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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Due governi ma un’unica Banca centrale per stipendi, rendite e petrolio: benvenuti nella nuova Libia

La Libia è ancora divisa in due governi, sostenuti da decine di milizie. Se sei un miliziano, in Libia, percepisci uno stipendio come un funzionario pubblico. È la Banca centrale ad emettere i pagamenti.
Benché il Paese sia spaccato, tutte le milizie, quelle di Misurata come quelle nemiche di Zintan, gli uomini armati che controllano Tripoli come i soldati del generale Khalifa Haftar sostenuto dalle istituzioni dell’Est, quelle di Tobruk riconosciute dalla comunità internazionale, sono pagati dalla stessa Banca centrale, il cui funzionamento, finora, è sopravvissuto a un processo di profonda frammentazione.
In Libia, infatti, «le istituzioni che gestiscono la produzione, l’export, e la vendita di petrolio e gas e la ricchezza che generano corrono seri rischi ma rappresentano le fondamenta di quello che resta dello Stato, e la chiave del suo controllo», ha scritto in dicembre Claudia Gazzini in un rapporto per l’International Crisis Group. Il conflitto tra due governi e una miriade di milizie armate è «in parte sulle rendite degli idrocarburi».
Nel 2010, la Libia produceva 1,65 milioni di barili di gas contro i 400mila di oggi, con il prezzo del greggio crollato. La maggior parte delle rendite arriva dalla produzione di gas offshore, da installazioni che non soffrono l’instabilità sul territorio.
Entro domani, il Consiglio presidenziale, nato da un accordo firmato a dicembre, deve presentare al diviso Parlamento di Tobruk, per la seconda volta, una lista di ministri in vista di un esecutivo di unità nazionale. La Libia resta per ora divisa tra due governi che si contendono il controllo di tre istituzioni finanziarie ed energetiche che hanno permesso finora al Paese di sopravvivere: la Banca centrale, la National Oil Company (Noc) e la Libyan Investment Authority. Hanno sede a Tripoli, dove c’è un governo non riconosciuto. Tobruk vorrebbe controllarle, ma geografia, instabilità e rivalità non lo permettono. Il governatore della Banca centrale è Sadiq al-Kebir ed è dall’ufficio di Tripoli che partono quei pagamenti a tutte le milizie. Tobruk ha aperto una sede nell’Est e nominato un suo governatore, Ali Salim al-Hibri, che però non ha accesso ai conti. La maggior parte dei Paesi occidentali, Italia compresa, continua ad avere come interlocutore Al-Kebir. La Banca centrale, nonostante una crisi delle sue riserve, non ha smesso di emettere sussidi alla popolazione: «È pericoloso, crea una distorsione del mercato – ci spiega Jason Pack, ricercatore all’università di Cambridge –. Eppure, c’è un tacito accordo con le milizie» che mantiene una situazione insostenibile. Secondo l’International Crisis Group, le riserve della Banca centrale sarebbero scese attorno ai 60-70 miliardi di dollari.
Il caso della Noc, la compagnia petrolifera nazionale, è ancora più complicato. La sede di Tripoli è quella con cui le società energetiche internazionali hanno stipulato contratti e con cui continuano a interfacciarsi. Il governo di Tobruk però, considerandosi istituzione legittima, tenta da mesi di dirottare le commesse a Est, senza successo. «Se un Paese cedesse, aprirebbe un precedente pericoloso – dice Pack –. Se la Noc dell’Est funzionasse verrebbero a mancare gli incentivi per creare un governo di unità nazionale».
La Noc di Tripoli non lavora comunque a pieno regime: la sempre maggiore insicurezza sul territorio, gli attacchi degli estremisti dello Stato islamico contro le installazioni, il controllo di alcuni centri energetici dell’Est da parte della «Guardie petrolifere» di Ibrahim Jadhran, rendono impossibile a Tripoli molte operazioni.
Ancora più divisa è la terza istituzione finanziaria nazionale, la Libyan Investment Authority, un fondo sovrano che gestisce asset in Libia e all’estero. Con uffici a Tripoli, Malta, e Londra, ha diversi presidenti legati ai diversi governi sul campo, e soprattutto processi aperti, uno in Gran Bretagna, per capire chi è il capo.