Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Playboy mette un trans in copertina. È la prima volta

Che non ci sia più religione si era capito. Che non ci sia più neanche l’erotismo di una volta è però quasi più allarmante. La copertina di Playboy, per esempio, è stato un caposaldo dell’(auto)educazione amorosa per generazioni e generazioni di uomini in tutto il mondo. Quando, però, la coniglietta del mese si chiama Giuseppe, significa che qualcosa sta andando decisamente storto. Giuseppe ha in realtà due gambe da urlo e cammina su tacchi vertiginosi, perché nel frattempo è diventato Vittoria.
Ebbene sì, Playboy Italia sbatte in prima pagina la trans Vittoria Schisano, la prima Playmate al mondo ad aver effettuato il cambio di sesso. Nata (o meglio: nato) 33 anni fa a Pomigliano D’arco, provincia di Napoli, Giuseppe nel ’98 si è trasferito a Roma per entrare in accademia e studiare recitazione. Partecipa a diverse fiction su Rai e Mediaset, fino a che, nel 2011, dichiara pubblicamente di aver intrapreso il percorso per cambiare sesso. Nell’aprile 2014 diventa definitivamente donna in una clinica di Barcellona. La cosa, comunque, non danneggia la carriera. Anzi, le richieste si moltiplicano. Sarebbe in preparazione anche un libro sulla sua esperienza. Intanto, però, rompe un tabù e porta la transessualità sulla copertina del numero di febbraio di Playboy, caso unico al mondo.
«Posare su Playboy, il maschile che da sempre celebra la bellezza femminile e sul quale hanno posato tutte le donne più belle del pianeta, per me è un grandissimo onore, da sempre il mio sogno. Trovarsi in copertina oggi, dopo essere riuscita a realizzare il sogno di diventare anche fisicamente una donna, assume per me una valenza doppia. Non è un bisturi a renderti donna, ma sei donna innanzitutto nella tua anima. La vita non è questione di centimetri». Segue la classica cronaca della lenta presa di coscienza: «Avevo cinque anni, volevo essere come mia sorella più grande e sognavo di fare l’attrice. Ma come spesso capita, nessuno spiega nulla quando si è piccoli. Ho cercato di esorcizzare i pensieri facendo essere Giuseppe sempre e sempre più uomo, tramite la barba per esempio. Fino a quando, cinque anni fa, la svolta. Oggi ho 32 anni e a 27 ho avuto il coraggio di dire a me stessa la verità e sono rinata. Ho cominciato il mio percorso... L’alternativa era morire annegata o imparare a nuotare. Non con le pinne, ma con il tacco 12. E devo dire che si nuota molto bene. Giuseppe oggi lo vivo come un fratello».
La cosa rispetta in pieno lo spirito del tempo: nonostante riguardi appena un maschio su 10-30mila e una femmina su 30-100mila (a seconda delle differenti stime), la transessualità è decisamente sovrarappresentata nella società dello spettacolo. Pensiamo a format televisivi sbarcati anche in Italia, come I am Jazz, su Real Time, che riguarda la storia di un 14enne nato maschio e a cui è stato diagnosticato un precoce disordine dell’identità sessuale. O a Becoming Us, che è un po’ la stessa solfa, ma con il padre che vuole diventare donna. E ancora, con sempre nuove combinazioni, troviamo anche New Girls On The Block. Aggiungiamo al quadro il successo (già passato?) di Conchita Wurst o webserie come Transparent, basata sulle vicende di una famiglia di Los Angeles dopo la scoperta che il padre è un transessuale.
E tutto sommato, rispetto a tutti questi prodotti sottoculturali, lo sdoganamento della “terza via” in una rivista dedicata alla trasgressione può anche avere un maggior senso. Del resto bisogna prendere atto di una realtà conclamata: l’articolo ha i suoi appassionati, benché nessuno confessi di essere tale. Si può ragionare sul perché questo accada, si può deplorare o meno, ma così stanno le cose. E chi non ci crede si faccia un giro notturno in qualche viale cittadino. Nessuno scandalo, quindi (chi è a caccia di scandali forse non dovrebbe occuparsi di Playbloy, del resto). Quel che si poteva evitare era il solito pistolotto sociologico e genderista, il calvario tempestato di comparsate tivù, la solita manfrina sul fatto che donna è chi donna si sente dentro. Almeno su Playboy si poteva restare sul gioco, sull’ambiguo, sull’ironia, sulla provocazione, un po’ come fa Vladimir Luxuria appena la gente inizia a dimenticarsi di lei, e allora ritira fuori per la milionesima volta la storia sui politici di destra «porcelloni» a letto. Per carità, il cammino di Giuseppe-Vittoria sarà stato sofferto. Ma fatela una risata ogni tanto.