Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Assad va all’assalto di Aleppo aiutato dai jet russi

È la «madre di tutte le battaglie» nella guerra civile siriana. Con un’offensiva aerea e terrestre senza precedenti l’esercito di Bashar al-Assad e le forze d’élite degli Hezbollah libanesi, appoggiati da decine di cacciabombardieri russi, hanno chiuso una tenaglia attorno ad Aleppo, la più popolosa città della Siria, da 4 anni contesa fra le forze ribelli e quelle del regime. Ma a pagarne le spese sono anche i civili, con i villaggi sottoposti a 300 raid in meno di due giorni. E la massiccia offensiva militare ha fatto saltare i colloqui di pace a Ginevra, con l’opposizione che minaccia di lasciare subito «se non sarà fermato il massacro» mentre l’inviato speciale dell’Onu Staffan de Mistura annuncia una «sospensione» fino al 25 febbraio.
Le forze in campo
La battaglia si svolge a Nord di Aleppo. A fronteggiare i governativi ci sono formazioni islamiche moderate ma soprattutto islamiste: da Liwa al-Muhajereen al-Ansar, ad Ahrar al-Sham (vicina ai sauditi), ai turcomanni appoggiati dalla Turchia, ad Al Nusra, la branca siriana di Al Qaeda, che sostiene il grosso della battaglia. Gli Hezbollah hanno attaccato dai villaggi di Nubbol e Al-Zahraah, a Est della superstrada che collega la città al confine turco. L’esercito si è mosso da Est verso Ovest. Nei video postati dai filogovernativi si vede che ha schierato anche i nuovi tank T-90 appena forniti dai russi, a disposizione della Quarta brigata meccanizzata, l’unità d’élite di Damasco.
Nelle fasi preparatorie, lunedì e martedì, i governativi hanno liberato due importanti sacche circondate da anni dalle forze ribelli. Dentro erano intrappolati 35 mila civili ma anche consistenti forze dell’esercito e di Hezbollah, circa 5000 uomini. Queste forze si sono così unite alla battaglia e hanno fatto pendere la bilancia dal lato dei governativi: circa 20 mila contro 10-15 mila.
La chiusura della tenaglia
Ieri pomeriggio gli Hezbollah da Nubbol e Al-Zahraa e l’esercito da Hardatnin si sono incontrati a Muarrasat al-Khan. Per Elijah J. Magnier, analista dell’Alrai Media Group, si tratta di «uno sviluppo importantissimo». Anche se non è ancora finita e i governativi devono consolidare le posizioni prima di poter «dichiarare la partita vinta». Al Nusra aveva inviato la settimana scorsa una colonna di rinforzi e lo stesso ha fatto Ahrar al-Sham. Ci sarà probabilmente una controffensiva ribelle, ma lo scopo delle forze del regime è adesso «allargare e consolidare» la striscia che collega i due denti della tenaglia, con la messa in sicurezza dei villaggi di Duwayr al-Zeytun e Bashkuy, e intrappolare e distruggere le forze ribelli in città.
Le distruzioni dei raid
L’avanzata rapida e le scarse perdite si spiegano con i massicci raid russi. Da Ginevra il portavoce del principale fronte dell’opposizione, l’Nhc, Salem al-Meslet, ha accusato la comunità internazionale di essere «cieca» di fronte al «massacro». Anche se fonti filo-governative affermano che i villaggi «erano oramai disabitati e occupati solo dai combattenti di Al Nusra», i media dell’opposizione hanno raccolto testimonianze drammatiche. «Oggi hanno bombardato un edificio sanitario – ha raccontato a Orient News un giovane di Anadan -: una vera carneficina, almeno 10 morti. Anche nella zona di Asie sono morte cinque persone, una famiglia intera. Ogni 5 minuti ci sono raid e bombe a grappolo».
Obiettivo confine turco
Per gli insorti il momento è difficile. Il timore non è solo di rimanere accerchiati ad Aleppo. In un audio pubblicato dalla tv libanese Al-Manar si sente un comandante del Jaysh al-Islam chiamare all’appello tutte le forze ribelli per evitare che i governativi «chiudano il confine con la Turchia», in quanto «sarebbe gravissimo, anche per la provincia di Idlib». In più ieri, al confine, ci sono stati scambi di colpi fra Isis e forze turche. E i ribelli temono una stretta da parte della stessa Turchia, che ridurrebbe i rifornimenti anche a loro.