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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Le storie dei licenziati di Sanremo, una per una

Colonne screpolate, calcinacci sulla tettoia liberty all’ingresso. Un senso di inutile, vecchio lusso. Decadenza. Palazzo Bellevue, ancora mezzo secolo fa era uno degli alberghi più suggestivi della Riviera, è l’esemplare sede del Comune di Sanremo. Quello dei “furbetti”. Dei 480 impiegati comunali, nel mirino sono finiti in 198: 19 già licenziati, 24 sospesi dal servizio, 75 destinatari di avvisi di garanzia, 80 raggiunti da contestazioni ufficiali. Nonostante le prove vergognose, nessuno di loro ha “cantato”. Confessato, ammesso. E sì che il Festival comincia tra una settimana.
UNA POVERA VITTIMA
Quella del vigile urbano in mutande che timbra il cartellino ormai è un’icona internazionale. Faccia piena e simpatica che ricorda quella di Sordi. Anche lui si chiama Alberto. Alberto Muraglia, 54 anni. «Dettagli. Leggerezze». La moglie Adriana è andata all’Arena di Giletti per spiegare che lavorava troppo. Il cartellino glielo timbrava anche lei, che ora, sostiene, sta andando in depressione. La figlia è presa di mira dai compagni del liceo. Pure lei sostituiva papà. Albertone è indagato anche per aver fatto troppe multe fuori dall’orario di lavoro: a rimuovere le auto pensava il figlio maschio, dipendente di una ditta del Comune. «Sono una vittima». Licenziato.
IL CAMPIONE INCOMPRESO
Argento ai campionati italiani nel 4 con, bronzo nel doppio senza. Obiettivo l’oro, categoria Master. Alessandro Vellani, 55 anni, istruttore del servizio Arredo Urbano. La sua passione è il canottaggio. «Mi ha dato delle soddisfazioni vere. Altro che il lavoro». Infatti. Tutti i giorni dalle 13 alle 15 lasciava l’ufficio e si metteva a remare che neanche i fratelli Abbagnale. Nel corso dell’inchiesta i finanzieri hanno accertato 81 uscite ingiustificate, lui sostiene che si è dimenticato una sola volta di avvertire i colleghi. «Ma poi recuperavo il tempo perso nel resto della giornata». Licenziato.
PILATO E BARABBA
«Pilato domandò alla folla: chi volete libero? Risposero: Barabba, il ladrone. E dopo duemila anni, il popolo continua a scegliere i ladroni». La bacheca facebook di Marco Checchi, 56 anni, operaio del servizio Protezione civile, era un trionfo di post contro «i politici della sinistra al potere, che rubano lo stipendio». Si è allontanato senza timbrare il cartellino per 145 volte. Aveva la “abitudine” di passare al bar i primi 45 minuti della giornata – media cronometrata –, dopo aver timbrato all’ingresso senza neppure essere passato dall’ufficio: cappuccino, brioche, un messaggio contro la Casta. Lo ricordano urlare tra il pubblico, nei consigli comunali: chiedeva «pulizia». E «dignità, accidenti». Licenziato.
UN EROE SANREMESE
Nella centralissima piazza degli Eroi Sanremesi c’erano delle bancarelle che adesso hanno trasferito poco lontano. Uno dei chioschi vendeva piante e fiori. Enzo Moretto, 60 anni, istruttore amministrativo del Servizio Elettorale, dicono fosse un fuoriclasse nelle composizioni: «Facciamo qualche gerbera, margherite e tre belle rose?». Adorabile. Meglio anche della moglie, la titolare, una bella signora bionda e gentile: le dava regolarmente il cambio all’ora di pranzo. Un altro eroe sanremese, a modo suo. Per 56 giorni ha lasciato l’ufficio senza timbrare. Licenziato.
IMPIEGATE MOLTO GLAMOUR
«Questa è una città glamour. E noi dobbiamo presentarci al pubblico così: eleganti». Le due impiegate dell’ufficio Anagrafe giuravano di vestire firmato, ma le telecamere le avrebbero sorprese al mercato e persino ad acquistare capi contraffatti. Daniela Spizzi, 52 anni, istruttore amministrativo, record: in 103 occasioni se ne è andata in giro a fare compere, infischiandosene. Licenziata. Nei guai anche la collega e amica Antonietta Patrizia B., 63, che per 58 volte si è fatta timbrare il cartellino da una sottoposta. Le vedevano sempre uscire insieme. Molto glamour.
“COM’È BUONO, LEI”
«Chiamatemi Fantozzi». Elena Q., collaboratore amministrativo servizio Anagrafe. Per 147 volte ha timbrato il cartellino di altri dipendenti comunali. «Avrei voluto vedere voi a dire di no, in un ambiente del genere». Così, si giustifica. In cambio, in ufficio le avrebbero reso la vita meno amara. Bontà loro. Secondo gli investigatori, Elena Q. «era verosimilmente più rassegnata al malcostume che beneficiaria dello stesso».
IL BOIA E L’IMPICCATO
Fare il boia e l’impiccato. A Palazzo Bellevue usano questa espressione. Concetta Orlando, segretario generale, responsabile dei provvedimenti disciplinari. Giovane, origine calabrese. Lo sguardo di chi non ha paura. Ma che fatica. La commissione comunale ha già licenziato 19 dipendenti, l’ultimo ieri: Giuseppe Terracciano, 46 anni, responsabile Manutenzione Fabbricati. Non è finita. Forse ancora dieci a casa nei prossimi giorni. Altri 80 dipendenti sono sotto tiro. «Posizioni lievissime». Altro non dice, non può. Sta ascoltando tutti, paziente. Molti piangono disperati, perché hanno famiglie da mantenere e se perdono il lavoro che fine faranno? Ma queste sono le carte che le hanno servito.
CERCANSI LAVORATORI. SERI
«Mi chiamo Antonio, vivo in Sicilia con mia madre e la sua pensione. Laureato, mi va bene custode, giardiniere, autista, facchino. Posso spostarmi subito. Non sono come quelli: voglio lavorare. Serio. Allego curriculum». Dal giorno in cui è stata data notizia dei primi licenziamenti, al Comune di Sanremo arrivano in continuazione mail, lettere da ogni parte d’Italia. Storie che non riceveranno risposta. Ci sono prima da sistemare gli esuberi della Provincia di Imperia. Alberto Biancheri, sindaco di Sanremo, dice che quest’anno vorrebbe ripristinare i premi di produzione. Non sta provocando. Anzi. «Qui c’è soprattutto gente che ha sempre lavorato. Dobbiamo ripensare a come incentivare i dipendenti, renderli parte di una macchina che è anche la loro. E questo deve partire dalla politica. Dal buon esempio». Getta un’occhiata al monitor che riprende i corridoi davanti al suo ufficio. Un tempo i messi comunali, alcuni in pantaloncini ed infradito, sedevano sulle poltrone in velluto rosso davanti allo scalone di marmo. Ora c’è un impiegato con delle pratiche sotto braccio. Cammina a passo svelto, ha l’espressione preoccupata.