le condizioni sono più propizie di quando, circa tre anni fa, i due gruppi avevano iniziato a discuterne, ma poi il progetto si è arenato su questioni di governance (tradotto: chi comanda). La versione semplificata che circola è questa: superati gli ottant’anni, Carlo De Benedetti cerca un erede per il suo impero editoriale, il figlio Rodolfo non ama quanto lui i giornali e quindi li affida a John Elkann. Problema: dal 2013 De Benedetti ha trasferito le quote societarie della Cir, la holding di comando dell’impero, ai figli Rodolfo, Marco ed Edoardo.
Ha tenuto la presidenza del Gruppo Espresso, il ramo editoriale, ma tecnicamente non è più il padrone. Anche la nomina di Calabresi, scelto dall’Ingegnere, è dovuta passare dal Cda dell’Espresso dove siedono sia Rodolfo che Monica Mondardini, il capo azienda di tutta la galassia De Benedetti. Ogni alleanza con Elkann deve quindi essere condivisa dagli altri due, Mondardini e Rodolfo.
Le condizioni per una aggregazione, però, ci sono eccome. Negli anni della crisi 2009-2014 il Gruppo Espresso ha avuto un risultato netto positivo di 34 milioni di euro. La somma di Rcs, Mondadori, Sole 24 Ore, Poligrafici, Caltagirone e Class invece è stata in rosso di 1,5 miliardi (ogni azienda con risultati diversi, ovviamente). Sono questi numeri che danno al Gruppo Espresso la sicurezza che, qualunque sarà il risiko nell’editoria, l’azienda dei De Benedetti sarà predatore e non preda. La Stampa, sia pure fusa con il Secolo XIX, può ambire al massimo al ruolo di alleato.
Dal lato di Rcs le cose sono più complicate, manca un partner più solido che puntelli il Corriere (il giornale è sano, ma c’è la zavorra di debiti delle operazioni sbagliate in Spagna). Già due anni fa, quando i soci sono stati chiamati a un aumento di capitale, il “fronte d’opposizione” di Diego Della Valle e Urbano Cairo ha preferito lasciare il comando alla Fiat invece che svenarsi per contenderlo a colpi di azioni. Il nuovo ad Laura Cioli non ha molte opzioni: tagli per 60 milioni di euro e cessioni per 110. In questi giorni si sta delineando una operazione drastica: la cessione della Gazzetta dello Sport al gruppo cinese Wanda, il colosso dei media che ha da poco acquisito Infront. Il braccio italiano di Infront, guidato da Marco Bogarelli, è il vero padrone del calcio e non solo: in teoria semplice consulente della Lega Calcio per la cessione dei diritti televisivi, in pratica ha il controllo assoluto dei ricavi dei club e si sta allargando anche nella regia diretta delle partite, primo passo per il dominio assoluto del settore.
Comprare il primo giornale sportivo ha senso per Wanda, cioè per Infront. Sarà soddisfatto Silvio Berlusconi: in questi anni Infront, pur professando imparzialità, ha spesso tutelato Mediaset nella spartizione dei diritti tv, a danno soprattutto di Sky (e dei club che, quando i diritti sono venduti in esclusiva invece che spartiti, incassano di più). Sull’alleanza tra Infront e Mediaset sta indagando la Procura di Milano. E il Corriere che fine farà? Troppo grosso per essere acquisito, troppo indebitato per farcela da solo. Se da Rcs si stacca la Gazzetta dello Sport, una delle ipotesi che circola è quella di una fusione con il Sole 24 Ore diretto da Roberto Napoletano. Proprio in queste settimane il gruppo editoriale controllato dalla Confindustria attraversa una profonda ristrutturazione (che ha evitato la chiusura dell’agenzia Radiocor). L’idea sarebbe di Gianfelice Rocca, nome forte della Confindustria post-Squinzi, sia che si candidi direttamente o meno alla successione. Con questo schema resterebbero due grandi poli della stampa nazionale, con quello più renziano sull’asse Roma-Torino, e il gruppo Caltagirone come potenza nei quotidiani locali.