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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

In Russia s’è diffuso un mercato nero del formaggio. Colpa delle sanzioni

Non sarà proprio la “Spectre del formaggio” come azzarda qualche esagerato sul web, ma sembra certo che una capillare organizzazione malavitosa russa si aggiri per l’Europa alla ricerca di un bene improvvisamente diventato raro e prezioso. Capita così che, in tempi di guerra di Siria e di grandi tensioni internazionali, molte pagine dei giornali siano dedicate al problema del contrabbando dei latticini. L’ultima è di lunedì quando la presidente dei produttori olandesi, Irene Van Der Voort, ha denunciato una serie di furti «commessi da professionisti» nei depositi di piccole aziende casearie dei Paesi Bassi: 9 tonnellate di formaggio in meno di un anno, «quasi certamente destinate al mercato russo». La polizia olandese non ha ancora le prove per confermare i sospetti della signora, ma i media russi ci credono. Il mercato nero dei formaggi europei, scrivono, è ormai un dato di fatto.
Succede dall’estate del 2014, da quando Putin reagì alle sanzioni economiche occidentali vietando l’importazione dai “paesi ostili” di una serie di prodotti alimentari. Fu una batosta per molti produttori europei, italiani in testa, ma anche per i russi che avevano ormai dimenticato i duri tempi sovietici in cui la scelta dei prodotti era assai limitata. Ma se frutta e verdura locale, o in arrivo dai paesi africani e asiatici, riesce a sopperire alle richieste del mercato, i formaggi nazionali non sono proprio alla altezza delle esigenze dei nuovi russi. Sono gommosi e insapori, ad eccezione di alcuni prodotti caucasici (il Suluguni e l’Adyghejskij) comunque a produzione limitata.
Il giro dei grossisti agganciato dal nuovo racket è sempre più esteso. Improvvisamente sui banchi di qualche negozio, meglio se periferico, compare qualche raffinatezza come il Blu Stilton inglese o il Parmigiano. Il passaparola corre veloce e i frigoriferi si svuotano prima che la polizia faccia in tempo a controllare. E questo nonostante Putin in persona abbia preteso una struttura investigativa spietata. L’estate scorsa fece sensazione il sequestro alla frontiera di 500 tonnellate di formaggio “proibito” per circa 30 milioni di dollari. Fu distrutto esemplarmente con le ruspe in diretta tv. Ma la caccia continua mentre si cercano disperatamente delle alternative. Molte aziende, come la Galbani, tentano di esportare i macchinari per preparare in loco formaggi che non sarebbero così vietati. Un artigiano campano sogna la “mozzarellizzazione della Siberia”, investendo su nuovi caseifici in Estremo Oriente. Altri producono improbabili e spaventosi surrogati russi dell’Asiago, del Parmigiano, del Camembert e del Cheddar. Intanto, più realisticamente, il governo ha allentato le “controsanzioni alla Svizzera” permettendo l’arrivo in Russia almeno dell’Emmenthal e autorizzato l’importazione dall’Iran di formaggi di cui si dice un gran bene. Nella speranza che la vicenda delle sanzioni possa in qualche modo rientrare allentando la morsa della crisi economica e riportando a tavola un po’ di prelibatezze.