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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

A Baghdad stanno costruendo un muro in stile medievale contro l’Isis

La costruzione di un enorme muro tutto attorno a Bagdad, nel vano tentativo di proteggerla dalle minacce dell’Isis, non ha precedenti nella storia moderna e fa tornare la capitale irachena nel più buio e lontano Medio Evo asiatico. È il monumento ciclopico al fallimento totale delle strategia di contrasto al terrorismo sia della Coalizione americana che di quella tra Iraq, Iran e Russia. Questa Grande Muraglia araba infatti sancisce il risultato nullo totale, della operazione di recupero del consenso dei sunniti e delle tribù dell’Anbar al governo iracheno, premessa proclamata urbi et orbi in Occidente per condurre la guerra all’Isis che proprio in questo consenso ha la sua forza maggiore.
Il nuovo muro, non a caso, inizia proprio dal separare Bagdad dalla vicine Falluja, la capitale morale da sempre dell’insorgenza sunnita, che dista solo 30 chilometri. Interrompe in modo grottesco ogni legame territoriale tra la capitale dell’Iraq e il suo territorio, anche per impedire un fenomeno sconcertante e poco noto. Da un anno infatti molti abitanti di Bagdad si recano in carovana nelle località controllate dall’Isis per comprare a prezzi più bassi i beni di prima necessita, dal pane alla benzina. Esattamente come un tempo gli abitanti della Lombardia si recavano a Chiasso e Lugano. Ed è indicativo il fatto che i prezzi più bassi garantiti dai tagliagole dell’Isis derivano da un dato essenziale: la corruzione, che impera a Bagdad, è contrastata con forza dall’Isis, con conseguente, automatico, calmieramento dei prezzi.
Viene dunque oggi sancita col cemento armato la totale incapacità, o meglio, mancanza assoluta di volontà politica, del nuovo governo di Haydar al Abadi, di ristabilire con la comunità sunnita, che in Iraq è minoritaria e che vive nella regione nell’immediato nord di Bagdad, quella inclusione nel governo del Paese e nelle sue strutture economiche, così come nell’apparato dello Stato, che è sempre stata indicata – anche dal governo italiano – come condizione preliminare assolutamente indispensabile alle operazioni militari contro il califfato nero. Testimonianza evidente che il settarismo della maggioranza sciita, volutamente eccitato dagli alleati iraniani e dai loro Pasdaran, che costituiscono il nerbo delle forze militari anti Isis in Iraq, non solo non è diminuito, ma si è a tal punto rafforzato dall’aver scelto di trincerarsi dentro un immensa muraglia, per meglio combattere e contenere la “contaminazione” sunnita.
Risibile è la motivazione ufficiale di questa operazione data da Abdul Ameer al Shammari, responsabile delle operazioni di comando dell’esercito iracheno: «La barriera attorno a Bagdad impedirà ai terroristi di infiltrarsi nella capitale con esplosivi o con materiale di contrabbando e autobombe». Ma è noto ed evidente che i jihadisti dell’Isis non hanno bisogno di “infiltrarsi”, perché sono già solidamente e capillarmente radicati nei grandi quartieri sunniti di Bagdad, come dimostrano i due disastrosi attentati che hanno messo a segno l’11 gennaio scorso nella città, colpendo il centro commerciale Jawaher e un obiettivo periferico. Da notare che nei due attentati, i kamikaze indossavano divise regolari dell’esercito iracheno, a dimostrazione della loro capacità di penetrazione e azione.
Non c’è precedente storico a questa Grande Muraglia araba, perché ovunque un “muro”, è stato ed è posto ai confini dello Stato. Così fu per la “Linea Maginot”, così fu a Berlino, per separare le due Germanie, così è in Israele per impedire ai terroristi palestinesi di filtrare dalla Cisgiordania, così è al confine tra Iraq e Siria e Arabia Saudita per il “muro” di centinaia di chilometri che sta costruendo Ryad, così per i muri che Ungheria e Slovenia stanno imbastendo per bloccare il flusso dei profughi. D’ora in poi chi arriverà dal cielo a Bagdad, avrà la percezione netta, visiva, della cesura di ogni legame territoriale della città con il suo territorio della Repubblica dell’Iraq abitato da sunniti. Premessa inconsapevole alla divisione dell’Iraq in micro-Stati.