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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

La stima della crescita italiana per il 2016 è passata dall’1,5% all’1,4%. Uno «zerovirgola» che crea grossi problemi

Nel mondo dello «zerovirgola» l’Italia fa un passetto indietro. Stamane la Commissione Ue presenta le sue previsioni economiche d’inverno e, stando a più fonti, regalerà al governo Renzi dei numeri in arretramento rispetto a quanto immaginato lo scorso autunno. Dovrebbe saltar fuori una crescita 2016 all’1,4%, un buon dato rispetto allo 0,8 dell’anno passato e al profondo rosso dei precedenti, eppure in marginale retromarcia sull’1,5% promesso in ottobre. Variazione minima, eppure segnale che qualcosa non va per il verso giusto. Stato d’animo che si ripete nella tabella dei conti pubblici, dove il deficit previsto sale dal 2,3 al 2,5% del Pil. Scostamento prevedibile, ma potenzialmente molto costoso.
L’Europa è in ripresa, sebbene sia esposta ancora a molti rischi finanziari e geopolitici. «Ci aspettiamo che le cose possano andare meglio di quanto immaginato», ammette una fonte Ue, rapida a confermare che si valuta di rialzare le previsioni di crescita dell’Eurozona oltre l’1,8% che ora è sul tavolo. Il Fmi lo ha già fatto, portando la scommessa per l’anno in corso dall’1,6% all’1,7. Mentre ha tenuto ferma la stima per l’Italia (1,3). Si tratta di scostamenti minimi, elaborati da modelli che faticano sempre a proiettare un’immagine del futuro simile a ciò che la realtà consente di verificare.
L’Italia cresce, questo è sicuro. Come non faceva da anni e, al solito, meno della media dell’Ue. Restano le premesse per poter migliorare anche se, per Bruxelles, qualcosa è cambiato rispetto all’estate e la Commissione è meno ottimista. Potrebbe esserci una brutta sorpresa sul fronte occupazionale, anche alla luce del fatto che – in dicembre – il tasso dei senza lavoro è tornato a salire da noi, in controtendenza con l’Europa dove è calato dallo 10,5 al 10,4%. Oltretutto, il dato del Pil 2015 viene portato allo 0,8%, dallo 0,9 autunnale. Frenata anche qui.
Il problema dello «zerovirgola» sulla crescita è che amplifica lo «zerovirgola» sul fronte del bilancio, ed è il dato su cui si valuterà la promozione o meno della Legge di Stabilità 2016, sinora congelata. L’obiettivo italiano per il 2016 era il 2,2% di disavanzo sul Pil. Il governo lo ha portato a 2,4%, sperando di sfruttare tutte le clausole di flessibilità previste delle regole europee che valgono sino a un punto di Pil. Ora siamo votati al 2,5 (2,6 nel 2015). È un rischio, soprattutto se non dovessimo ottenere tutto il bonus che abbiamo richiesto. Potrebbero mancare 2-3 miliardi, almeno. E si rischia una procedura di deficit eccessivo, per non dire del debito oltre il 130% del Pil.
Meno crescita vuol dire frazione più penalizzante per il deficit calcolato in funzione del Pil. Il che complica il quadro per il 2017, quando l’Italia dovrebbe scendere col disavanzo all’1,1%, che permetterebbe di evitare il doppio aumento dell’Iva accettato come clausola di salvaguardia, una vera iattura con i consumi interni già così bassi. È una bolletta da 20-25 miliardi che Padoan cerca di rinegoziare con la Commissione in un clima non certo favorevole. Molte capitali sono stufe degli sconti all’Italia. La quale protesta, per ricordare le parole del commissario Moscovici, pur essendo quella che ha usufruito di più della flessibilità. Cosa che i numeri confermano.