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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

«Se non c’è intento libidinoso tastare il sedere a una collega non è reato». Così il giudice Bruno Fasciana prova a spiegarsi

Alle sei e mezza del pomeriggio Bruno Fasciana ha la faccia di chi è sotto assedio dalla mattina, non ha pranzato, ha presieduto quattro udienze e giudicato altrettanti casi di stalking, mobbing, mancato pagamento degli assegni di mantenimento a minori e tutto quanto in un’aula di tribunale produce in termini di fatiche e di miserie umane. Tutto mentre la sua casella di Facebook si riempiva di minacce e sfottò per la sentenza con cui ha assolto un direttore dell’Agenzia delle entrate che, tra un accertamento fiscale e l’altro, ha trovato il tempo di mettere la mano sul sedere di un’impiegata e di sfiorare il bottone di una scollatura e le parti intime dell’altra.
«Immaturità», «scherzo pesante», ha giudicato lui – seconda sezione penale – sollevando l’uomo dall’accusa di violenza sessuale. Abbastanza per farsi travolgere (insieme con l’estensore della motivazione, la giudice Annalisa Tesoriere) dai peggiori insulti si possano rivolgere, in questi tempi duri di donne uccise con l’indifferenza di un soffio su un fiammifero.
«Parlo soltanto perché ho l’obbligo morale di difendere i miei giudici – dice lui – di solito mi esprimo soltanto con le sentenze». Ma questa volta spiega perché, a suo giudizio, sia tutta una forzatura, un fraintendimento. «Il comportamento dell’imputato è stato senz’altro volgare, deprecabile e molto offensivo nei confronti delle due donne, e questo ci tengo a dirlo. Ma perché ci sia violenza sessuale è necessario dimostrare che quel gesto deprecabile abbia un contenuto libidinoso, cioè sia fatto al fine di soddisfare la libido, la pulsione sessuale. E, per il tipo di contatto che c’è stato con le due impiegate, abbiamo ritenuto che ci fosse un dubbio sul fatto che si trattasse di un gesto libidinoso. Se resta un dubbio, il giudice ha il dovere giuridico e morale di assolvere. Lo dice la legge». Legge che, da quando è stato abolito il reato di atti di libidine violenta, confluito nella violenza sessuale, annaspa un po’ nel bollare alla stregua di uno stupratore un «semplice maiale», come spiegano in tanti nei corridoi. Un problema vero, sentito, avvertito come un vulnus normativo, anche se politicamente molto difficile da sollevare. La molestia sessuale in diritto non esiste. C’è la molestia, e c’è la violenza sessuale.
«In questo caso – sostiene il giudice – si è trattato di una pacca sul sedere, un buffetto velocissimo, senza alcun palpeggiamento, la mano non si è soffermata sul corpo dell’impiegata. Nel momento in cui la mano non si sofferma, non si può considerare un atto sessuale. È un gesto deprecabile fatto magari per affermare la propria posizione e il proprio potere». Prima di esporsi a nuove ironie sul cronometraggio della pacca (quanto deve durare una mano sul sedere per diventare reato?), tiene a dire che sono state proprio le due donne a definire il gesto come «scherzo pesante», «scherzo di una persona immatura», a qualificare il fatto come «un fastidio non avente connotazione sessuale». «La sentenza ha valorizzato le dichiarazioni delle persone offese», ha ripetuto Fasciana tutto il giorno a chi si è affacciato alla sua porta a chiedere con il sorriso notizie sul «casino mondiale» che si è scatenato. Donne che non hanno sporto denuncia o querela verso quel capo molesto «e non perché ne avessero paura, al momento del processo era già in pensione», donne che sono state ascoltate in un processo per mobbing partito dalla denuncia di una terza dipendente. «Una buona sentenza – sospira – Sono tranquillo, tranquillissimo».